Il miracolo della poesia
Dopo Il canto del mare all’ombra dell’airone cenerino (2021) e Scintilli nel cuore del silenzio (2022), Sonia Elvireanu presenta al lettore di lingua francese e italiana una terza raccolta Lo sguardo… un’alba.
Nell’introduzione al primo lavoro abbiamo rilevato che «la poetessa, profonda conoscitrice e assidua traduttrice della letteratura francese, riprende uno degli elementi fondamentali della grande poesia, quella che Italo Calvino in Lezioni americane indica come “leggerezza”, emblematizzata nelle rappresentazioni dell’ombra, dei raggi, del fluire del tempo, realtà evanescenti, ma non per questo meno reali, meno presenti e meno autentiche». «Nel testo, infatti, troviamo il canto degli uccelli, il paesaggio marino, l’ombra e il colore, che ricamano una “ripercussione” reciproca (“i barbagli dell’erba verde”) in una metamorfosi, che come una eco si estende per tutta la raccolta».
Nella seconda abbiamo indicato come cifra interpretativa il titolo stesso Scintillii nel cuore del silenzio: «il primo termine ribadisce la vocazione della scrittrice a procedere mediante “illuminazioni” o “fulgurazioni”, momenti di grazia in cui la visione poetica viene fermata sulla carta, senza alcun obbligo di trovare tra di essi nessi, consequenzialità, coerenza, sviluppo. Ma questa è la vita, la vita che procede in modo desultorio e contraddittorio; è il nostro modo di rapportarci con il reale, modo sempre esposto a una quantità di moti interiori in cui presente, passato e futuro si uniscono e discordano, in cui ricordi e speranze rivivono nella dimensione conscia e inconscia e creano quel magma che nessun tipo di analisi riesce a razionalizzare completamente».
In questo terzo lavoro gli elementi indicati assumono forma definitiva: la musicalità si fa più “petrosa”, ma rimane, mentre la rappresentazione del reale si avvale di forme metaforiche in cui la Elvireanu fa confluire suggestioni particolari, spesso sinestetiche (Verde mattinata), talvolta ossimoriche (Il linguaggio del silenzio; Il silenzio brilla sulle rive), determinate da percezioni come luce, silenzio, bisbiglio, mare, colori, vento, onda, pioggia parola, albero, stagione, momenti del giorno, notte, infinito, sfumature…
Ella stessa ci presenta le sue composizioni come pennellate di un pittore che cerca di captare il divenire del tempo attraverso il variare delle percezioni cromatiche, la fluttuazione dell’atmosfera, del sorgere e del venir meno dei suoni, l’esplosione della vita della natura. Ci troviamo di fronte a un vero e proprio quadro, come viene espressamente indicato dalla poetessa che introduce precisi paralleli tra l’arte della raffigurazione e quella della parola.
L’ispirazione totalizzante è l’esplosione della vita in tutte le sue più affascinanti manifestazioni: è un inno alla bellezza, alla gioia, alla serenità; è un invito a purificare lo sguardo per non perdere l’occasione di gustare quanto ci viene offerto. La luce domina sovrana, perché è la sorgente del colore, delle relazioni della natura, è lo strumento di percezione dell’infinito… sì, perché, oltre la coltre della nebbia dei sensi, esiste una realtà autre, che supera i pur meravigliosi confini dei sensi, di cui quella che vediamo altro non è che una pallida immagine. Dice San Paolo nell’epistola ai Corinzi: «Videmus nunc per speculum et in aenigmate, tunc autem facie ad faciem» (In questo mondo vediamo la realtà come riflessa in uno specchio e sotto forma di enigmi; nell’aldilà la vedremo direttamente).
Al poeta, quindi, spetta il compito di recuperare i riflessi e gli enigmi e di presentarli all’umanità perché non si smarrisca di fronte alle prove dell’esistenza. E un compito speciale viene affidato alla parola poetica, pronunciata da chi sa cogliere in profondità i segreti della natura, del tempo e dello spazio. Infatti, secondo Martin Heidegger, «i poeti sono i mortali che […] seguono le tracce degli Dei fuggiti, restano su queste tracce e così rintracciano la direzione della svolta per i loro fratelli mortali […]. La mancanza di Dio significa che non c’è più nessun Dio che raccolga in sé, visibilmente, gli uomini e le cose, ordinando in questo raccoglimento la storia universale e il soggiorno degli uomini in essa.
Ma nella mancanza di Dio si manifesta qualcosa di peggiore ancora. Non solo gli Dei e Dio sono fuggiti, ma si è spento lo splendore di Dio nella storia universale. Il tempo della notte del mondo è il tempo della povertà perché diviene sempre più povero. E già è diventato povero da non poter riconoscere la mancanza di Dio come mancanza. […] Ma la svolta è compiuta da parte dei mortali solo se essi ritrovano la propria essenza. […] Il mortale che deve giungere nell’abisso prima e diversamente dagli altri, scopre i segni che l’abisso tiene in sé. Questi segni sono, per il poeta, le tracce degli Dei fuggiti. […] Ma chi sarà in grado di rintracciare questa traccia? Le tracce sovente sono ben poco visibili e sono sempre il retaggio di un’indicazione appena presentita. Essere poeti nel tempo della povertà significa cantando, ispirarsi alla traccia degli Dei fuggiti».
E Sonia Elvireanu li ritrova durante un viaggio nella Grecia classica:
Mi volgo alla storia,
al sole del luogo la cui riva
gli dèi hanno fecondato,
sul sentiero costeggiato da allori in fiore
e di fichi, nel passo di un’altura,
tra le immensità,
sul filo azzurro dell’orizzonte,
l’angelo,
il Mare Egeo e il cielo.
