Marianne Boruch è una poeta americana e saggista. Tra le sue opere si ricordano Cadaver, Speak (2014); The Book of Hours (2011, Vincitore del Kingsley Tufts Poetry Award); Grace, Fallen from (2008); e Poems: New & Selected (2004). Il memoriale The Glimpse Traveler (2011), basato su un viaggio in autostopo compiuto nel 1971, oltre alle prose poetiche In the Blue Pharmacy (2005) and Poetry’s Old Air (1995). È stata visiting artist presso l’American Academy a Roma, ha insegnato alla Thunghai University di Taiwan ed all’Università del Maine in Farmington; ha sviluppato e ancora dirige il programma di scrittura creativa presso la Purdue University. Innunerevoli sono le onorificenze assegnate alla sua opera.
Marianne Boruch
da Cadaver, Speak (Copper Canyon Press, 2014)
Traduzione a cura del laboratorio di traduzione poetica monteverdelegge: Maria Adelaide Basile, Diana Marchionni, Fiorenza Mormile, Anna Maria Rava, Anna Maria Robustelli, Paola Splendore, Jane Wilkinson –
I testi sono stati riprodotti per gentile concessione dell’autrice da Cadaver, Speak, Copper Canyon Press 2014
AT THE FORUM
Outside, one statue keeps its head.
And inside the museum, so many puzzle pieces missing
in the frescos. Missing: a belly, a neck, an arm.
Among the upright stone figures, one
can’t really bear it, another leans in
to the touch. Heads crooked, eyes closed–
pain or ecstasy, who can tell.
Sleepers dream like that, passing through tunnels
of rest, unrest.
The point is sweet or not sweet at all, a face
staring down or straight on.
Hair curls uncombed until a headband stops it.
So many noses
just not there. Skin, like skin, ribs rough enough
shine under. The fragile scrotum, made of
stone now too, belies its grief
that the penis is gone. Shoulders draped
in the most opulent scarves fierced out, shattered,
soothed by mallet, by chisel. Opulent.
I never wrote
that word before. Others rise like
some moon-soaked cloud: Subgrundaria,
graves under the eaves. Bidentalia, places struck
by lightning– toxic, dangerous.
A rock buried there equals bolt. So that’s settled.
Just in case, a fence went up around it.
More marking: Pratica di Mare, Ficana and Ardea – the edge
they buried infants, children under ten,
to claim property, 620 B.C. It works. The wind cries.
In the museum, it’s over and over how those who walk and look
gaily ape the statues for the photograph home,
arm raised when
a stone arm is up, head turned
the same frozen angle.
To see and see. What to say. The bent figure of a woman
made of that stone.
A small hand on her lower back.
Nothing else left of the child once attached to it.
AL FORO
Fuori, una statua ha ancora la testa.
E dentro il museo, tanti i pezzi mancanti
negli affreschi. Mancano: una pancia, un collo, un braccio.
Tra le figure di pietra in piedi, una
si regge appena, un’altra
si inclina al tocco. Teste storte, occhi chiusi–
dolore o estasi, chi può dirlo.
Chi dorme sogna così, attraversando tunnel
di riposo, di non riposo.
Il punto è dolce o niente affatto dolce, un viso
che fissa in basso o davanti a sé.
Riccioli scompigliati finché una fascia non li ferma.
Tanti nasi
non più lì. Pelle, come pelle, costole appuntite
spiccano da sotto. Il fragile scroto, ora
anch’esso di pietra, non tradisce il dolore
per il pene sparito. Spalle avvolte
nel drappeggio più opulento strappate a forza, spaccate,
placate dal mazzuolo, dallo scalpello. Opulento.
Non ho mai scritto prima
questa parola. Altre si levano come
nuvole intrise di luna: Subgrundaria,
tombe sotto le grondaie, Bidentalia, luoghi colpiti
dal fulmine– tossici, pericolosi.
Una pietra sepolta là uguale folgore. Così la cosa è risolta.
Per sicurezza, una recinzione tutto intorno.
Altri segni: Pratica di Mare, Ficana e Ardea– il confine
dove seppellivano neonati, bambini sotto i dieci anni,
per rivendicare la proprietà, 620 a.C. Funziona. Il vento
piange.
Nel museo, è un continuo di gente che cammina e guarda
scimmiottando allegramente le statue per la foto ricordo,
braccio alzato quando
un braccio di pietra è in su, testa voltata
bloccata nella stessa rigida angolatura.
Vedere e vedere. Che dire. La figura piegata di una donna
fatta di quella pietra.
Una piccola mano sul fondo della schiena.
Nient’altro rimane del bambino che vi era attaccato.
ROM, DU BIST EINE WELT
– from the headstone of Hans Barth, buried near Keats in Rome
One vast ceiling in this city–
of course of course, Adam reaching a long way
to touch fingers with a god who
maybe is curious.
Two panels over, Eve takes an apple from
a human hand. We know better.
