NOTA CRITICA “L’impronta degli asterischi” di Claudio Pagelli. Mi è gradita l’occasione di esprimere alcune note critiche in merito all’ultima...
ALEX RAGAZZINI
LA SISMA E AL SPE? (Il Vicolo, Cesena 2019)
Lettura di Clery Celeste
LA SISMA E AL SPE? (Il Vicolo, Cesena 2019)
Lettura di Clery Celeste
Alex Ragazzini in questa delicatissima rosa di quartine in dialetto romagnolo “L’ansietà e le spine” tradotto in italiano, pubblica Il vicolo (Cesena, 2019), affronta con capacità tecnica il sottile limite tra piacere e dolore.
La rosa è infatti il simbolo per eccellenza che manifesta bellezza e rischio; la rosa è bella da toccarne i petali, da annusarne il profumo ma ti ferisce se ti avventi incauto, si protegge con una linea verticale di spine. Questo di Ragazzini pare il percorso in versi di una formica che risale lo stelo: come spina dopo spina le poesie si snodano in una fatica che ha un sapore dolce-amaro, di tensione fisica fino al morbido dei petali. “Che cosa è che così ci danna/ Uguale al male infine?/ La fitta che ci pare lontana/ Il lieve toccarci delle spine.” Nelle poesie di Alex Ragazzini il poeta è un uomo piccolo, minuscolo, che si mette al servizio della bellezza. Pare che il poeta qui abbia una lingua tutta sua, ritirata al necessario, fatta di nodi semantici centrali, di pianeti attorno cui ruotare incessantemente. Pare una stessa poesia riscritta, rivoltata infinite volte. Ma cosa è la voce del poeta se non un cercare quel suono che rende riconoscibile la richiesta? Ragazzini con queste quartine risponde concentrandosi sui temi come “ansia, dolore, guadagno, giovinezza e vecchiaia, amore e perdita”, ci dice lui stesso dalla nota finale al libro.
Antonella Vairano “Il mondo s’è fatto male”
(CSA editrice, 2019)
(CSA editrice, 2019)
Lettura di Clery Celeste
La scrittura di Antonella Vairano è un tamburo che batte costante. Non si ferma, non cede neanche per un attimo a mancare il ritmo. Il mondo s’è fatto male è un libro in cui potete leggere le poesie una di seguito all’altra, i versi spesso raggruppati per sezioni di due paiono dare una parvenza di leggerezza alla pagina, sembra arieggiata, lo spazio vuoto tenta di farvi respirare. In realtà a un certo punto sarete costretti a fermarvi, a fare marcia indietro, a ritornare sui testi. La Vairano è calibrata: vi trascina in un mondo che si è fatto male gradino per gradino, sentite la pesantezza della scala solo a un certo punto e vi chiedete come ci siete arrivati. Eppure non vi sembrava di esser scesi tanto.
Questa di Antonella Vairano è una poesia rivolta a un voi, c’è sempre un destinatario espresso nel testo, quasi per una necessità alla vocazione intesa come chiamata, come chiamata necessaria e ultima. La disperazione c’è ma è nel tono dei testi, come se attraverso la parola poetica ci fosse la necessità di una ultima chiamata al bene, di un ultimo grido possibile. “Guardate/ o non guardate/ che nasco figli/ di un cielo bianco./ Ora andate./ Voltatevi/ o non voltatevi/ a vedermi sparire/ con il coltello nell'osso temporale.”
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LA MEMORIA DI JACOPO La giostra ah, quella giostra anticanella ressa di scooterdi ragazze vocianti, luminosedentro jeans strettie falsotrasandati,dei fuoristrada...
Andrea Breda Minello “Yellow” (Oèdipus edizioni, 2018)
Lettura di Clery Celeste
E cercarti in ogni onirico
dove
come il biancore della gola
e mietere seme per l’umana gloria.
Lettura di Clery Celeste
Incontro Andrea Breda Minello dopo esserci scritti per lunghi mesi, mesi in cui abbiamo parlato di poesia e di vita, dell’amore che abbiamo per la parola, che ci stringe in un confine tutti i giorni. Della parola poetica che per ognuno ha un ruolo diverso, affonda in ferite differenti, porta alla luce un bene antico. Quando incontro Andrea sento di nuovo scorrere il suono delle sue parole, quelle di Yellow, quelle con cui l’ho conosciuto.
Yellow (pubblica Oedipus edizioni, 2018) è un libro d’amore. Breda Minello è capace di scomporre in poesia l’amore, di frazionarlo in infinite forme e colori con uno sguardo di consapevolezza cruda ma allo stesso tempo di speranza antica. Una poesia la sua che è richiamo al bene, a una forma di atavica fiducia.
E cercarti in ogni onirico
dove
come il biancore della gola
e mietere seme per l’umana gloria.
Laura Corraducci è nata a Pesaro nel 1974 dove risiede, è insegnante di inglese. Nel 2007 pubblica il suo primo libro di poesie con Edizioni Del Leone dal titolo Lux Renova. Suoi inediti sono apparsi su Punto Almanacco della poesia italiana 2014, edizione Puntoacapo, Gradiva con nota critica di Giancarlo Pontiggia, Almanacco dei poeti e della poesia contemporanea 2, Raffaelli editore. Dal 2012 organizza, con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura della sua città, la rassegna poetica “vaghe stelle dell’orsa” dedicata alla poesia contemporanea italiana e straniera che ha visto come ospiti fra i poeti più importanti del panorama letterario italiano e straniero. Nel 2015 per Raffaelli editore pubblica la sua seconda raccolta poetica dal titolo Il Canto di Cecilia e altre poesie che si classifica al secondo posto nel concorso poetico “Premio di poesia Camposampiero 2016”. Sue poesie sono state tradotte in lingua spagnola, inglese, olandese, rumena e portoghese. Ha tradotto il libro “Dire sì in russo” della poetessa inglese Caroline Clark, poesie della poetessa turca Muesser Yehniay e del poeta americano Bill Wolak. Gli inediti sono tratti dal suo terzo libro di poesie in prossima uscita con Moretti e Vitali editore.
Poi raggiunse un frammento di eternità – Di Eliza Macadan Fin qui visse un uomo, ma la vita rimane una...