Sonia Elvireanu e Giuliano Ladolfi: andata e ritorno

A cura di Michel Herland

Su “Le regard… un lever de soleil-Lo sguardo… un’alba.” (Ladolfi, 2023) di Sonia Elvirenau; e “La Nuit obscure de Marie – Noaptea întunecată a Marieri” (Ars Longa, 2023) di Giuliano Ladolfi.

 

Quali onde fanno crescere in me le poesie?

Sonia Elvireanu

 

Scrivere poesie a quattro mani sembra difficile, anche se è stato tentato, poiché la poesia è prima di tutto una questione di sensazioni, di sentimenti. La traduzione è un’altra cosa: seguendo la sensibilità dell’autore che ha espresso nella sua opera, il traduttore che cerca di immergersi nello stampo della poesia iniziale non può tuttavia fare lui stesso opera di poeta che lascia esprimere la propria personalità. Per questo si è potuto dire che tradurre la poesia è anche un compito impossibile e ciò non è sbagliato se ci si aspetta che una traduzione sia in primo luogo fedele all’originale. Sonia Elvireanu e Giuliano Ladolfi, rispettivamente rumena e italiana, qui associati in due opere bilingui, scrivono in francese come nella loro lingua madre.

Andata e ritorno pregevole è quello operato dagli autori di queste due raccolte, poiché si fanno a turno traduttori l’uno dell’altro.  Lo sguardo… un’alba scritta in francese da S. Elvireanu è tradotta in italiano da G. Ladolfi; La notte oscura di Maria scritta in francese da G. Ladolfi è tradotta in rumeno da S. Elvireanu. Noi esaminiamo i testi in francese, per mancanza delle competenze linguistiche necessarie per giudicare la qualità delle traduzioni in quanto tali.

 

 

L’autrice di Soffio del cielo nel 2019, poi di Canto del mare all’ombra dell’airone cenerino nel 2020, due raccolte pubblicate da L’Harmattan, Sonia Elvireanu, non è al suo primo tentativo come poetessa di lingua francese. Anche se i testi della nuova raccolta sono spesso più lunghi di prima, vi si ritrova la stessa sensibilità nei confronti della natura impressa da un certo misticismo panteista: «Lo Spirito Santo è sulla montagna» (La pietà della montagna). La natura non è solo un oggetto da contemplare, non è nemmeno viva, la poetessa comunica con lei in una sorta di osmosi soprannaturale, al limite doloroso.

 

tutto ciò che esiste fuori è anche dentro di me,

il giorno e la notte, la terra e il cielo,

la luna, il sole, le stelle, tutto

è sabbia rovente, combustione infinita

(La sabbia)

 

Certo, sarebbe esagerato paragonare l’esperienza raccontata da S. Elvireanu alle dolorose estasi di Teresa d’Avila, ma i termini che utilizza possono far pensare alla “trasverberazione” (1) descritta dalla santa. S. Elvireanu invoca anche «un miracolo d’amore e di poesia» in relazione all’eterno rinverdire di un ramo di mela (Matin vert), mentre Cristo è direttamente presente nella poesia Un nimbo di luce su una parete: «sul muro bianco […] un uomo di divina bellezza […]che irradia sulla croce di legno».

 

Un altro muro funge da metafora in tutta la raccolta. Metafora dell’ostacolo alla creazione – «come un muro che non permette di andare oltre» (Une tache de couleur) – o del mistero da decifrare (la Stele di Rosetta, l’arte paleolitica), finché il muro non diventa finalmente trasparente, come la poesia che svela il mondo.

Una parete trasparente permette di vedere

dietro di essa il mondo, riflesso

(Guardare attraverso la vetrina)

I lettori di S. Elvireanu riconosceranno facilmente i tratti distintivi della sua poesia soprattutto lirica ispirata alla natura – le parole: uccello, blu, sole, riva, deserto, ad esempio, che ricorrono regolarmente – che non impedisce altre fonti di ispirazione come, in questa raccolta, un viaggio nelle isole greche:

sul filo azzurro dell’orizzonte,

l’angelo,

il Mare Egeo e il cielo
(L’abito del giorno)

 

 

