Del periodo trascorso a Nizza tra il 2017 e il 2019 ci sono alcune cose che ricordo con più vividezza di altre: la luce meridiana, diversa da quella che conoscevo di Napoli, più opaca e più lontana, come una terra intravista dall’altra parte della realtà; le chiamate al telefono con Milène e il rumore della metro di Parigi da una parte e quello del mare dall’altra; la manifestazione organizzata insieme a Tobia in favore della Sea-Watch e del capitano Carola Rackete[1]; la vertigine provata alla Bibliothèque Romain Gary dove era custodita una parte dell’archivio di Arturo Benedetti[2], tra cui alcune lettere della sua corrispondenza con il poeta peruviano César Moro e diversi articoli e tracts scritti durante la Resistenza e pubblicati in clandestinità su Combat. In uno dei suoi articoli, Benedetti aveva tradotto in italiano alcune poesie del poeta marsigliese Gabriel Audisio, che già conoscevo poiché citato da Camus come una delle sue fonti di ispirazioni più importanti. Inoltre, aveva scritto un breve omaggio a un giovane poeta di cui non avevo mai sentito parlare, Jean Venturini[3].
Jean Venturini (Nabeul, Tunisia, 1919 – Mar Mediterraneo, 1940) è stato l’autore di una sola raccolta poetica, Outlines, pubblicata nel 1939 a Casablanca dalle Éditions du Maghreb e ristampata soltanto nel 2009 da Vaillant, casa editrice oggi non più attiva. La fulgorante e breve apparizione di Jean Venturini nel panorama delle lettere francesi è dovuta alla sua morte precoce avvenuta a soli vent’anni, al largo delle coste della Tunisia nel giugno 1940, a bordo del sottomarino Morse di cui era il responsabile delle comunicazioni radiofoniche.
Nella storia della letteratura francese il nome di Jean Venturini appare per la prima volta nella forma di una nota a piè di pagina, all’interno del monumentale Livre d’Or de la poésie française edito da Pierre Seghers nel 1940. Nel breve profilo che gli è dedicato, Seghers scrive: «Révolté, rimbaldien, son unique recueil annonçait un grand poète. Comment ne pas penser, le lisant, que le poète est un voyant, qu’il est doué d’une extraordinaire prescience?». La presenza di Rimbaud (ma sarebbe meglio dire il suo fantasma), occupa ogni sillaba del giovane poeta. L’irrequietezza è in Venturini sinonimo di rivolta, contro l’esistenza e contro gli elementi marittimi che dell’esistenza sono i suoi correlativi oggettivi più radicali: le onde, il vento, la luce. Le poesie di Jean Venturini sembrano una lunga variazione di quei versi di Rimbaud nel quale l’eternità è ritrovata nel mare che se ne va col sole e in cui il ritmo procede contraendosi e dilatandosi come una vela sferzata dal vento. Oltre al fantasma di Rimbaud, è lo spettro di Lautréamont che incide la collera di Venturini in ognuno dei suoi versi: «J’ai brisé ces chaînes que l’on croit éternelles / Et j’ai durci mon âme et tué les souvenirs», o ancora: «Je comprends parfois le crime / […] Ah! j’ai de la haine plein mon coeur».
Oltre alla breve nota di Pierre Seghers, il nome di Jean Venturini è ricordato in una breve scheda biografica di un’associazione per i marinai morti per la Francia. L’oblio che lo ha sommerso, con la stessa violenza con cui il mare lo aveva già inghiottito, è tra i più sorprendenti. Il nome di Jean Venturini attraversa la storia letteraria nella clandestinità più radicale. La sua parabola dimostra come le antologie poetiche debbano avere il compito di sostituirsi alle enciclopedie dei morti e ai monumenti ai caduti in guerra.
E allora, lo dichiariamo ufficialmente: Jean Venturini è surrealista clandestino nella posterità.
*
Ieri, mentre terminavo di scrivere questo articolo, ho chiamato Tobia dicendogli che sarebbe apparso nel testo. Poi gli ho letto le traduzioni, e, dopo qualche secondo di silenzio, Tobia mi ha detto che quelle di Jean Venturini sembravano le parole di un poeta palestinese, Refaat Alareer, morto a 43 anni in seguito ad un bombardamento israeliano il 6 dicembre 2023: «S’il est écrit que je dois mourir / Alors que ma mort apporte l’espoir / Que ma mort devienne une histoire».
