«Parole all’orlo» – Wallace Stevens

«Parole all’orlo», rubrica di traduzioni a cura di Giovanni Ibello e Mattia Tarantino. Quattro poesie di Wallace Stevens

La casa era tranquilla e il mondo calmo

La casa era tranquilla e il mondo calmo.
Il lettore diventava il libro; la note d’estate

era come l’essere consapevole del libro.
La casa era tranquilla e il mondo calmo.

Le parole erano dette come non ci fosse libro,
per quanto il lettore chino sulla pagina

volesse poggiarsi, volesse essere
lo scolaro per cui il libro è vero, per cui

la notte d’estate è come un pensiero perfetto.
La casa era tranquilla perché così doveva essere.

La casa era parte del significato, parte della mente:
l’accesso della pagina alla perfezione.

E il mondo era calmo. La verità in una parola tranquilla,
dove non c’è altro significato, lui stesso

è calmo, è estate e notte, è il lettore
chino che legge fino a tardi.

Traduzione di Mattia Tarantino

***

The house was quiet and the world was calm

The house was quiet and the world was calm.
The reader became the book; and summer night

Was like the conscious being of the book.
The house was quiet and the world was calm.

The words were spoken as if there was no book,
Except that the reader leaned above the page,

Wanted to lean, wanted much to be
The scholar to whom his book is true, to whom

The summer night is like a perfection of thought.
The house was quiet because it had to be.

The quiet was part of the meaning, part of the mind:
The access of perfection to the page.

And the world was calm. The truth in a calm world,
In which there is no other meaning, itself

Is calm, itself is summer and night, itself
Is the reader leaning late and reading there.

***

Lebensweisheitspielerei

Sempre più fioca, la luce del sole cade
Nel pomeriggio. I superbi e i forti
Sono spariti.

Quelli rimasti sono gli incompiuti,
I finalmente umani
I nativi di un cielo minore.

La loro indigenza è propria della luce
un pallore di stella che pende dagli spiragli.

Poco a poco, la miseria
dello spazio autunnale diventa
un’immagine, alcune parole pronunciate.

Ogni persona ci tocca totalmente
con quel che è, così com’è
nell’inutile grandeur dell’annientarsi.

Traduzione di Giovanni Ibello

***

Lebensweisheitspielerei

Weaker and weaker, the sunlight falls
In the afternoon. The proud and the strong
Have departed.

Those that are left are the unaccomplished,
The finally human,
Natives of a dwindled sphere.

Their indigence is an indigence
That is an indigence of the light,
A stellar pallor that hangs on the threads.

Little by little, the poverty
Of autumnal space becomes
A look, a few words spoken.

Each person completely touches us
With what he is and as he is,
In the stale grandeur of annihilation.

***

L’angelo circondato dai paesani

Uno dei paesani:
C’è un benvenuto alla porta
a cui nessuno viene?

L’angelo:
Io sono l’angelo della realtà,
apparso per un momento alla porta.

Non ho ali di cenere, né segni del tempo,
e vivo senza una tiepida aureola

o stelle che mi seguono, né assistono,
ma sono parte del mio essere e del suo conoscere.

Io sono uno di voi ed essere uno di voi
è essere e sapere cosa sono e so.

Eppure sono l’angelo necessario della terra,
perché, nel mio sguardo, tu la vedi ancora,

ripulita dalle forme ottuse dell’uomo,
e quando ascolto tu ne senti il ronzio

tragico sorgere in liquidi inesauribili
come parole acquose infradiciate; come dicono

i significati ripetendo metà dei significati. Non sono
me stesso, ma la mezza figura di una specie,

una figura intravista, o a metà, o un momento, un uomo
della mente, una presenza appare e sembra

indossi abiti tanto leggeri che una svolta della mia
spalla e in fretta, troppo in fretta, sono andato?

Traduzione di Mattia Tarantino

***

Angel Surrounded by Paysans

One of the countrymen:
There is
A welcome at the door to which no one comes?

The angel:
I am the angel of reality,
Seen for the moment standing in the door.

I have neither ashen wing nor wear of ore
And live without a tepid aureole,

Or stars that follow me, not to attend,
But, of my being and its knowing, part.

I am one of you and being one of you
Is being and knowing what I am and know.

Yet I am the necessary angel of earth,
Since, in my sight, you see the earth again,

Cleared of its stiff and stubborn, man-locked set,
And, in my hearing, you hear its tragic drone

Rise liquidly in liquid lingerings
Like watery words awash; like meanings said

By repetitions of half meanings. Am I not,
Myself, only half of a figure of a sort,

A figure half seen, or seen for a moment, a man
Of the mind, an apparition apparelled in

Apparels of such lightest look that a turn
Of my shoulder and quickly, too quickly, I am gone?

***

Perché dovrebbe dare i suoi averi alla morte?

Perché dovrebbe dare i suoi averi alla morte?
Cos‘è il divino se arriva
Soltanto nelle ombre silenziose, nei sogni?
Non troverà forse nel tepore del sole,
Nei frutti fragranti e nelle ali, verdi e splendenti, o ancora
In ogni balsamo o dono della terra,
Cose da amare quanto il pensiero del paradiso?
La divinità deve vivere di sé:
Passioni di piogge o umori di nevicate
Cordogli solitari o smodate
Esultanze quando il bosco è in fiore; emozioni
A raffica sulle strade umide, notturni autunnali;
Tutti i piaceri e tutti i dolori, ricordando
La fronda dell’estate e il ramo d’inverno.
Sono queste le misure riservate a lei, all’anima.

Traduzione di Giovanni Ibello

***

Why should she give her bounty to the dead?

Why should she give her bounty to the dead?
What is divinity if it can come
Only in silent shadows and in dreams?
Shall she not find in comforts of the sun,r
In pungent fruit and bright green wings, or else
In any balm or beauty of the earth,
Things to be cherished like the thought of heaven?
Divinity must live within herself:
Passions of rain, or moods in falling snow;
Grievings in loneliness, or unsubdued
Elations when the forest blooms; gusty
Emotions on wet roads on autumn nights;
All pleasures and all pains, remembering
The bough of summer and the winter branch.
These are the measure destined for her soul.