Giuliano Ladolfi ha lui stesso tradotto in francese la sua Notte oscura di Maria, pubblicata in italiano nel 2021 e successivamente tradotta in rumeno da S. Elvireanu. Anche se il titolo sembra riferirsi alla Notte oscura di San Giovanni della Croce, la somiglianza finisce qui. Per Giovanni della Croce, “oscuro” evoca semplicemente la segretezza che circonda l’incontro soprannaturale ed estatico tra l'”Amato” (l’anima del credente) e il “Beneamato” (Cristo): “O notte che ha unito l’Amato al suo amato”. La notte che Maria sta vivendo è molto diversa; è la notte che ha colto la sua anima dopo la morte di Gesù, una notte di abbandono e di rivolta contro un Dio assente:

 

Ma Tu dov’eri quando il Giusto

era inchiodato sulla Croce

e gridava, gridava

di essere stato abbandonato?

 

Il testo non si limita a questa protesta. Maria, in questa notte veramente buia, ricorda le tappe principali della sua vita, come raccontate nei Vangeli: l’Annunciazione, il viaggio verso Betlemme, l’adorazione dei pastori e dei Magi, il giovane Gesù di fronte ai dottori della Legge, le Nozze di Cana:

 

Quegli sguardi fanciulli sulla mensa

cercavano il pane…

Giuseppe ed io

attendevamo muti

realizzarsi il mistero.

.

 

Sebbene Giuseppe sia ben lontano dall’essere una figura centrale nei Vangeli, è molto presente in questo testo, dove Maria appare innanzitutto come una moglie amorevole e angosciata dalla prova imposta a lui, costretto ad accettare un figlio non suo:

 

Giuseppe… quel silenzio nello sguardo

indagatore sul mio grembo.

 […] 

Sentivo la tua angoscia, mio Giuseppe,

vedendo che il mio ventre si gonfiava.

 

Ricordiamo che iI Vangeli sinottici dicono molto poco sulla nascita di Gesù. Marco e Giovanni non ne parlano. Luca racconta dettagliatamente l’Annunciazione dell’Angelo a Maria, aggiungendo solo che era promessa sposa a un certo Giuseppe della casa di Davide. In Matteo, invece, che racconta a lungo la genealogia di Giuseppe da Abramo a Davide, l’Angelo parla solo a Giuseppe: «Non temere di prendere Maria tua moglie nella tua casa, perché ciò che è generato in lei viene dallo Spirito Santo». E continua dicendo che «Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’Angelo del Signore», senza menzionare il suo stato d’animo. G. Ladolfi, invece, fa di Giuseppe un personaggio a sé stante in questo dramma. In questo modo umanizza ancora di più Maria, a rischio della teologia, poiché ne fa una donna che sembra più preoccupata della prova imposta al marito («non voleva mostrare il suo dolore / di aver perso per sempre la sua gioia / di essere padre») che orgogliosa di portare in grembo il futuro Salvatore dell’umanità.

 

E Giuseppe mi amava?

Sì, di un amore che dona senza chiedere,

di un silenzio che sa soffrire,

di una calma che sa sperare.

 

 

Post scriptum

L’Immacolata Concezione di Maria è stata riconosciuta come dogma della Chiesa cattolica solo dal 1854. La credenza, tuttavia, risale a molto prima, almeno al Medioevo. Tra la fine del XV secolo e la Rivoluzione Francese, a Rouen si teneva un concorso di poesia in onore di Maria Immacolata. Il lettore, del resto, potrebbe essere interessato a scoprire come la Vergine Maria veniva cantata in poesia durante il Rinascimento. Ecco un estratto del Chant royal di Guillaume Tasserie, iscritto al concorso, in cui spiega perché la madre di Cristo doveva essere nata senza peccato:

 

C’è una ragione? sì, l’essenza divina

preferisce che sia affine a lei,

E se ella avesse sperimentato la violenza del peccato

anche solo per un momento, sarebbe stata indegna

[…]

Ma Dio la fece per virtuosa potenza

così che ella godesse dei beni celesti,

di cui deve avere fruizione completa

Colei che è la madre del Dio degli dèi,

bella senza peccato nel suo concepimento.

 

  • Ladolfi impiega un termine simile nella Notte oscura di Maria: «una luce / transumanò il mio essere».