[1] In quell’occasione, Tobia ed io scrivemmo una lettera aperta al sindaco della città, Christian Estrosi, con cui chiedevamo di dichiarare il porto di Nizza un porto aperto in grado di accogliere le imbarcazioni delle ONG bloccate in mare in seguito alle ordinanze del governo italiano. La lettera era stata pubblicata sul quotidiano Nice-Matin. Poiché non ricevemmo alcuna risposta, due giorni dopo, a tarda notte, Tobia ed io decidemmo di ritornare sulla banchina del porto, di fronte alla sede di Eric Ciotti, senatore dell’estrema destra nizzarda, e decidemmo di pisciare lungo i muri tutto ciò che avevamo ingurgitato durante la serata. Mentre pisciavamo, recitavo a Tobia i versi delle poesie di Jean Venturini che avevo da poco scoperto grazie ad Arturo Benedetti.
[2] Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, Arturo Benedetti (Palermo, 1909 – Parigi, 2003) assiste all’occupazione di Parigi della Wehrmacht ed è costretto a fuggire nel sud della Francia, a Marsiglia, dove ritrova André Breton e molti dei compagni della prima stagione surrealista. A Marsiglia Benedetti conosce il poeta Gabriel Audisio ed entra in contatto con Jean Moulin e Henri Frenay. Entra a far parte della Resistenza con il nome di Alfonso Sinibaldi e nel maggio del 1941 si trasferisce a Nizza con l’incarico di costituire un nucleo armato e fare da agent de liaison con i partigiani italiani. Partecipa al primo numero del giornale clandestino diretto da Albert Camus, «Combat». A Nizza incontra Claire Ruiz (Perpignan, 1920 – Granada, 1943) e ritrova Louis Aragon ed Elsa Triolet. L’undici novembre del 1942 l’esercito italiano valica la frontiera francese e fa il suo ingresso a Nizza. Arturo e Claire lasciano la Francia e raggiungono la Spagna con l’obiettivo di arruolarsi nelle Forces Françaises Combattantes impegnate sul fronte nord-africano. Giunti a Granada Claire Ruiz è catturata e fucilata dalle milizie franchiste. Benedetti si imbarca per Tangeri facendo perdere per oltre vent’anni le sue tracce. Alcune delle poesie pubblicate su Atelier appartengono al periodo nizzardo di Benedetti, in particolare Posterité du soleil e La lune, chronique de la fin du siècle.
[3] Ne riportiamo un estratto: «Voici un simple et très humble hommage que j’apporte à un jeune poète marocain, englouti avec le sous-marin où l’avaient conduit les hasards de la mobilisation. C’était un jeune homme de 19 ans, timide et sauvage, et tout étonné d’avoir eu l’audace de publier ses propres vers. Jean Venturini aura eu cette tragique gloire d’avoir vécu sa poésie entièrement. Le premier acte de cette âme de vingt-ans a été d’affirmer son dédain et son dégoût. Jean Venturini, de retour de la guerre, débarqué dans la France Libre (car oui, nous allons la gagner cette guerre), aurait été, sans aucun doute, le meilleur d’entre nous, les surréalistes».
* * *
Il richiamo
Ai quattro angoli della terra immensa risuona il richiamo
dell’Avventura – e il mare ruggisce contro le rocce. –
Voglio conoscere le paure e le terre ribelli
e scrollarmi di dosso le leggi con cui mi hanno imbrigliato
Spezzare la tirannia di chi mi ama
Andare solo, sempre solo, su un cammino lungo e duro,
e mostrare a quelle bestie che si può vivere lo stesso
senza le loro sciocche tenerezze e i sentimenti puri.
Nelle isole ondulate dalle palme blu – riflessi
di alberi contorti sulle acque delle lagune iridate –
so che esistono delle Avane in rivolta,
dove soldati mascherati d’odio frugano le tasche degli ufficiali.
Il richiamo, il richiamo risuona laggiù, sonoro e rauco
I coltelli fremono nei loro foderi di cuoio
Non è più tempo di credere in Dio
E invocarlo saggiamente la sera prima di addormentarsi.
