Todd Portnowitz (1986) è il traduttore di Midnight in Spoleto di Paolo Valesio (Fomite, 2018) e Long Live Latin di Nicola Gardini (Farrar, Straus and Giroux, 2019). Per le sue traduzioni dall’italiano ha vinto il premio Raiziss/de Palchi della Academy of American Poets nel 2015. Le sue poesie sono apparse su Poetarum Silva, Nuovi argomenti e Italian Poetry Review. Vive a lavora a New York.
Simone Burratti (1990) studia e vive a Padova. È stato fondatore del sito formavera. Suoi testi, interventi e traduzioni dall’inglese sono usciti su vari blog e riviste. Progetto per S. (NEM, 2017) è il suo primo libro.
Chiara Bernini (Pesaro 1992) è laureata in Italianistica presso l’università di Bologna, città in cui vive e lavora. Dal 2014 è redattrice presso la rivista di poesia Atelier. Suoi testi sono stati pubblicati online e inclusi nell’antologia Post ‘900. Lirici e narrativi, edita da Ladolfi e curata da Matteo Fantuzzi e Isabella Leardini.
Todd Portnowitz
Tre inediti
*
Winding Down
An envelope fell from the trash bin
and I thought it was a mouse.
The front gate creaked downstairs
and I thought it an intruder.
I was reading a scary novella
in which the protagonist’s mind tessellates
at a rented house in a German wood.
Then I finished and checked Facebook,
which mostly had the photos I’d already seen on Instagram,
except for a photo of my ex-girlfriend
posted by a mutual friend
(since she and I are no longer friends
on any social media platform).
With her was her new husband,
and, based on the caption, they’re moving
out of the college town where we met,
likely to another college town,
but it doesn’t say.
This means she must have finished her PhD,
or is ABD,
so now she has a pair of wings I’ll never have,
since I quit after my master’s,
left my bed, my bike, and my blender,
and drove to New York,
where I’m now lying in another bed,
slightly more expensive,
with a shittier bike,
that’s technically my friend’s bike,
and a less-powerful blender,
that’s technically my roommate’s,
feeling slightly paranoid,
because of the novella.
In dormiveglia
Una bustina è caduta dal cestino
e ho pensato fosse un topo.
Il cancello ha cigolato di sotto
e ho pensato fosse un ladro.
Leggevo un romanzetto di paura
in cui si disfa in tessere
la mente del protagonista
dentro una casa in affitto in un bosco in Germania.
Poi l’ho finito e ho guardato Facebook,
pieno di foto che avevo già visto su Instagram,
eccetto una foto della mia ex
postata da un amico in comune,
(dato che io e lei non siamo più amici
in nessuna piattaforma sociale).
Con lei c’era il suo nuovo marito,
e, a occhio, si stanno trasferendo
dalla città universitaria in cui ci siamo conosciuti,
probabilmente in un’altra città universitaria,
ma non c’è scritto.
Questo significa che deve aver finito il dottorato,
o perlomeno la tesi,
e adesso ha un paio d’ali che io non avrò mai,
dato che ho mollato dopo la specialistica,
ho lasciato il letto, la bici e il frullatore
e sono andato a New York,
dove ora mi sdraio su un altro letto,
leggermente più costoso,
con una bici meno figa,
che tecnicamente è la bici di un mio amico,
e un frullatore meno potente,
che tecnicamente è della mia coinquilina,
e dove mi sento leggermente in paranoia,
per via del romanzetto.
*
Paper Timeline
When I cough at night
it sends a ripple down the timeline on my wall,
from about 300 BC to Constantine.
This doesn’t affect the future as much as you’d think.
Nothing changes here in my bed,
and the empire outside still follows Christ.
If I coughed a bit louder
I could probably send a wave to the Gutenberg Press
or even up through the height of Ottoman rule,
though still, the consequences would be small.
To shift the course of things down by my feet,
all the way at the other end of time,
where we are now,
I’d have to hack with the force of a TB patient,
pushing enough air beneath my paper timeline
to send the whole thing flapping
and maybe flying off my bedroom wall,
out the window,
my timeline blown
like a lengthy piece of trash
or a magic carpet,
carried over Brooklyn to Manhattan,
where I guess it’d have to catch on the big antenna
of the new World Trade Center
and wave there like a flag
above the crumbling present.
Una linea del tempo di carta
Quando tossisco di notte
una grinza si propaga
lungo la linea del tempo sulla parete,
dal 300 a.C. circa fino a Costantino.
Il che non influenza il futuro quanto potreste pensare.
Qui a letto non cambia niente,
e l’impero che c’è fuori segue ancora Cristo.
Se tossissi un po’ più forte
forse potrei mandare un’onda fino alla stampa di Gutenberg
o addirittura all’altezza della regola Ottomana –
in ogni caso ancora, le conseguenze sarebbero minime.
Per alterare il corso degli eventi ai miei piedi,
fino all’altro capo del tempo,
dove siamo ora,
dovrei tossire con la forza di un malato di tubercolosi,
pompando abbastanza aria sotto il foglio della linea del tempo
da farlo sbattere contro la parete
e magari volare via dalla mia camera,
fuori dalla finestra,
la mia linea del tempo che vaga
nel vento come un lungo pezzo di spazzatura,
o un tappeto magico,
portato da Brooklyn a Manhattan,
dove immagino resterebbe impigliata alla grande antenna
del nuovo World Trade Center
a sventolare come una bandiera
sopra il presente che crolla.
*
Getting Home
I’ve taken to eating popcorn in the car
so I can watch the traffic like a film
on the Kosciuszko Bridge—
an Odyssey idling,
a Maxima changing lanes,
a reel of false starts rolled to look like motion—
the metropolis west of me,
behind the necropolis
of Maspeth, Queens,
Calvary Cemetery,
with its own crush of columns and spires
scraping lower skies,
One World Trade Center
the tallest tomb of all,
that would prick and pop the atmosphere:
the ozone folded inward,
a wrapping paper of sorts
to pretty the stone,
this floating gift that dropped
down a wormhole like a chimney
out of a fireplace into existence—
but I’m over the bridge by now
and I’m down to the kernels.
Raggiungendo casa
Ho preso a mangiare i popcorn in macchina,
così posso guardare il traffico come un film,
sul Ponte Kosciuszko –
una Odyssey che arranca, una Maxima
che cambia corsia, una pellicola di false partenze
girata per sembrare un movimento –
la metropoli alla mia sinistra,
alle spalle la necropoli
di Maspeth, nel Queens,
il cimitero di Calvary
con il suo mucchio di colonne e pinnacoli
che raschiano cieli più bassi,
il One World Trade Center,
la tomba più alta di tutte,
che potrebbe bucare l’atmosfera e farla scoppiare:
l’ozono ripiegato in se stesso,
una specie di carta da regalo
per decorare la pietra,
questo dono fluttuante caduto
giù per un comignolo spazio-temporale,
venuto al mondo da un caminetto –
ma ormai ho superato il ponte
e sono arrivato al nòcciolo.
Fotografia di proprietà dell’autore.