 

*        *        *

 

 

 

*        *        *

 

Sonia Elvireanu et Giuliano Ladolfi aller-retour

Michel Herland

 

 

Écrire de la poésie à quatre mains, cela semble difficile, même si cela a été tenté, la poésie étant d’abord une affaire de ressentis, de sentiments. La traduction est autre chose : prenant la suite de l’auteur qui a exprimé sa sensibilité, le traducteur qui cherche certes à se couler dans le moule du poème initial ne peut pourtant faire lui-même œuvre de poète que s’il laisse s’exprimer sa personnalité propre. C’est pourquoi l’on a pu dire que traduire la poésie était également une tâche impossible, ce qui n’est pas faux si l’on attend d’une traduction qu’elle soit d’abord fidèle à l’original. Sonia Elvireanu et de Giuliano Ladolfi, respectivement roumaine et italien, associés ici dans deux ouvrages bilingues, écrivent aussi bien le français que leur langue maternelle.

Aller-retour remarquable que celui opéré par les auteurs de ces deux recueils, puisqu’ils se font tour à tour traducteur l’un de l’autre. Le Regard… un lever de soleil rédigé en français par S. Elvireanu est traduit en italien par G. Ladolfi ; La Nuit obscure de Marie rédigé en français par G. Ladolfi est traduite en roumain par S. Elvireanu. C’est ici les textes en français que nous examinons, faute des compétences linguistiques nécessaires pour juger de la qualité des traductions en tant que telles.

Déjà l’auteure du Souffle du ciel en 2019, puis du Chant de la mer à l’ombre du héron cendré en 2020, les deux chez L’Harmattan, Sonia Elvireanu n’en est pas à son premier coup d’essai comme poétesse de langue française. Si les poèmes du nouveau recueil sont souvent plus longs que précédemment, on y retrouve la même sensibilité à la nature empreinte d’un certain mysticisme panthéiste : Le Saint-Esprit est sur la montagne (in « La piété de la montagne »). La nature n’est pas qu’un objet à contempler, elle n’est pas même que vivante, la poétesse communie avec elle en une sorte d’osmose surnaturelle, à la limite douloureuse.

Tout ce qui existe dehors se trouve en moi aussi,
le jour et la nuit, la terre et le ciel,
la lune, le soleil, les étoiles, tout
est sable brûlant, brûlure infinie
(« Le sable »)

Il serait bien sûr exagéré de comparer l’expérience relatée ici par S. Elvireanu aux extases douloureuses d’une Thérèse d’Avila, néanmoins les termes qu’elle emploie peuvent faire penser à la « transverbération » (1) décrite par la sainte. S. Elvireanu invoque par ailleurs un miracle de l’amour et de la poésie à propos du verdissement éternel d’une branche de pommier (« Matin vert ») tandis que le Christ est directement présent dans le poème « Un nimbe de lumière sur un mur » : sur le mur blanc […] un homme d’une beauté divine […] rayonnant sur la croix de bois.

Autre mur, celui qui fonctionne comme métaphore tout au long du livre. Métaphore de l’obstacle à la création – Comme un mur qui ne te laisse pas aller plus loin (« Une tache de couleur ») – ou du mystère à déchiffrer (la pierre de Rosette, l’art paléolithique), jusqu’au mur enfin transparent à l’instar de la poésie qui dévoile le monde.

Un mur transparent te laisse voir
le monde derrière lui qui s’y reflète
(« Regarder par la vitrine »)

Les lecteurs de S. Elvireanu reconnaîtront sans peine les marqueurs de sa poésie avant tout lyrique inspirée par la nature – les mots oiseau, bleu, soleil, rivage, désert, par exemple, qui reviennent régulièrement –, ce qui n’empêche pas d’autres sources d’inspiration comme, dans le présent recueil, un voyage aux îles grecques :

sur le fil bleu de l’horizon,
l’ange,
la Mer Égée et le ciel

(« Le vêtement du jour »).

