Gabriele Guzzi, “Un volto dal vuoto” (peQuod, 2023)

Nota a cura di Giuliano Ladolfi

Da un vuoto a un volto: l’itinerario poetico di Gabriele Guzzi

 

La raccolta di poesie di Gabriele Guzzi, dal titolo Un volto da un vuoto (peQuod, 2023), “provoca” il lettore fin dai tratti dell’immagine di copertina che raffigura un viso dai lineamenti incompleti e induce a seguire l’autore in un itinerario che dall’indefinito approda a un primo provvisorio risultato concreto, al quale non è estraneo il percorso di studi effettuato nel periodo di composizione: la laurea e il dottorato in Economia Politica.

Questo rapporto delinea uno sviluppo all’interno delle quattro sezioni di 12 testi ciascuna alla ricerca dell’incarnazione/incosazione della parola.

La prima riprende il titolo della raccolta e guida il lettore mediante immagini spesso tratte dal mondo animale. Immediatamente incontriamo Il capodoglio, il quale simboleggia la necessità dell’essere umano a scendere in se stesso «prima di dire una parola», poi l’iguana, capace di attirare la preda. Il poeta riprende l’esortazione agostiniana a ricercare la verità nell’interiorità («Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas») e un primo risultato consiste nel recupero della speranza, che induce a iniziare il cammino («Vedemmo l’aurora») alla ricerca di una terra «dove poter[si] trapiantare», magari su “pascoli erbosi” o in famiglia, all’interno di una visione religiosa dell’esistenza.

Qualche linea appare, ma non un disegno, nella seconda sezione dal titolo L’ambiguità della soglia anche perché la meta non appare con chiarezza; la complessità del reale richiede la responsabilità e la disponibilità totale («Non ho nulla con me»; «Bisogna rallentare per vedere») dell’essere umano per essere scoperta. A tal proposito neppure la voce dei poeti potrebbe giovare («I poeti potrebbero tacere / Per almeno un millennio»). Il presente è incerto, anche se qualche segno inizia a profilarsi («Le altre forme danno corpo al profilo / iniziale»): il ricordo della nonna e l’attitudine a raccogliere i pensieri.

La terza parte, Azione di popolo, presenta un profilo decisamente diverso, di carattere esistenziale: il complesso mondo poetico si incarna e assume una dimensione “politica”, concetto che va inteso non in senso rigido, ma come un ampio orizzonte che comprende la straordinaria ricchezza della persona umana in tutte le sue dimensioni: fisiche, psichiche, individuali e sociale, attuali e storiche. E la legge delle cose (economia) si trasforma e si attua nella legge della poesia, perché, secondo l’autore, per rigenerare una economia secondo i valori umani occorre una nuova poesia che nella “politica” includa anche la sfera religiosa.

Il lessico si concretizza, la rappresentazione della natura lascia meno spazio alla ricerca di metafore, il pensiero poetante si cala nella realtà quotidiana, sostanziata dal «risveglio / Degli aranci», dall’amore paterno, dal suono delle campane di un matrimonio, dal «mormorio dei figli e delle figlie» («E sarai Gabriele, veramente, il figlio / Mio, colui che ho sempre amato»). E il Re non tarderà a venire nell’«ora della statistica» e il singolo poeta diverrà la voce del popolo, perché il fondo è stato toccato. Abbiamo bisogno di «scavare / Non costruire»: Dio si trova all’interno dell’individuo. Allora si potrà scoprire che la gioia è una “condizione collettiva”, non “personale”.

Il “viaggio” giunge alla conclusione nella sezione Il mestiere dello sposo: qui il poeta si riappropria della parola ed estende la propria esperienza «in compagnia delle generazioni / Come incontri quotidiani» e, come il marinaio, «canta» e «allarga / La vastità delle […] rotte». Gli sembra in entrare in un Nuovo Testamento, anche se «La parola fa patire al poeta / I lampi del suo domandare». Al Padre egli chiede «la tecnica del ritorno» nella “casa” dell’esistente, dove la parola si allarga per abbracciare la totalità della vita. L’autore avverte che è giunto il tempo di iniziare un nuovo cammino che si traduce in una suprema aspirazione: «Solo l’amore il voglio, / Essere in piccolo / Vangelo».

A questo punto dal vuoto appare un volto!

Questo percorso di formazione umana e letteraria di Gabriele Guzzi dai venti ai trent’anni pare ripercorrere l’itinerario stesso della poesia italiana (e non solo) alla ricerca del contatto con la vita, come documentato nei cinque tomi La poesia del Novecento: dalla fuga alla ricerca della realtà. L’autore si identifica nella figura dell’homo quaerens, il ricercatore inesausto di significati e di verità che, come l’Ulisse dantesco, è arso dalla sete di conoscenza e non teme di inoltrarsi nell’«alto mare aperto»; è disposto a rivedere le proprie posizioni, spazia per tutti i campi del sapere, si mette in discussione per trovare i punti deboli delle proprie convinzioni. Dove approderà la “navicella del suo ingegno”? Solo il futuro lo potrà rivelare.

 

 Giuliano Ladolfi

 

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Gabriele Guzzi è nato (1993) e risiede a Roma. Laureato con lode alla Luis e alla Bocconi. È stato consulente economico a Palazzo Chigi e al Dipartimento della Programmazione Economica della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Insegna storia economica all’Università di Cassino. Suoi contributi sono stati pubblicati su quotidiani e su riviste. Un volto da un vuoto è la sua raccolta d’esordio.