Caterina Golia, di cui presentiamo alcuni frammenti del suo progetto artistico dedicato all’Autoritratto poetico, indaga il volto della parola nella sintesi del suo accadere, abbraccia l’istante del verso, del fotogramma esposto alla luce di una domanda di senso calata nel quotidiano.
Un lirismo mai ripiegato su se stesso, ma orientato in una prospettiva di ricerca e significato del mondo e dell’io nel mondo. Una geografia dello sguardo che si traduce in custodia del silenzio, oltre tutte le macerie, nel segreto della poesia.
Ogni cosa chiede di essere,
di non perdere
la sua battaglia contro il tempo.
Il senso sarà allora raccogliere
anche le macerie,
forse solo ciò che è perduto
senza vita
abbraccia davvero l’eterno.
Agli addii non ci penso mai.
Preferisco da sempre restare,
se vogliono saranno gli altri
a scegliere ed andarsene.
Sono stata una roccia,
ho sempre guardato il vento
appartenere ad un nulla senza pareti;
io preferivo il terreno,
le vertigini le ho sempre temute.
La mia vertigine non è
mancanza di geografia;
basterebbe poco
per poggiare i piedi a terra.
La lontananza mi scortica da lontano
ed io non so dove dirigermi
per ricucire le distanze.
Caterina Golia (Portogruaro, 1999). Studentessa, da sempre appassionata di fotografia e scrittura, partecipa con alcuni autoritratti alla sua prima mostra collettiva Humans 2018 a Martinengo, provincia di Bergamo. La prima vittoria nel campo della poesia, nella quale si cimenta da quasi tre anni, arriva durante la prima pandemia da Covid con un testo sulla speranza.
Tutte le immagini sono realizzate dall’autrice.