COAGVLA III – Claudia Maria Franchina, “Erebo” (Nulla Die Edizioni, 2022)

A cura di Carlo Ragliani

Non il banale trasporto sentimentale, non la più mielosa prosodia moderna, non infine il diarismo lagnoso del quotidiano; ma il simbolo ed il suo segreto, assieme alla più autentica pulsione ferina e tellurica, guidano il verso di Franchina.

Infatti, senza prestarsi ad indulgenze edulcorate o patinate di benpensantismo, prevalentemente brevilinea sul versante metrico, e dall’indagine verticale, la poesia di Erebo sembra assumere la connotazione di una voce oracolare che parla la koinè di una realtà oscurata, o propensa al nascondimento in piena vista.

Le ragioni di questo si realizzano in un sapore fortemente sentenzioso della versificazione che si manifesta lungo le istanze poetiche nell’opera, e la cura quasi cultuale del poiein che affiora dal mitologico; da notare è che entrambe queste istanze rispondono ad una vocazione paradossale della realtà compositiva, per lo meno nella misura in cui sia il paradosso stesso il luogo ove la poesia si forma.

Per questo, se in primo il dettato protendente ad un uso gnomico e palmare del lessema, successivamente l’opera risulta certamente segnata da una profonda individualità, che risulta a tal punto abissale da saper smarginare i confini perimetrici dell’io testuale per aderire all’intera umanità in sede di esegesi.

Di più: la dovizia e lo zelo critici rivolti verso la parola poetica tradiscono una pulsione tellurica che non lascia fiato al lettore, tanto è il graves con cui Franchina solca il foglio con fare definitorio ed esclusivo.

Il tanto ci permette di asserire che il verso della Nostra orla l’arcano in pura scuola ermetica; con la conseguenza che il poetare dell’autrice sia solcata da una profonda solitudine, la cui percezione appartiene solo alla regola dell’inferno.

La tendenza rigorosamente metrica della nostra incontra come massima dimensione l’endecasillabo, tant’è che invero poche sono le prove di versi ipermetri: questo ci permette di collocare senza dubbio il libro ben al di fuori del serraglio del libero-versismo casuale, con l’esito di poter affermare con margine di errore minimo che siano fugate anche le tentazioni velleitarie di una coscienza in posa per un dolorismo d’occasione ed a bella posta.

Concludendo, il coacervo di queste suggestioni determinano (non solo per il rispetto della struttura canonica, beninteso) che la lingua sintetica di Erebo consegni, restituendolo, il canto alla ferita che lo informa: l’ipersimbolismo dell’opera custodisce gelosamente il segreto del poieo; assieme al credo rivolto alle forze ctonie, materiche, carnali e bramose, che erompono come un fuso la crosta terrestre del bianco della pagina, e la macchiano di una pece indelebile.

 

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Colare come cera

per possedere quel ludibrio stracco

e disfare ogni illusione

col velluto che odora del mio vanto.

Il bieco sentimento sfilacciato

ora implora, a me si inchina

sulla curva sempre tesa – dell’astio.

 

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Quel che veglia stride, lo sa la notte

cava – ed un nervo si aggroviglia al sangue

stillato da una serpe insieme al latte.

 

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Il corpo ha promesso per la vita –

gentilmente cedere a un’altra vita

– e mentre tutto il mare versa il nero

una certezza nel fulgido azzurro.

Io affido te, alabastro e segreto,

al miracolo che il mio cantare ama.

 

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Una perla a ornamento della carne,

gioia dolente e mutato strame.

 

*

 

Fu il gioco della luna

una luna di stenti, senza afflato

incisa con gli spilli – fuochi fatui –

un giorno di febbraio –

le screziature fertili su un prato

narravano lo iato della fine.

 

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Oltre la bruma, sotto la pece,

in memoria del bestiale canto:

il brivido bianco che ripudia

l’ascesa dell’ombra sulla terra.  

 

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Claudia Maria Franchina nasce a Vercelli nel 1990, è laureata in Filosofia e in Filologia Moderna, Classica e Comparata. Nel settembre del 2021 Eretica Edizioni ha pubblicato la prima silloge poetica intitolata Cenere Organza, a dicembre dello stesso anno è uscito per Macchione Editore il racconto breve L’attesa; a settembre del 2022 è stata pubblicata per i tipi Nulla Die la seconda raccolta di poesie, Erebo.