Atelier online è stato riaperto nell’Agosto del 2014: il primo articolo fu un inedito mandato via fax appositamente da Evgenij Evtušenko.
Da allora è stato dato uguale spazio ad autori totalmente emergenti, autori già noti nel panorama editoriale, autori stranieri che abbiamo fatto tradurre noi per la prima volta (un esempio su tutti: Claudia Rankine nel 2015; uscirà in volume nel 2017 per 66th and 2nd) e una moltitudine di grandi maestri e tra questi ultimi vale la pena citarne qualcuno: dall’Australia Les Murray con degli inediti assoluti arrivati per lettera; Amiri Baraka che in Atelier pubblicò uno degli ultimi testi scritti in vita; Carol Ann Duffy e Billy Collins o il poeta nazionale del Belgio Charles Ducal che scelse proprio Atelier per vedere le poesie prodotte durante il proprio mandato in traduzione italiana; Cees Noteboom e Janet Frame (e sarà grazie alla prima pubblicazione in Atelier se nel 2017 uscirà la prima antologia mai tradotta in Italiano per Gabriele Capelli Editore) o il poeta georgiano icona Dato Magradze (a sua firma l’inno nazionale); la poeta Imtiaz Dharker, insignita dalla Regina Elisabetta della Queen Gold Metal for Poetry. Atelier è anche la prima testata al mondo ad avere pubblicato online -e per intero- il testo cardine della poesia di John Ashbery The New Realism.
Dal “lontano” 2014 ad oggi, sono 1433 i poeti pubblicati (717 italiani e 716 stranieri)
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Adriana Gloria Marigo (Padova, 1951) vive a Luino (VA). Attualmente è curatrice della collana di poesia Alabaster di Caosfera Edizioni; autrice di recensioni e prefazioni a testi di poesia, articoli in alcune riviste online (Imperfetta Ellisse, L’Estro Verso, Samgha, Limina Mundi), ha pubblicato le sillogi Un biancore lontano, LietoColle, 2009; L’essenziale curvatura del cielo, La Vita Felice, 2012; Senza il mio nome, Campanotto Editore, 2015 (finalista al Premio Camaiore 2016, Menzione al Premio Montano 2016); Minimalia, Campanotto Editore, 2017; le plaquette Impermanenza, Pulcinoelefante, 2015; Santa Caterina d’Arazzo, GaEle Edizioni, 2017; 15 Poesie da Senza il mio nome e una inedita, Caosfera Edizioni, 2017.
Edoardo Zuccato ha pubblicato le raccolte di poesia in dialetto altomilanese Tropicu da Vissévar (Crocetti, Milano 1996), La vita in tram (Marcos y Marcos, Milano 2001), I bosch di Celti (Sartorio, Pavia 2008) e Ulona (Il Ponte del Sale, Rovigo 2010). Ha tradotto le Egloghe di Virgilio (I Bücòligh, Medusa, Milano 2007) e, con Claudio Recalcati, Biss, lüsèrt e alter galantomm. Ballate di François Villon (Effigie, Milano 2005). Nel 2012 è uscito il quaderno di traduzioni Il dragomanno errante (ATì editore, Milano). Insegna letteratura inglese all'Università IULM di Milano. Nel numero 54 (2009) «Atelier» gli ha dedicato un'ampia monografia critica.
Alfredo Panetta è nato nel 1962 a Locri (RC). Nel 1981 si trasferisce a Milano dove tuttora vive e lavora. Da 12 anni scrive nella sua lingua madre, il dialetto calabrese del basso reggino ionico. Ha pubblicato: Petri 'i limiti (Pietre di confine; Bergamo, Moretti&Vitali, 2005 – premio Albino Pierro; premio Lanciano-Mario Sansone; premio Rhegium Julii) e Na folia nt'è falacchi (Un nido nel fango; Pianteda, Edizioni CFR, 2011 – premio Fortini e premio Pascoli). Una sua silloge è inoltre contenuta nell'antologia di nove poeti neo-dialettali Guardando per terra (Faloppio, Edizioni Lietocolle, 2011).
Gli ottant’anni di Davide Argnani
Intervista a cura di Valerio Ragazzini
Forse arrivo tardi: quando Davide Argnani mi ha scritto per la prima volta si è aperta davanti a me un’intera stagione letteraria ormai lontana, eppure non ancora remota. Arrivo tardi a quella stazione, senza più alcun treno e senza nessun passeggero. Io posso soltanto intuire, inebriarmi dell’odore delle locomotive in frenata. Argnani ha per me quell’odore, l’aria quieta di un silenzioso tramonto dopo un’immane tempesta.
La prima volta che ci parlammo mi raccontò di aver conosciuto personaggi come Aldo Spallicci e Tonino Guerra, e capii subito che ero già in torto: ero io che dovevo cercare lui, e non il contrario. Argnani è il testimone vivente di una stagione che forse non tornerà, ma che ha animato la mia terra, la Romagna. Molti dei suoi protagonisti non ci sono più, ed è proprio allora che ci ritroviamo soltanto con una manciata di libri, è allora che ci sembra d’aver sprecato un’occasione. Abbiamo temporeggiato, ma se solo avessimo rotto ogni indugio, ogni remora, ogni timidezza, forse avremmo bevuto da fonti così limpide da superare ogni immaginazione. Questo mi sembra Argnani: un poeta che compie ottant’anni, che porta in cuor suo il dolore di tutte le guerre in tempi che sembrano di pace; un poeta che veste gli abiti di una stagione che finisce, ma i cui occhi hanno il colore d’un azzurro brillante, due occhi che sembrano sempre sul punto di commuoversi. Argnani non si tira mai indietro, con l’umiltà e la disponibilità di quei monaci eremiti che paiono antichi, ma i cui gesti rivelano un’eterna giovinezza.