Loriana d’Ari
silenzio, soglia d’acqua
Arcipelago itaca, 2021.
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Vincitrice della sesta edizione del Premio “Arcipelago itaca” per ‘Opera inedita in versi – Opera Prima’ e segnalata al Premio Montano 2020: si presenta così questa bella raccolta d’esordio di Loriana d’Ari, psicoterapeuta genovese vocata dalla poesia. L’acqua è da sempre elemento centrale d’interesse poetico, sia per le molteplici scelte metaforiche che consente, sia per la sua polisemia fisica e concettuale: fonte di vita, luogo rigenerante, ma anche scelta per l’abbandono della vita e custode di un mondo diverso e misterioso, sottomarino. La linea di confine tra terra e acqua poi, l’eterno frangersi dell’onda sulla riva, è a sua volta simbolo vivente di una soglia verso l’alterità. E la poesia di Loriana d’Ari è pienamente partecipe di questa polisemia, in cui inserisce, sin dall’inizio, anche il silenzio come simbolo affine all’acqua per la contiguità con la voce, col suo contrario, come l’acqua con la terra. Mario Formularo, nella prefazione, definisce quest’acqua “emblema trasfigurato di una coscienza primigenia, simbolo di un approccio infantile e spontaneo all’esperienza del mondo” e aggiunge un’importante osservazione: la preghiera è la forma espressiva scelta dall’autrice per aprire e chiudere il libro. A questo punto posso dire d’aver avuto anche qui la prova di alcune ‘ragioni’ della poesia: a) ci sono mestieri particolari, a contatto quotidiano col dolore, che originano poesia (e tra essi il lavoro psicoterapeutico, professione di Loriana d’Ari); b) il silenzio interroga e seduce da sempre la voce del poeta, ma bisogna saperlo ascoltare: quando tutto tace, l’orecchio riposa/ sulla riva: è suono l’occhio/ diamante…; c) la poesia sta riscoprendo – e adottando sempre più convintamente – le forme della preghiera; d) la poesia, più d’ogni arte, educa alla morte: sono nostri questi morti, i nomi li abbiamo graffiti/ nei vasi, sottopelle. ed è tutto un frugare/ di labbra franate sui cocci, aguzze a cantare la sete; e) la sola possibile felicità è nell’infanzia (e la poesia può ridarcene frammenti): c’è un sonno bambino/ nel seme gheriglio di luce/ non sa niente, non ha voce/ ma solo una quiete radiante/ una vita per molte sognate. Naturalmente, in questa raccolta, ognuno troverà riconoscimento o straniamento, a seconda del testo e della propria biografia ‘emotiva’, mentre il rifiuto delle maiuscole e le scelte di brevità e coniugazione verbale contribuiscono a fissare il verso per ritornarci subito, come accade con la migliore poesia.
Antonio Fiori
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perdona voce bianca mia chiara
di luna nota d’ortica strinata
crepa, perdona verde linfa tra
i denti filo d’erba corda
tesa in eclissi perpetua di fiato
questo nodo scorsoio che stringo
e allento, l’estrema torsione
di abisso e canto
*
quando tutto tace, l’orecchio riposa
sulla riva: è suono l’occhio
diamante, denso di luce nel palmo
che incombe, sul fondo i girini
tonde pupille a sgusciare tra i sassi
*
silenzio, soglia d’acqua
fiore che sanguina in bocca
aspra nei tagli la trama di
nude corolle, sillabe cave.
per ogni spina che raschia
la gola, qualcosa scollina
si stacca: fogliolina
che cavalca nel vento la caduta
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Loriana d’Ari vive a Genova, dove lavora come psicoterapeuta. Ha pubblicato su riviste e blog letterari e ricevuto riconoscimenti e segnalazioni in vari premi, tra cui “Ossi di seppia” e “Bologna in lettere”. Silenzio, soglia d’acqua, che è la sua opera prima, è stata anche segnalata al premio “Lorenzo Montano”.