Marina Pizzi (Roma, 5 maggio 1955) è una poeta italiana. Ha pubblicato decine di libri, tra cui ricordiamo Il giornale dell’esule (Crocetti, 1986), La devozione di stare (Anterem, 1994: Premio Lorenzo Montano), Le arsure (LietoColle, 2004), L’acciuga della sera i fuochi della tara (Luca Pensa, 2006), Dallo stesso altrove (La Camera Verde, 2008, selezione), La giostra della lingua il suolo d’algebra (Edizioni Smasher, 2012), La cena del verbo (Raffaelli, 2018), Feritoie ogivali (Bertoni, 2018), Afa epifanica dello steccato (Terra d’ulivi Edizioni, 2019), Caccia alla stracca (ItalicPequod, 2024) e Lapidi di periferia (edit@, 2024). È presente in Dimmi un verso anima mia: antologia della poesia universale a cura di Nicola Crocetti e Davide Brullo (Crocetti, 2023). Nel 2004 e nel 2005 la rivista di poesia online “Vico Acitillo 124-Poetry Wave. Electronic Center of Arts”, coordinata da Emilio Piccolo (1951-2012), ha nominato Marina Pizzi poeta dell’anno. Ha fatto parte – insieme a Massimo Bacigalupo, Milo De Angelis, Franco Loi, Tomas Tranströmer, Derek Walcott e altri autori – del Comitato di redazione della rivista internazionale Poesia, prima serie fino ad Aprile 2020. È redattrice del litblog collettivo “La poesia e lo spirito” e collabora con il portale di cultura “Tellusfolio”. Ha lavorato presso la Biblioteca di Area umanistica “Giorgio Petrocchi” dell’Università degli studi Roma Tre. È stata tradotta in persiano, inglese e tedesco. Molto proficua nel tempo la collaborazione con “Le reti di Dedalus” di Marco Palladini.
* * *
Varsavia scura di tristezza
sazia di guerra il ghetto a fuoco
lanciarsi dal dodicesimo piano
può bastare.
Stamberga di madre il perdono non serve
il gregario del figlio senza fiato
la via taciturna colma di papaveri
cadaveri rossi coperti di corolle.
*
Un cecchino bambino
sparò a mio padre.
Nacqui gemella col falso
sipario della prima assoluta.
Il fulcro del lutto mi trascinò
a vita. Fuochi fatui le lente
scie di lasciarsi andare.
*
Vorrei non essere né essere stata
dietro la porta sprangata
per salire le scale del patibolo
con il pasto pessimo del corridoio.
Mortali trappole fingono le soglie
le bambinaie immacolate di bianco
innamorati addirittura i binarî.
Spacciato all’altrove sconosciuto
il rimanente assale belva sfumata
scempio di enigma i martoriati assoli.
* * *
© Fotografia di Dino Ignani.