Non si può rimanere estranei alla sensazione che la poetessa, avendone recuperato le tracce, abbia ritrovato anche lo splendore dell’Assoluto, abbia superato il tempo della povertà, abbia scoperto ”i segni che l’abisso tiene in sé”.
Del resto, la presente raccolta nella varietà tematica va letta come esecuzione di una partitura musicale, che ricorda il primo e il secondo movimento della VI sinfonia di Beethoven, dal titolo “arrivo in campagna” e “scena presso il ruscello”. Nel testo della Elvireanu troviamo non solo il mare, il silenzio, la notte, ma anche il volo degli uccelli, il linguaggio della natura e degli esseri animati, la pace e la serenità che concilia l’essere umano con se stesso, con gli altri e con la realtà.
Un augurio? Una realtà? Una svolta?
Solo i posteri sapranno trovare la risposta esatta. A noi preme soltanto portare alla luce il “miracolo della poesia”, che in epoca di tecnocrazia, di critica radicale all’antropocentrismo antiumanistico, di crisi della soggettività, di perdita di importanza della realtà, manipolata dalla comunicazione, pare essere distrutta dalla dittatura dell’economia e dello spettacolo, e pare aver smarrito la sua vocazione a essere canto dell’essere umano nella sua integralità.
Giuliano Ladolfi
* * *
Le regard… lever de soleil
« un mur… », écrit le peintre,
je vois tous les murs en couleurs,
bleu, violet, jaune, vert, orange
ou un mélange qui réabsorbe les couleurs,
le mur peut être une métaphore,
le vers une couleur, l’inscription:
« Ne dépouille pas les mots de levers de soleil ».
la sensation d’impénétrable se brise ainsi,
un mystère existe dans tous les coins du monde,
le regard est lever de soleil.
*
Lo sguardo… alba
Scrive il pittore: “Un muro…”
io tutti li vedo a colori,
blu, viola, giallo, verde, arancione
o un insieme che li riassorbe tutti,
può essere metafora anche il muro,
come il verso un colore e la scritta:
“Non spogliare le parole delle albe”.
la sensazione
di impenetrabilità
così è frantumata,
un mistero in ogni angolo è presente
in ogni angolo del mondo,
lo sguardo è il levarsi del sole.
*
Une tache de couleur
« Comme un mur qui ne te laisse pas aller plus loin »,
dit le peintre,
sur tous les murs il y a une tache de couleur,
une goutte de pluie,
la trace d’une semelle qui veut provoquer,
une fragile fourmi égarée,
un fil d’araignée, une toile minutieusement tissée
un nid d’oiseau dans un creux,
un pigeon agrippé à un mur vertical
picorant la chaux ou quelque chose d’invisible,
une vieille affiche, déchirée ou défigurée
dans un coin ou encore souriante,
des yeux même devant toi t’obligeant à les regarder,
un graffitti, le cri de la nouvelle vague sur les murs,
même sur le métal d’un wagon de train,
une touche de chaux, une ligne, une couleur,
le rayon de lumière qui efface la monochromie,
le mur parle à sa manière,
provocateur t’arrête un temps,
impénétrable, dit le peintre,
mais il n’y a pas de mur à ne pouvoir décrypter…
*
Una macchia di colore
“Come un muro
che non ti lascia oltrepassare”
dice il pittore,
su tutti i muri
c’è una macchia di colore,
una goccia di pioggia,
la traccia di una suola
che vuole provocare,
una fragile formica perduta,
il filo di una ragnatela,
una tela accuratamente tessuta
un nido in una cavità,
un piccione aggrappato
a una parete verticale
mentre becca la calce o qualcosa di invisibile,
un vecchio poster, strappato o sfigurato
in un angolo o ancora sorridente,
di fronte a te
degli occhi ti costringono a guardarli,
un graffito, il grido
della nuovelle vague sopra i muri,
addirittura sul metallo
di un vagone del treno,
un tocco di calce, una linea, un colore,
ed il raggio di luce che cancella
la monocromia,
il muro parla a modo suo,
provocatorio ti blocca per un po’,
impenetrabile, dice il pittore,
ma non c’è muro che non possa
lasciar filtrare il suo mistero.
*
Le silence du pommier
Matin au parfum de l’été…
le pommier renverse ses branches vers ma fenêtre,
ses feuilles ensoleillées frémissent sur le rebord
si près que je sens leur caresse,
je l’aperçois dès que j’ouvre les yeux,
il sourit serein dans l’aube blanche,
veille sur moi jusqu’au crépuscule,
il éloigne mon insomnie pendant la nuit,
je m’endors dans le frémissement de ses feuilles
arrosées par les rayons de la lune,
le silence du pommier et le ciel,
l’eau claire où brillent
les cailloux du poème de l’été.
*
Il silenzio del melo
Mattina dal profumo dell’estate…
il melo volge i rami alla finestra,
sul davanzale fremono
le foglie cariche di sole:
sono così vicine che sento la carezza,
mi inonda la sua immagine
appena apro gli occhi,
nell’alba bianca dolce mi sorride,
fino al tramonto veglia su di me,
di notte allontana la mia insonnia,
mi addormento al fruscio delle foglie
irrorate dai raggi della luna,
il silenzio del melo ed il cielo,
l’acqua limpida dove brillano
i ciottoli del poema dell’estate.
* * *