Anna Ruotolo – Inediti

 

Anna Ruotolo (Maddaloni, 1985) vive e lavora a Milano. Ha pubblicato Secondi luce (LietoColle 2009), Dei settantaquattro modi di chiamarti (Raffaelli 2012), Telegrammi/Telegramas (’round midnight 2016, poesie bilingue italiano/spagnolo, traduzione a cura di Jesús Belotto), Le stelle dormono a nord (Fara editore 2021), Te voi repeta în numele lucrurilor/ Ti ripeterò nei nomi delle cose (Eikon Cosmopoli 2023, traduzione in rumeno di Eliza Macadan) e Prodigi (peQuod 2023). Suoi testi sono apparsi in varie antologie, nelle riviste «Poesia», «Capoverso», «Poeti e Poesia», «Italian Poetry Review», «Gradiva», «La Clessidra», «UT» e, in traduzione di Jesús Belotto, sulla rivista internazionale «Poe +» e nell’antologia rumena di poeti italiani «Poezia» (traduzione e curatela di Eliza Macadan), in blog, siti e webzine (Nuovi Argomenti, Nazione Indiana, Poetarum Silva, Atelier, Poesia del nostro tempo e altri). Nel 2023 ha partecipato al format Raipoesia2022, a cura di Luigia Sorrentino.

 

 

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Eccoli, i corridoi di pace
le luci gialle del mezzogiorno
e l’aria finalmente di acacie
e di tetti merlati e di acqua che si
scuce, e di bottiglie lucide nei secchi
i quartieri che bruciano nel sole:
e tutto questo è una poesia.

 

 

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Mi hai poggiato
la luce nel cuore
un aereo saliva su nell’oscurità
e se fosse che non siamo soli
io nella solitudine accenderei
il cerchio acceso
portato da te.
Per anni e anni avevo inteso
che qualcosa disegnasse
i profili degli alberi nell’ombra
e ogni direzione fosse nel fuoco
di un occhio che sempre ci vede.
Quelle piccole mani
che nella parte dove batte il mio tempo
hanno poggiato una luce
sono la morte che è viva davanti al buio.

 

 

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Mamma, se provassi a tirare
questa cordicella?
È soffice, è nuova in questo cielo,
io voglio tutte tutte le tue poesie
voglio la febbre e mangiare con te
che cadano sui miei stivaletti
le foglie e le spine
che tu mi dica che un giorno
avrò dimenticato e avrò da imparare
di nuovo: questo l’uovo, quella la grande
signora azzurra, mamma guarda l’acqua!
E io sono un pesce da salvare
e tu mi tirerai dalla bocca della balena.
Mamma, grazie del mio raccontino
del mio libricino, del cuoricino
solo sognato. Ma io vorrei cadere
adesso dal vuoto fin nella tua pancia,
questa cordina apre qualcosa
una finestra nascosta, io posso scivolarci
dentro e io da qui e da lì
voglio vedere che dai tuoi occhi
nascono le gemmette del grano.

 

 

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In questo momento, in questa riga
in questa poesia inventata
mio padre ha settantadue anni
e centocinquantaquattro giorni
e già gli scorre sulle tempie il prossimo secondo
e quando avrò finito di scrivere avrà
tantissimi minuti in fila, a bussare.
Immagino aprirà. Sempre apriamo alla suprema
perdita. Sempre permettiamo alla carne
di ripartire e lasciare che i misteri
siano bluastri e nebbie profondissime.
In questo momento vorrei dire a questo
mio padre amato che questa poesia
è nel libro bianco numero millenove
che insieme siamo andati a seminare
le parole sotto l’albero del vento
e ora il mondo legge la grande storia
dalla quale veniamo e usciamo
per mezzo della minuscola porta.

 

 

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© Fotografia di Lino Verdicchio.