Jean Portante è nato nel 1950 a Differdange (Lussemburgo) da genitori italiani (Abbruzzo). Vive a Parigi. La sua opera, che conta una cinquantina di libri – poesia, romanzi, saggi, pièce teatrali – è stata ampiamente tradotta. In Francia è membro dell’Académie Mallarmé dal 2006. Nel 2003 gli è stato attribuito il prestigioso Premio Mallarmé per il libro L’étrange langue (La strana lingua). Ha ricevuto numerosi premi, sia in Francia che in Lussemburgo o in altri paesi. Nel 2011 è stato premiato con il Premio nazionale del Lussemburgo per l’insieme della sua opera. L’anno dopo ha ricevuto il Premio internazionale del mondo francofono Benjamin Fondane. Il premio europeo Petrarca gli è stato attribuito nel 2014. E, nel 2022, ha ricevuto il Premio francofono di poesia del Festival internazionale di Montreal. I suoi libri, scritti in francese ed in italiano, sono pubblicati essenzialmente da PHI (Lussemburgo) e da Le Castor Astral (Francia), ma anche, in traduzione, in una ventina di paesi. Nel 2019 ha pubblicato il suo primo libro scritto direttamente in italiano: L’invenzione dell’ombra (Raffaelli Editore), seguito nel 2022 da Tu non c’era ancora (Edizioni La Vita Felice). Opere pubblicate in lingua italiana: Aperto chiuso. Poesie. Edizione EUROMA, Roma, 1994; La morte del padre. Poesie. En plein edizioni, Milano, 1999; Mrs. Haroy o la memoria della balena. Romanzo. Empiria. Roma, 2009; La cenere delle parole. Poesie. Empiria, Roma, 2011; Voglio dire. Poesie. La vita felice, Milano, 2012; I quattro tremori del giardino. Poesie. La vita felice, Milano, 2016; L’Aquila. Prosa poetica. REA Edizioni, L’Aquila, 2018; L’invenzione dell’ombra. Poesie. Raffaelli Editore, Rimini, 2019; Tu non c’era ancora. Poesie. La vita felice, Milano, 2022; La strana lingua. Poesie. Edizioni Kolibris, Ferrara, 2023.
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Si dice che morire sia una tazza di oscurità
E si dice che bere da quella tazza
Non impedisce di vedere
Che gli uccelli che passano
Hanno un pezzo di tempo nel becco.
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Colui che è entrato in questa battaglia
Ha sangue nelle orecchie
Ha anche la battaglia
Nella metà della sua bocca
E nell’altra metà
L’inverno mastica l’autunno
Chi dice che la notte ti vorrà
Quando si dovrà dormicchiare.
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Sulla tua nuca ci sono macchie di sangue interiore
Come se l’anima ti avesse morso
E lo sai che un’anima che morde
È la testa di ponte dell’oscurità
Lo sai che in essa ogni sentinella
Conta i giri di guardia
Finché tu entri
Nel dominio della distanza.
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Lanci la vecchia luna
Sulla pista dell’erranza
Rulli la luna come si rulla le erre
Ronfi le erre alla luna dormiente.
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La poesia non apre mai gli occhi
E anche la notte non apre mai gli occhi
E l’acqua quando li apre mette un mucchio
Di ossa nella memoria
Volano le ossa
E danno al pensiero che passa
Un pezzo di durata
Non è forse quello che fai
Quando versi un pezzo di te
Nella tazza del tempo.
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È come se non ci fosse nessuno
Nella tua pelle
Sei si direbbe uscita da te stessa
E hai fatto un giro per la stanza
Lo si vede dalle lenzuola piegate e dalle piante innaffiate
Sembra anche che tu sia stata vista nei corridoi
E anche nella foresta ti hanno incontrata
E in stazione soprattutto ai piedi della montagna
La piccola stazione dove ardeva la luce
Quando sei partita e hai messo il chiavistello
Da un lato e dall’altro la chiave
Perché non si deve mescolare le assenze
Quando si esce dal suo corpo.
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La porta che si apre davanti a te
Ha una bocca di notte
Sulla sua lingua balla l’inverno che finisce
Travestito da ingresso principale
Un po’ più in basso passa il mese di marzo
Si direbbe l’anno che finisce
Si direbbe un flusso di marzo
Preso in una bocca di notte.
© Fotografia di Pascual Borzelli Iglesias