Nino Iacovella – Inediti

Nino Iacovella è nato a Guardiagrele nel ’68. Ha una formazione socioeconomica. Ha riesordito in poesia con Latitudini delle braccia (deComporre 2013). Del 2015 è la plaquette con i primi testi de La parte arida della pianura (Edizioni Culturaglobale 2015). Ha curato insieme a Sebastiano Aglieco e Luigi Cannillo l’antologia Passione Poesia – Letture di poesia contemporanea (1990-2015) (Ed. CFR 2016). È tra i fondatori e redattori del blog di poesia Perigeion, un atto di poesia. Vive e lavora a Milano. La Linea Gustav (Il Leggio 2019) è il suo ultimo lavoro in versi.

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Dalla raccolta inedita “La parte arida della pianura”

Crash test

1

Resta poco tempo per un canto
che rompa il silenzio dell’attesa:
il rumore del portellone ci desta
all’interno di un nuovo giorno
accanto ai disabili mentali

Dentro solo l’autista dispone di un automatismo,
lui non sente dolore quando ingrana la marcia

E noi non ci schiariamo le idee, né la vista,
orientati verso l’unica linea dritta della strada

Sbandiamo ogni volta, nella consapevolezza
che le nostre e le loro voci divaricano dall’unisono,
come nei gemelli siamesi il battito di un cuore
che si biforca in solitudini inseparabili

2

Dalla strada il furgone sembra
un acquario, dentro come pesci
affamati, bocche aperte sui vetri
un’onda di luce mostra corpi
e facce bislacche

Non sanno ridere le loro risa
Non sa commuovere il loro pianto

Non sanno dire il pudore di un giorno
nudi agli occhi degli altri

Per un attimo rimaniamo sospesi
in questo diorama di mare
dove si abissano i nostri silenzi

Anche oggi li riporteremo a casa

Anche oggi ringrazieremo dio,
per non averlo bestemmiato

3

Vedere da dentro, la curva
che li devia dal mondo,
nel silenzio di un giorno
ancora senza luce,
quando ci svegliamo dal sonno,
nello scossone che ci riporta
nel deserto della strada

e guardarli, spostarsi dalla parte
opposta dell’alba
quando la forza di una nuova curva
li investe

Si muovono come se una corrente marina
li spingesse tutti dall’altra parte del viaggio

Tra poco si scende, immagino fuori
lo sciame impazzito, le facce
di pesci strozzati senz’acqua

E lo spastico a bordo che ci attende
con gambe e braccia fluttuanti,
come un’alga ancorata
nelle profondità del suo male

4

Nemmeno la pioggia sul parabrezza
spegne l’euforia e la paura,
tutto è indecifrabile per la brusca frenata

Marta ride e sanguina,
qualcuno non controlla gli sfinteri,
una sedia a rotelle rovesciata

Aggrappato a qualsiasi cosa cerco di salvarmi

Il dito dello spastico, puntato verso dio,
mi porta al giorno del giudizio

Così come la poesia
agli affreschi della Creazione

 

© Fotografia di Valentina Murgia