L’ombra lunga della Torre di Siena segna l’ora amena dell’aperitivo, la meridiana in Piazza del Campo «dettava i ritmi lenti...
Elisabetta Motta, Mostri e prodigi, Pendragon, Bologna 2021 Conosco buona parte degli scritti di Elisabetta Motta: i libri su Pusterla,...
Carte d’imbarco Bruno Galluccio, poesie / Lino Fiorito, acqueforti Il Laboratorio di Nola La carezzevole morbidezza della carta, le parole...
Una favola teatrale A cura di Antonio Fiori La bambina dai capelli rossi, L’altra bambina, Canzoni di culla, L’uomo...
A cura di Irene Ester Leo “Ma di cosa sei fatta, tu?” “Di quello che ami” disse lei. “Più...
“Terrore di amarti in un posto così fragile come il mondo / pena di amarti in questo luogo di imperfezione...
Marco Maraldi Prima della luce Kolibris, 2021 . Libro poetico d’esordio che piacevolmente sorprende, costruito per contrasti tematici, esitante ma...
Fabio Franzin "Corpo dea realtà - corpo della realtà"
(Puntacapo editore)
Lettura di Piergiorgio Viti
(Puntacapo editore)
Lettura di Piergiorgio Viti
Esco di casa dopo aver visto lo struggente “Sorry we missed you” di Ken Loach e mi torna in mente “Corpo dea realtà - Corpo della realtà” (Puntoacapo editore) dell’ottimo Fabio Franzin, letto meno di un mese fa. Il libro, già vincitore del V premio Fortini, e il film sembrano viaggiare su binari paralleli: la precarietà esistenziale e la disgregazione dei rapporti umani, schiacciate entrambe dalle coercitive regole del mondo del lavoro. Sì, quel lavoro che logora, consuma, che sembra in grado di annullare persino la vita stessa dell’autore veneto, classe 1963, poeta-operaio come lo fu, a suo tempo, Luigi Di Ruscio, il quale per anni lavorò in una fabbrica di chiodi in Norvegia. La dura condizione lavorativa, già ampiamente trattata da Franzin nelle precedenti sillogi, come per esempio in “Fabrica” (a quando una ristampa?) assume sempre di più i connotati di un Purgatorio dove la natura umana è continuamente violata. Alla crisi economica, sociale, antropologica non si può che opporre però una sterile resistenza, per cui “Scrivere è cancellare”: al poeta rimangono soltanto le parole, le poche parole “per resistere/, per rimanere a galla nel fondale della storia.”. Paradigma di questa strenua resistenza è il testo “Partigiano della terra”, tra i più notevoli; in una vasta area in cui sorge il centro commerciale di Marcon, l’autore nota l’unica casa contadina rimasta; il “partigiano della terra” , fra mega supermarket, outlet, parcheggi e rotonde, mai arresosi al cancro della speculazione, è lì che continua a vivere la sua vita semplice, arcaica, tuttavia forse per questo più autentica. La condizione da “sopravvissuto” fa dire a Franzin, in una chiusa-manifesto pregna di umana compassione, che “mi sento fratello/ di quest’ultimo partigiano della terra”.
«Siamo tutti qui per fare tentativi e offrire la nostra personale declinazione di racconti e poesia». Iniziano così, con questa...