Zacar, Sezioni Ismett
nota di Marco Munaro
iNcerti editori, 2020
Poesia come frutto, secrezione, effetto collaterale di un trapianto. La brevissima raccolta è suddivisa in tre parti, ognuna annunciata da un disegno di Zacar, ovvero dal poeta stesso, paziente operato e artista d’occasione; iNcerti editori poi, piccoli e raffinati, danno lustro a questa poesia. Marco Munaro è rimasto molto colpito dal lavoro di Zacar e ne ha scritto la nota di chiusura; ha parlato di ‘taccuino di Lazzaro’, di una ‘poesia che ha la stessa forza di propagazione di un tumore’, dei suoi modi ‘intimi e vigorosi’. Solo sapendo dell’origine quasi organica di questa scrittura se ne può cogliere il senso e la ruvida bellezza (già il titolo, Sezioni Ismett, fa esplicito riferimento all’Istituto Mediterraneo per i Trapianti e le Terapie ad Alta Specializzazione e ci getta subito al centro della scena). Molto si è opinato sulla forza salvifica della parola poetica, sul suo trovarsi sempre al confine di qualche ‘stato’ vitale, quasi una vedetta capace di vedere l’oltre. Qui la scopriamo addirittura dar voce al fegato trapiantato, alla mente, alla memoria e al corpo medicato. Non c’è bisogno di conoscere la biografia dell’autore – Zacar potrebbe essere un nome abbreviato, uno pseudonimo, un avatar – sappiamo infatti che è tutto realmente accaduto e che questa poesia è stata scritta davvero. E ci basta.
Antonio Fiori
*
Mi sento
legato a una catena.
Essere vestito
è già qualcosa
mi obbliga
a restare.
*
Ieri ero Palermo
oggi ancora
sono quello
del giardino segreto
un albero
un frutto
una foglia
tra le foglie.
*
Dammi un bacio
la mia bocca è qui
sei il mio amore libero
togliti la maschera
fai un respiro
e guarda la mia faccia.
*
Con le dita fammi il segno
di uno sparo
se non mi desideri, liberami
l’azzurro smorto
ti farà innamorare.