Dario Goffredo (1974) vive e lavora a Lecce. Sue poesie e racconti sono apparsi su diverse riviste e antologie. Ha pubblicato Atti minimi di resistenza con Spagine (2016) e Alfabeto affettivo (2020) con Musicaos Editore.
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Io sono un attraversato noi
che cammina ai bordi di una strada in protesta
tuonando (la strada) bisogni e tempesta.
Sono un malcelato noi, un’arringa estrema
a difesa caduta
il fiore portato e mai ricevuto.
Io sono un consumato noi
la sigaretta spenta
entrando in teatro
quel ballo di gruppo
che mai ho potuto imparare.
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E che freddo nell’ora del coprifuoco
in questo inverno 2021
che sembra iniziato da sempre
e non voler finire mai
con un campionato finalmente aperto
dopo nove anni di strapotere bianconero
e mio padre, lui sì, incazzato nero
che certi acquisti non gli scendono.
Ci vorrebbe una storia commovente
non proprio strappalacrime
ma che piaccia al pubblico tutto intero.
Ce l’hai una storia così
da gettare ai pescecani?
Una storia a lieto fine, ce l’hai,
che faccia piangere mia madre?
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Che colpa ne ho se il cielo dei poeti non sta mai fermo.
Se ai pugni non sono stato mai bravo e mi piace la luna.
Se la mia mente si contorce e se mi arrabbio.
E mi arrabbio ancora se nell’inverno del 1944
in seguito al proclama del feldmaresciallo Alexander dell’esercito inglese
il comitato di liberazione nazionale ha ordinato
a tutti i partigiani allora in montagna di disperdersi.
Se della mia morte mi fa paura non poterla vedere.
Che colpa ne ho io se quando mi guardi mi sciolgo.
Se alla classe operaia era promesso il paradiso
e a noi quel che resta.
Che colpa ne ho io se il futuro è quel che rimane
di un passato che non ho mai controllato.