Alessandro Fo (1955) vive a Siena, dove insegna Lingua e Letteratura Latina all’Università. Ha tradotto e curato per Einaudi: Rutilio Namaziano, Il ritorno (1994); Apuleio, Le Metamorfosi (2010) e La Favola di Amore e Psiche (2014); Virgilio, Eneide (lettura integrale: https://www.spreaker.com/show/3285688); Catullo, Le poesie, 2018 (specimina di lettura: https://www.spreaker.com/show/alessandro-fo-legge-le-poesie-di-catullo). Si occupa anche di letteratura italiana contemporanea: ha curato varie raccolte di scritti di Angelo Maria Ripellino, un’antologia di Guido Gozzano (I colloqui e altre poesie, Internopoesia 2020) e, insieme a Eraldo Affinati e Gianmario Villalta, l’integrale delle poesie di Pierluigi Cappello (Un prato in pendio, Bur Contemporanea 2018). Suoi libri di versi: Otto febbraio (Scheiwiller 1995); Piccole poesie per banconote (Polistampa 2002); Corpuscolo (Einaudi 2004); Vecchi filmati (Manni 2006); Mancanze (Einaudi 2014: Premio Vareggio-Rèpaci); Esseri umani (L’Arcolaio 2018); Filo spinato (Einaudi 2021).
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Megaron e corsia
Una delle aporie dell’Odissea
– ci spiegava Luigi Enrico Rossi –
è quell’asta che, nel palazzo, Atena
(l’asta sua forte, dalla punta in bronzo
con cui lei stermina schiere di eroi),
trasformatasi in Mentore, dimentica…
Anche Elena, la moglie di un poeta,
Elena Panicucci si è scordata,
una volta dimessa, il suo bastone:
«Vai tu a recuperarlo in ospedale?»
Ma allora il COVID non lasciava entrare.
Pochi mesi più tardi, Elena è morta.
E il suo bastone, come l’asta antica
nell’astiera di Odìsseo, con le lance
già dell’eroe, nel megaron ombroso,
per sempre resterà fra le aporie.
Dimenticato in qualche magazzino
o, prima o poi, chissà, gettato via.
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Via Chiassi 16
per i Bernardi Perini
Ritrovarsi di ritorno a Mantova,
ma non ritrovarvi ad animarla
ora, Giorgio e Adriana, trasmigranti
illuc unde negant redire quemquam.
Passeri saltellano cercando
briciole cadute fra le sedie,
una mosca si sfrega le zampine
sul tavolo di questo Chiosco viola.
Mano nella mano, insieme mangiano
due ragazze, scopertamente amanti.
Sole, intorno, e bellezza, sempre incantano,
ma lì accanto il portone vostro è chiuso:
un memento.
Basterebbe, intanto
suonare a un qualche studio, la cui targa
manda avanti la vita rammentando
le manovre e il chiasso che mantengono
tutti i traffici.
Ma non serve: tanto,
non aiutano in quanto mi mancate,
e, di più, in quanto voi mancate a Mantova.
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Verso la Pasqua del 2022
La Missa in coena Domini era piena.
Molti fedeli sedevano fuori,
vedendo gli altri dentro di profilo,
l’ultima fila (attardati, ritrosi…).
Cosa cercavano questi fedeli?
La vita eterna… O almeno la speranza
di rivedere un dì i cari perduti,
la madre, il figlio (molti erano anziani,
molte di conseguenza le amissioni)…
la sposa,
il padre,
l’amico,
la sorella…
O cercavano un senso a tanto male.
Per rieducarsi a scrivere, frattanto,
un collega colpito dal suo male
sta ricopiando tutta l’Odissea.
Molto presto, stamani, ancora chiuse
se ne stavano le margheritine
in attesa del giorno, del sole.
Quale congegno le fa funzionare?
Con nubi bianche, un cielo molto azzurro.
Nell’aria un buon odore di minestra
come quelle dei tempi dell’asilo…
Qui, sperando, cercavano speranze.
Erano gente comune a una messa.
E nello stesso tempo erano l’uomo
sistemato alla meglio nel profondo
della terra a Kiev (nella metro,
riparo dalle bombe) – che vive
e legge intanto un libro (l’Odissea?).
Erano nel contempo i due ragazzi
innamorati, che avevano aperto
il bagagliaio dell’auto, e lì seduti,
abbracciati, le gambe penzoloni
fra le ruote, guardavano il tramonto.