Giovanni Laera (1980) è un poeta originario di Noci, centro in provincia di Bari. Dottore di ricerca in “Linguistica italiana” presso l’Università degli Studi di Torino, è autore di diversi libri e articoli su lessico, onomastica e folclore nei dialetti del Mezzogiorno. Con il Centro Studi sui Dialetti Apulo-Baresi, di cui è socio fondatore, ha dato vita nel 2018 alla rivista “Lingua gnostra. Quaderni di studio sui dialetti apulo-baresi”. A giugno uscirà per Pietre Vive Editore il suo primo volume di poesie dialettali intitolato “Fiore che ssembe”.
Giovanni Laera
Inediti
Da “Fiore che ssembe”
Addumuè
Ce stè addumuèsce u sole
ch’u sckrejèle d’u virne e na parole
de fume azzurre azzurre rete i dinde?
’A lenghe é nu muaruche
e leve i puérne aqquanne strissce ’a notte
jind’a’ veve d’i stedde, i mene vonne
com’anemele nanguse de nùvele
i pite sò de pòvele.
Però ce stè addumuèsce
ce stè addumuèsce u sole?
Domare
Chi sta domando il sole / con la frusta dell’inverno e una parola / di fumo troppo azzurro dietro i denti? // La lingua è una limaccia / e leva i porri quando la notte striscia nella / bava delle stelle, le mani vanno / come animali voraci di nuvole / i piedi sono polvere. // Però chi sta domando / chi sta domando il sole?
*
Da “Maritmia”
Ti porto un po’ di azzurro Polignano
e nella tua tazzina forse un sole
già brilla e scalda piano quella casa
piccola e ossuta mano sopra il mare.
Fissi la primavera ora che viole
lancia sulle scogliere alte di vita.
«Saremmo stati…» dici: e siamo noi
in un’altra esistenza fiorita.
*
Non è il tempo che avanza: è il tuo mare
che in furie azzurre pullula urta abbranca
perché un’orma di te stampi nel nulla
una conca di sale bianca bianca.
Ciuffi di salicornia sugli scogli
si straziano agli sbuffi del maestrale. –
Nella tua bocca sto imparando il mare
la fresca verità dei nostri corpi.
Fotografia di proprietà dell’autore.