Daniela Attanasio, nata a Roma, ha pubblicato per l’editrice Empirìa i libri di poesia La cura delle cose 1994, Sotto il sole 1999 (Premio Dario Bellezza, Premio Unione Lettori Italiani), Del mio e dell’altrui amore 2005 (Premio Camaiore). Il breve poema sull’amore contenuto nel libro è stato musicato nel 2004 e rappresentato in alcune manifestazioni teatrali. Le tre successive raccolte sono state pubblicate con l’editrice Nino Aragno: Il ritorno all’isola 2010 (Premio Sandro Penna), Di questo mondo 2013 (Premio della Giuria Viareggio-Rèpaci), Vicino e visibile 2017. Ha tradotto Love Poems di Anne Sexton per il volume antologico La doppia immagine (Editore Sciascia) e per la rivista Galleria ha curato un numero antologico su Amelia Rosselli. Come critica ha collaborato per alcuni anni con la rivista letteraria Leggere (Editrice Archinto, Milano) e con il quotidiano Il Manifesto. Sue poesie sono presenti in numerose antologie fra cui Poesia italiana 1970/2000, Garzanti, Nuovi poeti italiani 6, Einaudi.
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‘siamo nascosti nelle cavità del pensiero – dicevi –
siamo teste che sorridono per compiacere il canto di un’amica’
ma poi qualcosa ha spostato la mia attenzione –
la lagna di un bambino i suoi grandi occhi blu
la fissità infantile dello sguardo
la madre ha cose molto belle da raccontare
in una zona d’ombra della mente cancella parole come male
e parla della vita
oggi c’è il sole che l’aiuta e un giardino curato ricco di piante e acqua
l’acqua della fontana scorre in un percorso di canaline
dove le foglie alzano le vele
ci sono cani che inseguono fantasmi e orme di piedi piccoli per terra
orme di bambini –
ecco da queste orme vorrei ricominciare
*
la cosa che chiamiamo anima non si è accorta subito
della tua scomparsa il corpo sì
all’inizio qualche puntura una frustata al petto come
bere acqua ghiacciata con quaranta di febbre
ero interdetta dai colpi di silenzio che riempivano la stanza
sempre più vicina a cedere all’inganno della fede
all’eco che arriva dalle onde elettromagnetiche del cosmo
ricordo le tue parole poco prima di morire-
lascio -hai detto- vado da un’altra parte
esco dalla città
*
intorno alla punta dell’iride innescano residui memoriali
crescono piante innovative
si allungano le dita delle mani
gli occhi risvegliano la brillantezza del nero
il nero più profondo più oscuro
poi i soliti rituali per evocare il distante
il piccolo
la piega del collo l’incavo delle braccia
la linea arcuata delle sopracciglia
la fascia larga al fondo della schiena
la goccia dell’orecchio
si assommano versioni sullo stesso ricordo-
ero più consapevole allora della mia dipendenza?
ero più dipendente?’
*
la stanza dormiva dentro l’ombra del castello*
sull’acqua la bellezza delle mura si rifletteva nel
segreto dell’acqua
e in quel disegno il colore del lago evaporava insieme al sole
lì ho sfiorato la possibilità
l’ho sentita simile a una carezza
una cosa sensibile che poteva cambiarmi lo sguardo
è insignificante oggi dire che non ce l’ho fatta
*Château de Chillon
*
oggi i piccioni sembrano falchi
il loro volo è insolitamente fermo nella sospensione
in realtà non vedo bene
forse la vista è accecata dall’insonnia
oppure le lenti sbagliate impediscono di capire cosa sia
quella filigrana di nuvole che si muove nel cielo in chiaroscuro
come fosse uno sbuffo di catrame
dovrei cercare senso nelle rassomiglianze
guardare il mio viso in uno specchio brunito
così che non compaiano macchie non ci siano rughe
trovare un colore
tra le foglie secche del platano gettando lo sguardo
sul selciato del marciapiede dove potrei incontrare
le mie ombre amiche
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© Fotografia di Dino Ignani