Matteo Ferrari, da “Italofoni fuori d’Italia: gli scrittori svizzeri di lingua italiana”
Con l’etichetta di ‘letteratura della Svizzera italiana’ – concetto costantemente messo in dubbio e tuttavia sempre in uso, anche solo per praticità – si designa quanto pubblicato dagli scrittori svizzeri di lingua italiana. In pratica una sottocategoria geografica della letteratura italiana. La produzione letteraria di quest’angolo discosto e spesso poco conosciuto dell’italofonia, seppur proporzionale al numero degli abitanti (dunque numericamente limitata), è ricca e non priva di caratteristiche proprie. […]
Ma chi legge questi autori? La domanda è tutto meno che una provocazione. Gli autori della Svizzera italiana, dal momento che scrivono in italiano, scrivono per tutti i lettori di lingua italiana, e come letteratura italiana tout court vanno considerati i loro libri. Purtroppo il confine pesa ancora tanto sulla diffusione in Italia dei libri stampati in Svizzera, com’è il caso per la maggior parte degli autori elencati. Ed è un peccato, perché sono le logiche crudeli dell’economia a pesare sulla diffusione culturale (i libri svizzeri costano mediamente di più rispetto a quelli italiani). Chi pubblica in Italia sa invece che dovrà fare i conti con una concorrenza più spietata, ma in compenso potrà contare su un bacino di lettori molto più ampio. Fin qui tutto secondo logica, se non che, ad allargare il bacino di lettori potenziali a cui un autore della Svizzera italiana può ambire, entra in gioco abbastanza presto la traduzione, ben radicata nel paese anche grazie al sostegno pubblico. Non è dunque raro che uno scrittore svizzero-italiano veda in pochi anni le proprie opere tradotte in francese e/o in tedesco. Una via di “contrabbando culturale” da non sottovalutare; forse l’esempio più fresco che gli autori svizzeri di lingua italiana possano dare: essere tradotti è rinascere in un’altra lingua.
Matteo Ferrari
estratto da Atelier 79 – “Pre o Post” (Dicembre 2015)