Le strade corrono verso l’infinito degli azzurri lontani
Ardenti e polverose, serpeggiano – che mi trascinino pure
con sé tra i campi dorati del grano che ondeggia
là dove il sole fa risuonare le sue luci serene.
Le rotaie, slanci d’acciaio verso l’ignoto, sfilano
sotto il peso dei treni che stridono
Vertiginosi gli alberi sfrecciano in lunghe file
piegati dalle fruste dei venti furiosi.
Incantesimi dei porti. L’oceano giallo ondeggia e si dondola
contro le banchine selvaggiamente
inclinati gli alti alberi
tremano nella speranza di cieli nuovi dove il mare
ubriaco di luci riposa, indolente come un lago piatto.
Le vele umide e battenti mormorano per me soltanto
la melodia dell’acqua – dell’acqua, porta sempre aperta
agli avventurieri che non temono le morti senza sudario
che si trovano a volte ai bordi delle notti violacee.
Sulle onde glauche come lo smeraldo dei suoi occhi,
soffrirò le lune piene del male del ricordo
poi tutto morirà nel mio cuore silenzioso
Allora, finalmente libero, non potrò più tornare.
Alle maree degli equinozi, quando gli uccelli spauriti
– le ali piene di pioggia – errano nei banchi di nebbia liquida
e vanno a sfracellarsi contro la luce dei fari,
conoscerò la paura dell’infinito sotto cieli vuoti.
E la mia polena vivrà storie strane
che la faranno gemere e torcersi a prua
del mio vascello
si accenderanno ceri la sera
nelle chiese, per volgere su di me i venti avversi
Ma i Capo Horn potranno ululare ancora nelle mie vele lacerate,
curvare i miei alberi fino a spezzarli, io passerò
sempre, e i miei cannoni sulle città sgomente
lanceranno il saluto delle mie bandiere infedeli.
[…]
Ai quattro angoli della terra immensa risuona il richiamo
dell’Avventura: sono pronto, posso partire
Ho spezzato catene che credevo eterne,
ho indurito l’anima e ucciso i ricordi.
Famiglia, amore, amicizia, odio: tutto ho venduto,
tutto ho rinnegato. Ho soffocato le gioie serene
e le felicità monotone, ho sporcato tutto, ho perso tutto
L’alcol amico gorgoglia nei bicchieri rotondi che scintillano
Oh! Se solo potessi ubriacarmi ancora una volta nei caffè
banali delle città ben ordinate, vedere ancora, ai vetri
stellati delle porte, apparire pallido e contratto
il giorno, come un prigioniero impiccato alle sbarre.
Le trombe dell’Avventura squillano, squillano all’infinito
e risvegliano nel mio cranio le armonie divine.
*
L’appel
Aux quatre bouts de la terre immense corne l’appel
De l’Aventure – et la mer gronde sur les rochers. –
Je veux connaître les peurs et les pays rebelles,
Moi et secouer les lois dont on m’a harnaché
Oh! Rompre la tyrannie des êtres qui m’aiment!
Aller seul, toujours seul sur un chemin long et dur,
Et montrer à ces brutes que l’on peut bien vivre quand même
Sans leurs tendresses bêtes et leurs sentiments purs.
Dans des îles onduleuses de palmes bleues – réflections
D’arbres tordus sur les eaux des lagons irisés –
Je sais qu’il est des havanes en révolution
Où des soldats masqués de haine fouillent leurs officiers:
L’appel, l’appel résonne là-bas sonore et rauque…
Les couteux tressaillent dans leurs gaines de cuir…
Il n’est plus temps de croire en Dieu que l’on invoque
Bien sagement le soir à l’heure de s’endormir…
Les routes partent vers l’infini des lointans bleus…
Ardentes et poudreuses elle serpentent – qu’elles m’entraînent
Avec elles parmi les champs dorés de blés houleux
Où le soleil fait clapoter ses lumières sereines.
Les rails, élans d’acier vers l’inconnu, filent
Sous les énormes rapides qui geignent… Vertigineux
Les arbres passent à toute volée, en longue files
Courbées sous la cravache des vents hargneux.
Féèrie des ports. L’Océan jaune se berce et houle
Contre les quais… Sauvagement penchés, les grands mâts
Frissonnent à l’éspoir des ciels nouveaux où la mer saoule
De lumières repose, indolente comme un lac plat.
