Prisco De Vivo – Il lume della follia, Oèdipus 2019, pref. di Alfonso Guida
Prisco De Vivo è nato a Napoli nel 1971 e vive ad Avellino. Ha pubblicato i volumi di poesie: Dell’amore del sangue e del ricordo (selezionato al Premio Pascoli 2005) (Il Laboratorio/Le edizioni, 2004, prefazione di Plinio Perilli e postfazione di Raffaele Piazza), Segni e parole (In una notte oscura e uggiosa) (Il Laboratorio/Le edizioni, 2006, lavoro di poesia/immagini a quattro mani con Raffaele Piazza), Dalla penultima soglia (Marcus edizioni, 2008, prefazione di Marcello Carlino), Ad Auschwitz (Il Laboratorio/le edizioni, 2009, prefazione di Enzo Rega e postfazione di Antonella Cilento), ha ricevuto per la raccolta Il lume della follia il secondo posto del Premio Nazionale Minturnae XXIII edizione per l’inedito, 2009.
È stato incluso in varie antologie tra cui : Melodia della terra (Secondo Volume) 2006 (Crocetti editore, a cura di Plinio Perilli), Da Napoli, Verso Kairos editore, a cura di Antonio Spagnuolo e Stelvio Di Di Spigno) 2007 (Poeti e Pittori di [Secondo Tempo] 2013 Marcus Edizioni , a cura di Alessandro Carandente e Marcello Carlino).
Le recensioni sui suoi testi poetici e le sue poesie sono apparsi su: Poiesis, Risvolti, La Clessidra, Pagine, Gradiva, La Mosca di Milano, Secondo Tempo, Capoverso, Poesia, Repubblica, La Stampa, Il Mattino, Sinestesie, Zeta, Cenobio, Trimbi, Clandestino, Graphie, Poeti e Poesia, Frequenze Poetiche.
Ha collaborato a diversi periodici e riviste d’arte e letteratura, italiane e straniere, cartacee ed on-line, inoltre è stato presente a mostre di poesia visuale e recitals poetici.
Si è occupato di saggistica, scrivendo su poeti come: Pier Paolo Pasolini, Dario Bellezza, Camillo Capolongo, Guido Ceronetti, Rubina Giorgi.Nel 2019 pubblica il volume di poesie e immagini Il lume della follia Oèdipus edizioni.
PRISCO DEL VIVO, “IL LUME DELLA FOLLIA” OEDIPUS 2019 PREFAZIONE DI ALFONSO GUIDA
Quella di Prisco De Vivo è una poesia raccolta dalla possibilità della speranza nella malattia. Si può ancora sperare quando il cervello è in tutte le sue parti ferito? Non si può far luce della vita di ogni giorno, ma di un’altra vita, di un altrove da dove spunta l’atto di creazione. E qui c’è la follia che nel tempo rende flaccide le menti e la follia che esplode come una genesi, come un’apparizione veterotestamentaria, in tutta la sua rigidezza.
Se da un lato c’è lo zio internato e forse sdentato, senza più le forze della gioventù, colpito a vita nell’invisibile, dall’altro c’è una slavina di dediche ad autori su cui la stimmata della follia si è impressa come la falce della morte, come il segno rupestre, il grumo incancellabile, una piaga da cui sgorgano cipressi alti e scossi come fiamme nel caso di Van Gogh o fantocci sul proscenio del teatro “Alfred Jarry” messo su Artaud per creare spavento, sussulto nello spettatore.
Uno spavento che nei versi di Prisco si evidenzia come Gabriele, colui che annunciò.
Il legame tra follia e religione passa attraverso la visionarietà, l’implorazione, il misticismo delle sante che in questi versi appaiono come spettralità immanenti nella stanza del dispotismo di Sylvia Plath, a cui l’autore sembra essere molto legato.
Metafore liturgiche, sacramentali. Candelieri e oggetti votivi o talismani di crisalidi per scongiurare il precipizio senza restituzione di Orfeo. Ma è più presente la metafora biblico-cattolica che quella pagana. Non appare il sentimento della colpa, ma la bellezza della sensualità nell’abbandono. Prisco resterebbe per ore ad ammirare la Teresa d’Avila del Bernini o i versi di Hölderin, che chiuse a chiave la sua mente nella Torre di Tubinga quando cominciò a farsi afasia, assenza di lingua. In Prisco De Vivo il linguaggio scarno e variegato si adegua alla forma epigrammatica. Non è un elogio della follia, ma un voler guardare più a fondo nel vortice, dove presenze infere si illuminano a vicenda e non tutto resta avvolto nell’assoluto del buio.
Alfonso Guida
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FIORENZA
Tu grazioso corpo tu vestitino di seta tu faccia arata tu delfino ferito allontana questa bocca che stride all’infinito scordati di me di te delle tue ruvide mani che in un lampo di radice divennero LUCE DI SANGUE.
19 Maggio 2002
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SUL CAPPELLO DELLA TUA II° FACCIA
Sul cappello della tua IIa faccia si alza una rovinosa coltre di fumo bevi pure latte e menta scaduto tanto quelle mani chiare dalle unghie di mosto afferrano solo ricci capelli nella notte. Le tetre fanciulle si baciano al buio di infiniti binari ed io so che sei lì ad attaccare nastrini colorati sulle reti delle stazioni.
9 Maggio 2002
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