Luca Baldoni, Anno naturale, Firenze 2021, 85 pp., € 12,50
«Mi alzo così presto perché la vita preme».
Non serve un motivo particolare per aprire una recensione con un verso, peraltro bellissimo, tratto dalla raccolta poetica oggetto di recensione. Il verso scelto ha però, in questo caso, oltre alla bellezza espressiva, la facoltà di restituire l’intensità di un legame, quello tra il poeta e l’elemento naturale che tenta di raccontare in ogni sua declinazione, e fissa in modo chiaro e senza possibilità di fraintendimenti la verità di un rapporto in cui uno dei due elementi è dipendente dall’altro. È l’uomo, l’elemento che dipende. È l’uomo a essere dipendente dalla natura, e non viceversa, come si potrebbe pensare o come spesso, oggi sempre più, ci si abitua a credere. La dipendenza è unica e assoluta, così come, secondo le poesie che compongono questo mosaico di Luca Baldoni dal titolo Anno naturale (Passigli Editore, 2021), unidirezionale e assoluta dovrebbe essere la devozione.
Scienza, filosofia e letteratura si fondono e convivono nelle quarantatré poesie che fanno il libro, costituendo la base sulla quale tutto si erge, ogni componimento, ogni verso, ogni immagine. I riferimenti letterari sono costanti, e il risultato finale somiglia a una raccolta di immagini e omaggi, indagini, citazioni, ringraziamenti. Una poesia che per lunghi tratti è celebrativa, ma che è in grado di farsi, con scaltrezza e delicatezza, quasi saggio, segnata profondamente dallo studio che sta a monte di ogni concetto, di ogni parola. E non si tratta di una conoscenza del mondo fredda e distaccata, ma al contrario empatica, accompagnata dalla padronanza di un lessico tecnico che permette di nominare – atto mai scontato, né banale – gli elementi del reale in maniera nuova, o quantomeno insolita, per la poesia d’oggi. Basti dire che dopo la poesia introduttiva che dà il titolo alla raccolta e che galleggia in una sorta di limbo fra l’epigrafe e la sezione 1, si trova subito quella intitolata Aptenia Cordifolia 1 (una pianta della famiglia delle Aizoaceae con la quale il poeta dialoga), seguita da altre di matrice identica, come Trachelospermum jasminoides:
Trachelospermum jasminoides quasi parrebbe
un mostro respingente, e invece ti ho voluto
per fiotti di profumo, dolcezza che riempie
in urti molecolari i ricettori e i nervi
e il miracolo spande che viene dall’Oriente
[…]
Fondersi, farsi tutt’uno con ciò che si descrive. Poesie chiare, limpide, che raccontano e ricordano, (Giordano Bruno, Anassimandro), oppure studiano il dettaglio e l’universo, il micro e il macro. Come la nascita di un tulipano, descritta nella poesia Altro compimento; una scoperta avvenuta quasi per caso, osservata in un vaso. Un dettaglio quotidiano e silenzioso al quale il poeta concede spazio e respiro, sino ad allargarlo in una diapositiva di immagini che raccontano una storia potentissima: la nascita. Un dettaglio messo in relazione al tutto, a quel mondo che fuori intanto esiste e accade:
È il primo di febbraio: e quando stamattina
ho aperto le persiane, nella terra di un vaso
ho scorto questo segno – una testina viva
un mezzo centimetro di verde senza colpa
che sarà tulipano, corolla fiammeggiante
[…]
e proprio l’altro giorno sui colli e nei giardini
scoppiavano mimose con squilli nel tepore
[…]
L’attenzione metrica esiste ancora, fortunatamente, e in questo caso la scelta ricade quasi sempre su un doppio settenario senza rime, che dà all’orecchio, a quello interno e a quello esterno, una piacevolissima ed efficace sensazione di musica. Il lessico si fa specifico e la parola esatta nella contingenza di universi dalle opposte fattezze: una conoscenza profonda del linguaggio utilizzato non può che arricchire l’esperienza poetica, specie se unita a una scelta attenta e consapevole di ogni vocabolo, pratica ormai in disuso, nell’epoca delle approssimazioni.
Terremoto è la cronaca poetica ed esatta di uno scorcio di tragedia, che Baldoni rende intima, pacata, vibrante, carica di forza e verità. Mentre Anassimandro è un capolavoro di quella tipologia di poesia che si è chiamata poesia-saggio, un frammento di storia dell’evoluzione del pensiero scientifico, omaggio a uno dei primi passi, determinanti, dell’osservazione del reale e di quei fenomeni che sempre hanno interrogato l’uomo.
Quella di Baldoni è una poesia utile, oggi più che mai, perché è una poesia che invita silenziosamente a una presa di coscienza lucida, supportata da una conoscenza tecnico-scientifica approfondita dell’ambiente, delle piante, dei fiori, delle specie animali. Perché non è detto che la poesia debba parlare soltanto per metafore e rimandi simbolici; essa può affrontare il mondo con il lessico e gli occhi della biologia (mantenendo la sensibilità e il linguaggio propri della poesia): botanica, zoologia, ecologia. Baldoni scardina la convinzione, oggigiorno diffusa e dominante, che vede la poesia come mero palliativo retorico nei confronti della questione naturale e di quella ambientale, e si pone sulla sponda opposta rispetto a quei poeti che, banalizzando ogni concetto e ogni immagine legata alla natura, commerciano e commercializzano versi dall’assoluta inconsistenza. C’è studio, alla base, lo studio di discipline precise, ricchissime, che sfocia poi in poesia, che è essa stessa, quando fatta bene, studio. La poesia di Baldoni si pone dunque, citando il componimento Completa sostituzione, come «contrappeso opposto a radicale dissolvenza».
L’idea di inserire a fine libro delle note esplicative, scritte direttamente dal poeta, di certo dividerà; ci sarà infatti chi riterrà inopportuno spiegare o parafrasare poesie o loro parti. Potrebbe in effetti essere avvilente, per il linguaggio poetico fatto di richiami e rimandi, elaborazioni e metafore, l’essere spiegato o peggio rivelato (correndo il rischio di dare al lettore l’effetto di un trucco di magia svelato proprio dall’illusionista che lo ha compiuto), ma d’altra parte potrebbe essere ben accolto, e anzi apprezzato, questo ulteriore sforzo di chiarezza e vicinanza, perché, si sa, la poesia ha bisogno, oggi più che mai, di essere leggibile, e di essere capita, per essere riscoperta e conosciuta. Il nostro tempo e le nostre abitudini non concedono molto spazio a una poesia che sia criptata e indecifrabile, e per questo potrebbe essere benvenuta quest’insolita formula di intervento finale del poeta, che si chiarisce con il lettore, gli si fa vicino e confidente, non lo istruisce ma lo informa, al solo scopo di rendere per entrambi più efficace l’esperienza poetica.
Tutto il resto che può esser scritto su Anno naturale, sulla sua genesi e le sue caratteristiche, lo si trova nello scritto che accompagna e apre la raccolta, La specola domestica di Tommaso Lisa, che compie inoltre un’analisi attenta su ogni fronte, fornendo una guida utile e preziosa per orientarsi nella «fitta impermanenza» del cosmo poetico di Luca Baldoni.
Daniele Costantini