It never was a garden, how that arm morphs
from the snake of all snakes
a few feet away.
The old story. Threat,
meet dread. The deepest deep sea.
Or outer space with its
light years flashing through dark.
But never to end
loops and still breaks, color
violent, muddied, murdered in the making.
Paint toxic, a blue scarce-brilliant out of
Khyber and Persia, scaffolding so
look down, day grueling day, the most
twisted position to do
an angel’s wing right. Years, the swearing
up there, swirl and swell of rage,
the bad light
huge in the eye
that blinks back an ocean.
ROM, DU BIST EINE WELT
– dalla lapide di Hans Barth, sepolto a Roma vicino a Keats
Un’unica immensa volta in questa città–
certo certo, Adamo si allunga fino a
toccare il dito di un dio che
forse è curioso.
Due pannelli più avanti, Eva prende una mela da
mano umana. Noi la sappiamo più lunga.
Questo non è mai stato un giardino, come quel braccio prende forma
dal serpente dei serpenti
a poca distanza.
La vecchia storia. Minaccia,
incontra terrore. Il più profondo dei mari profondi.
O lo spazio infinito con i suoi
anni luce che lampeggiano nel buio.
Ma senza mai finire
s’incurva e ancora si spezza, colore
violento, torbido, ucciso nel farsi.
Pittura tossica, un azzurro poco brillante ottenuto da
Khyber e Persia, un’impalcatura così
guarda giù, ogni giorno più estenuante, la posizione
più contorta per fare bene
l’ala di un angelo. Anni, a imprecare
lassù, la rabbia che turbina e monta,
la cattiva luce
enorme nell’occhio
che rimanda un oceano.
OLD PAINTINGS
Someone always lifted into heaven–
the Son, Mary, the Holy Ghost in perpetual
hover, any number
of saints alone. Or a murder of them,
those martyrs, their gorgeous flight north
reward for fire, for stones, hot breath in the ear.
Tooth and claw, human style,
down centuries like a drip.
Night trains now, one from Milano to Roma,
blue blanket, blue sheets in the sleeping car,
a sink, a shelf, all racketing, lurching
over mountain, vineyards, cutting goat trails in half.
Human nature. The ticket guy
won’t warn us about it: someone keeps trying
our locked door all night. I hear that.
Then I dream that.
Violent too, how the paintings
rest, gallery after gallery
at the Vatican. St. Sebastian, his arrows in deep,
up to their feathers. And the crucifixions– this is the deadest
dead Christ we’ve seen, my husband says, the skin
pasty gray unto green, the head lolling.
Then St. Bartholomew (my grade school named for him,
I walked through his door), he can’t unlove
being flayed, standard
pie plate of halo off-gassing golden behind him.
I thought that ended it, passing
into funny
because of distance. Could.
It didn’t. Not the train,
not the door and door all night,
the rattle, dark
window of it nailed right to the wall.
DIPINTI ANTICHI
Qualcuno saliva sempre al cielo–
il Figlio, Maria, lo Spirito Santo in perpetua
sospensione, un gran numero
di santi solitari. O il loro assassinio,
quei martiri, il loro splendido volo verso nord
ricompensa per fuoco, pietre, fiato caldo nell’orecchio.
Zanne e artigli, alla maniera umana,
per secoli, uno stillicidio.
Treni notturni ora, il Milano-Roma,
coperta azzurra, lenzuola azzurre nel vagone letto,
un lavabo, un ripiano, tutto traballante, sbandando
per montagne, vigneti, tagliando a metà sentieri di capre.
La natura umana. Il tizio dei biglietti
non ci dice niente: tutta la notte qualcuno cerca
di forzare la nostra porta. Lo sento.
Poi lo sogno.
Violento anche il modo in cui i dipinti
riposano, sala dopo sala
al Vaticano. San Sebastiano, frecce conficcate
fino alle alette. E le crocifissioni– è il Cristo morto
più morto che abbiamo visto, dice mio marito, la pelle
terrea tendente al verde, la testa che pende.
Poi San Bartolomeo (la mia scuola elementare aveva il suo nome,
ho varcato la sua porta), non può non amare
di essere scuoiato, il solito piatto
da torta dorato per aureola che sprizza dietro.
Pensavo che finisse lì, diventando
divertente
col tempo. Avrebbe potuto.
Non è andata così. Non il treno,
non la porta e tutta la notte la porta,
lo sferragliare, il suo oscuro
finestrino inchiodato proprio alla parete.
Marianne Boruch è una poeta americana e saggista. Tra le sue opere si ricordano Cadaver, Speak (2014); The Book of Hours (2011, Vincitore del Kingsley Tufts Poetry Award); Grace, Fallen from (2008); e Poems: New & Selected (2004). Il memoriale The Glimpse Traveler (2011), basato su un viaggio in autostopo compiuto nel 1971, oltre alle prose poetiche In the Blue Pharmacy (2005) and Poetry’s Old Air (1995). È stata visiting artist presso l’American Academy a Roma, ha insegnato alla Thunghai University di Taiwan ed all’Università del Maine in Farmington; ha sviluppato e ancora dirige il programma di scrittura creativa presso la Purdue University. Innunerevoli sono le onorificenze assegnate alla sua opera.