Les voiles humides et claquantes murmurent pour moi seul
La chanson de l’eau – de l’eau, porte toujours ouverte
Aux aventuriers qui ne craignent les morts sans linceuls
Que l’on trouve parfois aux bords des nuits violettes.
Sur les flots glauques comme l’émeraude de ses yeux,
Je souffrirai des lunes pleines du mal de souvenir
Puis tout mourra dans mon cœur silencieux…
Alors enfin libre je ne pourrai plus revenir.
Aux marées d’équinoxes quand les oiseaux qui s’effarent
– Les ailes pleines de pluie – errent dans les brouillards liquides
Et vont se casser la tête sur la lumière des phares,
Je saurai la peur de l’infini sous les ciels vides.
Et ma figure de proue vivra d’étranges histoires
Qui la féront gémir et se tordre à l’avant
De mon vaisseau… On brûlera des cierges, le soir
Dans les églises, pour diriger sur moi les mauvais vents…
Mais les Cap-Horn pourront mugir dans mes voiles déchirées
Et courber mes mâts à les briser, je passerai
Toujours et mes canons sur les villes effarées
Jetteront le salut de mes pavillons déloyés.
[…]
Aux quatre bouts de la terre immense corne l’appel
De l’Aventure… Je suis prêt, je puis partir…
J’ai brisé ces chaînes que l’on croit éternelles
Et j’ai durci mon âme et tué les souvenirs.
Famille, amour, amitié, haine, j’ai tout vendu,
J’ai tout renié. J’ai étranglé les joies tranquilles
Et les bonheurs monotones… J’ai tout Sali, j’ai tout perdu
…L’alcool ami bruit dans les verres ronds qui scintillent…
Oh! M’enivrer une dernière fois dans les cafés
Banals des villes bien rangées, voir encore aux carreaux
Etoilés des portes, paraître pâle et contrefait
Le jour, comme un prisonnier pendu à ses barreaux.
Le trompettes de l’Aventure sonnent, sonnent à l’infini
Et réveillent dans mon crâne les divines harmonies…
*
Sangue
Nelle mie vene non scorre sangue,
ma acqua, l’acqua amara degli oceani in tempesta
Bonacce, giorni pieni gonfiano il petto,
preludi ai bianchi deliri degli uragani
Polpi tendono la seta stridente
delle loro dita, e i loro occhi senza luna
lampeggiano nei miei
Galeoni marci d’oro, alberi,
speroni di ferro deragliano in tumulto
tra le maree sfrenate
Tutti gli anelli mistici gettati
nelle lagune adriatiche, li porto con me
per donarli a colei che amo
Ho risacche mugghianti che mi esplodono nelle mani
durante le ore d’amore
E troppo spesso stringo irreali spume
bianche che fuggono sotterranee
tra i miei desideri viscerali.
*
Sang
Dans mes veines ce n’est pas du sang qui
coule, c’est l’eau, l’eau amère des océans
houleux…
Des bonaces, des jours pleins gonflent
ma poitrine, préludes aux blancs vertiges
des ouragans…
Des poulpes étirent la soie crissante de
leurs doigts et leurs yeux illunés clignotent
par mes yeux…
Des galions pourris d’or, des mâts, des
éperons de fer passent en tumulte dans
des marées énormes…
Tous les anneaux mystiques jetés aux
lagunes adriatiques, je les ai pour les donner
à celle que j’aime…
J’ai des ressacs mugissants dans mes mains
aux heures d’amour…
Et trop souvent j’étreins d’irréelles écumes
blanches qui fuient sous mon désir de chair…
*
Tentazione
A volte comprendo il crimine
Quel gesto sfrontato, netto,
che annienta e spezza
l’ostacolo della ragione.
– Ho l’odio colmo nel cuore,
E i fiori fradici dei carri funebri,
che fluttuano umidi nella nebbia
sul sentiero del cimitero
mi chiedono della morte, come preghiere.
*
Tentation (extrait)
Je comprends parfois le crime…
Ce geste fantasque, et qui supprime
L’obstacle trop raisonneur.
