Zelda S. Zanobini è nata a Pisa nel 1963, dove si è laureata in Ingegneria. Dal 1989 lavora nell’Industria. Risiede a Firenze ma opera altrove, principalmente in Veneto. La rivista di poesia comparata Semicerchio ha pubblicato alcune sue poesie nel 2006 e 2007; negli anni successivi altri testi in poesia e narrativi sono stati inclusi in varie pubblicazioni. Nel 2020 ha partecipato al progetto Oikos, poeti per il futuro, a cura di S. Strazzabosco (editore Mimesis). Nel 2021 è uscita la sua prima silloge, Bianco (editore Transeuropa).
Dalla sezione “Non era l’ombra di niente”
VII
A denti stretti ora mi guardi
e non ha senso che ti imbocchi
se non vuoi tu non mangi
poi ti arrangi
a cercare nutrimento dove viene
per esempio le mie vene
come spaghetti sottili
a te interessano i vinili
ora che sono di gran moda c’è il ritorno
ne avevi settemila ecco il giorno
della riscossa
e fra le ossa
che reggono il giradischi sei commosso
quasi uno spasso
tu te ne infischi
di me del mio cordoglio
io che da sempre uso le cassette
e il registratore
lo ascoltavo da sola in silenzio
il piede contro la porta
per ore
Dalla sezione “Altro la notte non poteva”
III
Queste tue ossa
riposano senza un tempo
che qui si possa misurare
al mare è più facile far di conto
alle spalle la luce non acceca
si fa la punta alla matita rossa
ma all’entroterra niente spiaggia
e non mi trovo coi sessagesimali
ebbe un’ora lunghissima l’incendio
che ti spaccò lo sterno
i frammenti fra costole e colletto
il tempo è morto e anche tu
finita la stagione degli scogli
e della spuma resta
una specie di monumento di calcare
lo intravedo quando piove
dalla finestra
Dalla sezione “Non so che albero”
VI
Non so che albero vorrei
per la mia forca, solo alto
come un razzo chioma verde scuro
folta che pare nero
piantato dentro il cielo
come una freccia, è un cipresso a punta
la corda smisurata d’altalena, senza fiori
a spuntar fuori
sai che importa
mentre muori
Dalla sezione “Nel pieno dei miei anni”
IV
Nel pieno dei miei anni sei arrivato in bicicletta
frenando con le scarpe
e me ne hai dette tante
una dopo l’altra come un’orazione
o una catena di trasmissione
Ora siedi con le suole distrutte
sulla quercia, tu e le ghiande ad aspettare
che vi raccolga il contadino
ma lo sai
è una questione di fortuna anche il destino
© Simbolo estratto dalla copertina dell’opera, progetto grafico di Mariacristina Colombo