Fotografia di Will Dunlap
Maria Adelaide Basile ha insegnato letteratura italiana presso la John Cabot University. Ha tradotto il poeta francese Alain Bosquet, Poeta in Francia (Milano, Scheiwiller, 1990) e ha pubblicato un estratto della sua traduzione di The Glass Essay di Anne Carson (Gradiva, 41-42, Spring/Fall 2012) ambedue con introduzione critica. Suoi saggi e poesie sono presenti in varie riviste. Il suo primo libro di poesie, Viaggi, edito da Campanotto nel 2014.??
Diana Marchionni, laureata in Lingue e Letterature Straniere alla Sapienza di Roma e vincitrice di un borsa di ricerca in Brasile, si specializza in European Project Management, collaborando in Italia e all’estero con diverse NGOs: Aidworld, Salute & Sviluppo, CIRPS, UNPO. Dall’incontro con una bambina affetta da Autismo decide di professionalizzarsi in Applied Behaviour Analisys & Verbal Behaviour, dedicandosi allo studio di problemi comportamentali. Il tutto, senza mai smettere di coltivare la sua passione antica: la traduzione dall’inglese e dal portoghese.
Fiorenza Mormile, coordinatrice del laboratorio, ha insegnato italiano e latino nei Licei. Ha pubblicato due sillogi poetiche: Le calibrate spine (Fermenti Editore, 1999) e Variazioni sul Lausberg (DARS, 2003). Suoi testi poetici, critici e traduzioni sono apparsi su varie riviste e siti di poesia. Ha curato l’antologia Corporea. Il corpo nella poesia femminile contemporanea di lingua inglese (Sasso Marconi, Le Voci della Luna 2009; con Loredana Magazzeni, Brenda Porster e Anna Maria Robustelli) e e curato assieme a L. Magazzeni, F. Mormile e B. Porster. La tesa fune rossa dell’amore. Madri e figlie nella poesia femminile contemporanea di lingua inglese (Milano, La Vita Felice, 2015)
Anna Maria Rava ha insegnato italiano e latino nei licei romani ed è stata lettrice di italiano alla Justus-Liebig-Universität di Gießen (Germania). È vicepresidente dell’Associazione Alzheimer Uniti Onlus, della cui rivista trimestrale è caporedattore e coordinatore editoriale.??
Anna Maria Robustelli, poeta e traduttrice, ha insegnato inglese nei Licei. È presidente dell’Associazione Donna e Poesia; suoi saggi e traduzioni appaiono in svariate riviste e siti di poesia. Suoi testi poetici tradotti in inglese sono presenti nel sito Free Verse. Nel 2009 è uscito Corporea, il corpo nella poesia femminile contemporanea di lingua inglese (Sasso Marconi, Le Voci della Luna) con Loredana Magazzeni, Brenda Porster e Anna Maria Robustelli) e e curato assieme a L. Magazzeni, F. Mormile e B. Porster. La tesa fune rossa dell’amore. Madri e figlie nella poesia femminile contemporanea di lingua inglese (Milano, La Vita Felice, 2015)
Paola Splendore, ha insegnato letteratura inglese all’Università di Roma Tre. Ha curato varie antologie poetiche: Passaggi a ovest. Poesia femminile anglofona della migrazione (Palomar 2008); Isole galleggianti. Poesia femminile sudafricana 1948-2008 (con Jane Wilkinson, Le Lettere 2011). Per la collana Poesia dell’editore Donzelli ha curato le antologie: Sujata Bhatt, Il colore della solitudine (2005), Ingrid de Kok, Mappe del corpo (2008), Karen Press, Pietre per le mie tasche (2012), e Moniza Alvi, Un mondo diviso, 2014. Nel 2015 ha tradotto per Donzelli il memoir La mia dislessia di Philip Schultz.
Jane Wilkinson ha insegnato letteratura inglese all’Università di Napoli “L’Orientale”. Tra i numeri curati per la rivista “Anglistica”, che ha diretto fino al 2012: Texts in Transit, dedicato alla traduzione (2001), e con Simon Gikandi Re-imagining Africa: Creative Crossings (2011). Autrice per Bulzoni dei volumi The Cripples at the Gate. Orson Welles’s ‘Voodoo’ Macbeth (2004), Remembering ‘The Tempest’ (1999) e Orpheus in Africa (1990), e per Heinemann di Talking with African Writers (1992). Con Paola Splendore ha curato Isole galleggianti. Poesia femminile sudafricana 1948-2008 (Le Lettere 2011).
Il laboratorio di traduzione poetica monteverdelegge ha precedentemente tradotto e pubblicato in Atelier poesie di Philip Schultz