 

Giuliano Ladolfi a lui-même traduit en français sa Notte oscura di Maria publiée en italien en 2021, traduite ensuite en roumain par S. Elvireanu. Même si le titre, La Nuit obscure de Marie, semble faire référence à la Nuit obscure de Saint Jean de la Croix, la ressemblance s’arrête là. Chez Jean de la Croix « obscur » évoque en réalité simplement le secret qui entoure la rencontre surnaturelle, extatique de « l’aimée » (l’âme du croyant) et de « l’Aimé » (le Christ) : « Ô nuit qui a uni l’Aimé avec son aimée ». La nuit que traverse Marie est bien différente, c’est celle qui a saisi son âme après la mort de Jésus, nuit de déréliction et de révolte contre un Dieu absent :

Mais toi où étais-Tu quand le Juste
était crucifié sur la croix,
et criait, criait
qu’il était abandonné ?

Le texte ne se limite pas à cette protestation. Marie, dans cette nuit réellement obscure, se souvient des principales étapes de sa vie, telles qu’elles sont relatées dans les Évangiles  : l’Annonciation, le voyage jusqu’à Bethléem, l’adoration des bergers, des rois mages, le jeune Jésus face aux docteurs de la Loi, les Noces de Cana :

Sur la table, ces regards d’enfants
cherchaient du pain
Joseph et moi
nous attendions muets
que le mystère s’accomplisse.

Si Joseph est loin d’être un acteur central des Évangiles, il trouve toute sa place dans ce texte où Marie apparaît d’abord comme une épouse aimante et navrée par l’épreuve imposée à un Joseph obligé d’accepter un enfant qui n’est pas de lui :

Joseph… ce silence dans tes yeux
inquisiteurs sur mon ventre
[…] Je sentais ta souffrance, mon Joseph,
quand tu voyais mon ventre enflé.

Rappelons que les Évangiles synoptiques sont peu diserts sur la naissance de Jésus. Marc et Jean n’en disent mot. Luc raconte en détail l’Annonciation de l’Ange à Marie, ajoutant simplement qu’elle était fiancée à un certain Joseph de la maison de David. À l’inverse, chez Matthieu qui présente longuement la généalogie de Joseph depuis Abraham puis David, l’Ange s’adresse au seul Joseph : « Ne crains pas de prendre chez toi Marie, ta femme, car ce qui été engendré en elle vient de l’Esprit Saint ». La suite dit que « Joseph fit comme l’Ange du Seigneur lui avait prescrit », sans mention de ses états d’âme. Tandis que G. Ladolfi fait de Joseph un personnage à part entière de ce drame. Il humanise ainsi davantage Marie, au risque de la théologie, puisqu’il fait d’elle une femme qui semble davantage préoccupée par l’épreuve imposée à son mari (« il ne voulait pas montrer son chagrin / d’avoir perdu pour toujours sa joie / d’être père ») que fière de porter le futur Sauveur de l’humanité.

Et Joseph m’aimait-il ?
Oui, avec un amour qui donne sans demander,
avec un silence qui sait souffrir,
avec un calme qui sait espérer.

Post scriptum

On sait que l’Immaculée Conception de Marie n’est reconnu comme un dogme de l’Église catholique que depuis 1854. La croyance, cependant, était bien plus ancienne puisque remontant au moins au Moyen Âge. Entre la fin du XVe siècle et la Révolution, il a existé ainsi à Rouen un concours de poésie à la louange de Marie Immaculée. Nos lecteurs seront peut-être intéressés de découvrir, à titre de comparaison, comment on pouvait poétiser sur la Vierge Marie à la Renaissance. Ici un extrait du « Chant royal » de Guillaume Tasserie, présenté au concours, où il explique pourquoi il fallait que la mère du Christ naquît sans péché :

Raison pourquoy ? Car la divine essence
Le preveioit pour estre son affine,
Et si elle eust eu de peché violence
Par aulcun temps, elle eust été indigne

[…]

Mais Dieu a faict par povoir vertueulx
Qu’el ayt jouy des biens celestueulx,
Dont doibt avoir plaine fruition
Celle qui est mere du Dieu des dieulx
Belle sans sy en sa conception.

(1) G. Ladolfi emploie un terme voisin dans La Nuit obscure : « une lumière transhumanait mon être ».

“Mondes Francophones” https://mondesfrancophones.com/comptes-rendus-2/sonia-elvireanu-et-giuliano-ladolfi-aller-retour/

 

 

Immagine di copertina tratta dal video: https://www.youtube.com/watch?v=xysBadRRDwc&ab_channel=InstitutInternationalPourLaFrancophonie-2IF