Gabriele Via (1968) nasce in Emilia e vive a Bologna. Collabora in ambito teatrale con il teatro dell’ABC.
Gabriele Via
Tre inediti
Ti amo, mi ami.
Non saremo mai felici insieme.
Sul tetto della caserma i corvi
planano pochi momenti soltanto
il cielo di là nasconde tutto
il resto della vita. Le voci solamente.
I germi credevamo fossero animali
piccoli piccoli che camminano
sui bordi delle bottiglie. Imparammo
dell’amore allo stesso modo.
L’erba fragile nel sole.
*
Al luna park delle ombre
il lutto della certezza ha gesti forti:
traccia confini di consapevolezza;
e apre inediti percorsi.
La nostalgia esiste, corporale:
si canta, non si torna, si cammina.
Le pietre sono fredde
il mare lontano. E un bel giorno
il mondo riprende forma in noi:
volto misterioso del destino
un insieme di schermo e di sguardo.
Perfino l’urlo del gabbiano,
metallo che stride secco nel cielo,
si porta addosso un vento quasi minerale.
Solo le stelle fanno la posizione in questo mare
le stelle che non riusciamo più a vedere.
E ogni nome privo di intuizione
lascia una polvere addosso alle cose.
*
Abitavamo allora a Porto Empedocle
limpide in cielo le stelle la notte
e la luna discreta in disparte
eravamo quella luminosa osservazione
tra il giallo sulfureo delle colze
e il fragile cielo grigio distrutto
di nubi scariche sulle pianure.
Nella solitudine orale dei campi
la memoria di un albero
si ergeva allo sguardo
e comprendevi come per una leva
che di intelligenza non ne occorre molta
te ne basta davvero poca
collocata al punto giusto dell’ascolto
dove la febbre nello sguardo delle mani
è il cuore che conosce la sua vita
e queste parole
tra il corpo e la scrittura
nel fragore di un aratro
che ribalta ogni zolla
come la filosofia e l’agricoltura.
Fotografia di proprietà dell’autore