Alessandro Vitali – Inediti

Alessandro Vitali è un insegnante e vive e lavora a Macerata. Precedentemente, ha studiato e lavorato tra Macerata, Siena e Firenze. Alcune sue poesie state inserite in diverse antologie tra cui Il Federiciano 2017, Premio Letterario Penna d’Autore 21° Edizione (menzione d’onore), Premio Wilde 10° Edizione (finalista), Premio Mario Luzi 2018, IV Premio il Tiburtino (finalista), Premio Habere Artem XX edizione (finalista). Nel 2021, ha pubblicato otto poesie nella rivista Eunoia Review.

*

L’insonnia dei vivi

Ci addormentiamo tardi, quasi rivelati.

Non importa che la notte sia
una chimera addolcita da Lorazepam
o che il corpo pesi una moneta
sui tuoi occhi.

L’hai fatto tardi.
L’hai fatto come se avessi allagato
l’appartamento.

Come se l’acqua fosse il sonno
& il tuo respiro un pesce lanterna.

Come prendere due mani dal fondo
& tirare su la rete.

Il mio pescato: le ossa del giorno.

*

Swing per un paesaggio di strada

Che i marciapiedi
portino o no scodelle di pioggia, il sottofondo
è uno swing bruciante.

Le fiaccolate d’amici
rimandate ai bar insozzati di fegato e Camel, dove dicevi
tutto ciò che c’è da dire nel luccichio baluginante dei denti.

Taratattatata. Tara. Ta. Ta.

T’infili
il giaccone del silenzio per poi svanire, ma tu tendi allo zero
spumando fino alla punta dei capelli.

Tattarata. Ta. Tatta. Tattaratatta.

Una zingara con la sottana in fiamme accorre
come un’ora nuova; muove un bambino come un cuore
pulsante di radici
fra le braccia. Aiuto, signore! balugina
con i denti scoppiati in pianto,

e il bambino intatto come neve
non ha espressione per significare
la morte dentro.

Luce nel riparo del portico
come un dio in miniatura tra i mattoni.
Coperte nel suo carrello. Altre ossa tra le coperte.
Ta. Tara. Tatta. Ta.
Lo swing bacia la sua fronte
che è la mia bocca.

Sollevo due bocche tremanti in questa pioggia.
Non abbiamo che noi gli esce dagli occhi,
via sull’auto morbida della lacrima, per gli asfalti rosei delle guance.
Gli tasto le labbra
come un prodigio. Un messia – penso –

potrebbe derivare da questa soglia: pozza di strada
dove l’annegare è un traboccare di carne in pioggia.
Un ultimo nascondiglio:
le sue braccia nel maltempo
come bombe di cielo sereno. Le radici del bambino
come uno specchio entro cui la pioggia
è un brusio di sandali spezzati.

Tara. Ta. Tatta. Tattatarata.

E spalanchi. Spalanchi il maltempo.
Il suo corpo rivoltato dentro la fiamma della sottana,
il bambino fermo
come l’acqua che lo attraversa. Le radici che si sfilacciano
come capelli naturali sul suo petto.
E poi le buste di plastica. Il carrello della spesa.
La sottana. Tarattata. Tara. Tata.
E la fiamma della sottana
che stritola i denti dell’acqua.

Lo swing
ha appiccato il fiato rosso di questa sottoveste
che guizza come una punteggiatura sul costato della pioggia.

Tarattata. Ta. Taratarataratattata.

Il portone e il riparo tra le fiamme di lei. Una fototessera di parenti antichi
consunta tra le labbra. Il piccolo Dio, ora frantumato
nella costellazione dei denti. Il giocattolo stipato nel sogno-di-radici
del bambino. E lo swing.
Lo swing che ti bacia la fronte,
mentre vai con Dio entro la zip d’una goccia di pioggia.

*

Punto di fuga

Esiste una luce
per cui niente è risolto/un baccano che ha la forma muta della preghiera/cercatemi come le scosse/frapponendo un dito tra piccole domande accese/siamo delle cose viste da troppo lontano/per questo non sappiamo percepirci interamente/c’è sempre una parte di noi che balugina sul pungiglione di un’ape bianca che non vedi ma che senti ronzare dappertutto/il minuto che precede il sonno aperto è lo spazio più piccolo in cui respiri/un dito a fare da perno ai tuoi capelli mentre il bianco crepita in un anno/fuori/una nocciolina spremuta con tutto il nettare dei vigneti/qui/masticatemi come il nulla/con tutti i denti/la carne è vinta a ogni scrollo/il teschio sudicio di nervi è il posacenere che svuoto ogni notte/date da mangiare alle mie sigarette/il fuoco solo non può bastare/ho scavato nella mia fame per un’ora migliore/e ho tolto lo sguardo dalle ampiezze/e allora che possa questa carne di trent’anni/essere/come questa vista nel chiuso e nell’imbottito/che per quanto aspergi il tuo segreto/il tuo corpo deve rimanere in ombra e far adattare il sangue tra altro sangue/dicono che è nel rosso che i nostri corpi si fondono/ma è nell’oscurità che siamo tutti figli di dio/così ho spento le luci/sono entrato da qualche parte mentre ero altrove/un diesis della luce nel fegato/non ho sentito dolore.