– Ah ! j’ai de la haine plein mon cœur,
Et les panaches des corbillards
Qui flottent mouillés dans le brouillard
Sur le chemin du cimetière
Me demandent la mort, tels des prières.
*
Addio
Ascolta: il mare mi parla di tempeste
nelle chiare mattine e di naufragi
Il mare che piange e canta per me.
Sotto quali cieli incerti,
verso quali lontani orizzonti
i venti piegheranno i miei alberi?
La mia nave, bara sorda e disfatta
sventola nel vespro le sue bandiere a lutto
e si abbandona sul dorso delle onde lente.
Sto per partire e tu non dici nulla.
Tra un istante sarò lontano
e questo ti lascia indifferente.
Guardami, guardami: voglio
che il mio volto resti tra i fondali dei tuoi occhi
per tutto il tempo che dovrai vivere ancora.
Non oso stringerti tra le braccia.
*
Farewell
Écoute… La mer me parle d’orages
Par les clairs matins et de naufrages…
La mer qui pleure et chante pour moi.
Sous quels ciels incertains,
Vers quels horizons lointains
Les vents courberont-ils mes mâts?
Mon navire morne, aux airs de cercueil,
Bat dans le soir ses pavillons de deuil
Et roule au dos des houles lentes.
…Je vais partir et tu ne me dis rien!
Dans un instant je serai loin
Et cela te laisse indifférente…
Regarde-moi, regarde-moi… Je veux
Que mon visage reste au fond de tes yeux
Aussi longtemps que tu vivras.
…Je n’ose te prendre dans mes bras…
*
La rivolta dei venti
Quel giorno, stanchi di essere sferzati e domati dalla ciurma,
i venti hanno spezzato le loro catene,
e, folli nei loro vortici bianchi,
cercano uno scopo al loro odio.
Le città rosse, le città blu,
ondeggiano nei lontani bagliori,
agli orizzonti vertiginosi
degli oceani di luce.
I venti furenti, le fronti chine,
in orde feroci avanzano sulle terre arate.
Laggiù, lontano, serrate e raccolte
nel loro terrore, le città attendono l’assalto.
Hanno camminato a lungo, i venti
Giunti alle mura vacillanti, senza inutili lotte,
con le spalle hanno sfondato i battenti
delle porte, irrompendo tumultuosi.
………………………………………
Quando si sono ritirati, hanno lasciato dietro di sé
gli abitanti inchiodati come cristi ai muri:
Dakar, 17-4-38
*
La révolte des vents
Ce jour, las des fouets de la chiourme, ils ont,
Les vents, cassé leurs chaînes,
Et, la folie dans leurs blancs tourbillons,
Ils cherchent un but à leur haine.
Les villes rouges, les villes bleues,
Tanguent aux lointains clairs,
Aux horizons vertigineux
Des océans de lumière.
Les vents haineux, fronts baissés,
En horde dure, marchent par les terres labourées…
Là-bas, tout là-bas, tassées et ramassées
Dans leur peur, les villes attendent la ruée.
Ils ont marché longtemps, les vents…
Arrivés aux remparts chancelants, sans vaines luttes,
Avec leurs épaules ils ont défoncé les lourds battants
Des portes, et puis sont entrés en tumulte.
………………………………………
Quand ils sont partis, ils ont laissé derrière eux
Les habitants cloués comme des christs, le long des murs.
Dakar, 17-4-38
* * *
Giovanni di Benedetto (Napoli, 1987) vive a Parigi. Dopo aver conseguito la laurea in letteratura francese con una tesi sul romanzo surrealista, nel 2013 si trasferisce nella capitale francese, dove entra a far parte del Centre de recherches sur le surréalisme. Nel 2016, ha vinto il prestigioso “Prix de la Nouvelle” della Sorbona, primo scrittore non francofono a ricevere questo riconoscimento. Ha partecipato al numero collettivo su Roberto Bolaño della rivista L’Atelier du Roman (n. 109, Buchet-Chastel, 2022). Suoi testi sono stati pubblicati su Sud – Rivista Europea, Nazione Indiana, Minima et Moralia. Collabora con la rivista francese Zone Critique. Nel 2025 fonda il Groupe Surréaliste en Clandéstinité (@g.s.c.fr). Attualmente sta portando a termine l’edizione critica degli inediti di Arturo Benedetti.