Marco Caporali è nato a Roma nel 1956. Ha pubblicato i seguenti libri di poesie: Il mondo all’aperto (Empirìa 1991, con prefazione di Elio Pagliarani, premio Mondello Opera prima), Motivi danesi (Il Bulino 1996, con due maniere nere di Giulia Napoleone), Il silenzio venatorio (Empirìa 2001), Casa Bagger (Il Labirinto 2003, con quattro incisioni di Svend Bagger), Alla fine del solco (Empirìa 2007), Tra massi erratici (Empirìa 2013, con un disegno di Gianni Dessì, premio Marazza), La vita inoperosa (Empirìa 2019). Ha pubblicato il testo teatrale Cose future (Tuscania Teatro 1998). Tra le sue traduzioni, ha curato per Empirìa la versione italiana di Ridere a mezzogiorno, poesie di Laus Strandby Nielsen (1993). Ha vinto il premio nazionale Haiku 2009.
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Per una via che più di tutte è via
e che la luce inonda
senza bisogno di definirne
le qualità la specie
ogni creatura terrestre
o volatile che vi si posa
imprime per un tratto la sua ombra
e insieme si dilungano in un solco
che è corpo e via
e la pianura taglia,
un’unica porzione di mondo in movimento
pur nella quiete
dell’argine che la separa
da quel che non è via,
un rettilineo così sgombro e fertile
dove solo quel che transita matura.
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La musica che accoglie nel suo antro
in confidenza la distanza muta.
Età e costumi
il suo linguaggio ignora.
Note disperse che al suolo vagavano
ogni strumento a proprio modo assembla.
La coltre del silenzio incontrastata
per un istante il suo commento impone.
Allora ad un cenno d’intesa si accende la festa,
s’aprono i varchi e di tutti
ciascuno è guida,
raccoglie e rilancia il motivo che l’altro gli porge
e che la via gli spiana, come una mano tesa
ad accogliere il compagno che ti chiama.
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Di luce solare riveste
ciascuno e lo trascina
via dai tracciati preclusi alle umili vite
il giorno che non ha né vincitori
né vinti in giocose rincorse
per mutevoli vie
in ore che al pensiero non si accordano
e che alla mente donano vigore. Ascende
il sole e i volatili si affollano
laddove il torrente alla foce li nutre,
una lunga distesa di sabbia addolcita dall’acqua
a temperare l’asperità del mare.
Al ritmo delle onde si diffonde una sovrana quiete.
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Reciproco ammaliarsi nella neve
che assolve del tempo il fluire.
Muta in una foto d’epoca il paesaggio.
Come in una storia insieme coltivata
di cui ci accingiamo a raccogliere i frutti
oscurate le usuali sembianze
il mondo lo possiamo immaginare.
Ogni maschera ci avverte
che il comune sentire diviene
altro da quel che era.
Mai del tutto conforme al desiderio
il benvenuto la natura porge
e ogni cosa vissuta s’impregna dell’aria che inebria.
Esplode ad ogni incontro un carnevale,
un viso truccato risplende
e l’abbaglio dell’alba è un cammino intrapreso,
una storia fra tante la propria.
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Intona il corteo mascherato
una musica irridente
il salvifico avvento trionfale
di un esercito che arresta
il fiato in gola.
Poco importa se lanciano pietre
ogni volta che tenti di colmare
il vuoto che alla nascita si crea
tra l’opera e chi vi provvede.
Solidale per le vie si snoda
l’irriverente antidoto al silenzio
che tende a viva forza la sua rete.
Affidata alla voce
giocosa del caso un’intesa
irrompe sulla scena quotidiana
e le abitudini muta
nel fuggevole scomporsi e ricomporsi
di moltitudini altrimenti offese.
© Fotografia di Marta Melodia