Valentino Fossati, Perché saranno neve (Pequod, 2024)

di Alfredo Rienzi

di Alfredo Rienzi

La parola di Valentino Fossati possiede da sempre il grande potere di dilatare le dimensioni nelle quali si muove e che narra. Una proprietà rara, violenta e dolce al tempo stesso, che sfida e si confronta con l’ombra e con il male. Che non si arresta sull’orlo dell’abisso a contemplarne le oscurità, ma che vuole scavarne i dissesti ipogei, senza mai abdicare e rinnegare la luminosità che, per quanto nivea e gelida, talora sottratta e diradata, circonda, imbeve e si fa testimone e invocazione di se stessa.

Questa «tensione tra luci e ombre», tra «luce a buio» – già rimarcata nella nota del libro d’esordio di Fossati e dal suo stesso titolo, Gli allarmi delle stelle – non ha mai abbandonato né la superficie né tantomeno il nucleo del suo mondo poetico. E, al pari dell’ordito tra «sincerità e visione», ne ha segnato come landmarks il cammino letterario. Perfino: la necessaria crudezza della parola, a volte la durezza della narrazione, la dolente scurità delle vicende biografiche hanno, con scelta precisa e peculiare, indossato, come un mantello dalle tinte chiare e dai decori argentati, i titoli di delle raccolte: Gli allarmi delle stelle, La gioia, Inverno, Il sogno. E quest’ultima raccolta, Perché saranno neve, si conforma per questo aspetto, e non solo, a tale scelta, fasciando con l’evocativo e protettivo velo della neve un sottosuolo di memorie, ferite, urti, invocazioni e preghiere, speranze e sconforti, dove i grumi lemmatici e semantici di «notti» e «buio», «ombre» e «nebbie» s’addensano nei paesaggi esteriore e interiore.

(…)

Perché saranno neve, titolo emblematico (va ribadito che mai in tutta l’opera la parola è accessoria, complementare: ogni lemma, ogni sintagma, persino ogni interiezione suona come assolutamente necessitante) che riprende un verso del primo componimento, Meraviglia, è composto da sezioni “fantasma” (Memoria del mai e Lo splendore) e nuclei originali, smembrati e intercalati, oltre che da qualche testo isolato e una sezione, Le parole del padre, di più recente stesura.

In tutta la raccolta e, in generale in tutta la poetica finora espressa da Fossati, il vero si impone, filtrato e reso con diverse gradazioni: si percepisce, si mastica, si respira. Vero, non solamente reale o realistico, verosimile o credibile. È l’incontro del lettore col poeta e del poeta con se stesso, implacabile, spinoso, sanguinante, luminoso. Del lettore e dell’ascoltatore, verrebbe da dire, perché questa scrittura e i suoi narrati indossano una più che esplicita potenza come monologhi, quali anche possono essere percepiti molti testi. Cariche di suggestioni scenografiche e musicali, molte sequenze si indirizzano verso un recitativo teatrale: ne rivelano il possibile abito alcuni accorgimenti tecnico-stilistici, tra i quali la più volte citata distribuzione di spazi-pause, la presenza di interiezioni (i confirmatori e olofrastici «sì» e «no»; i mirati «tu») ma soprattutto il frequente e oraleggiante ricorso a ripetizioni e anadiplosi: «le facce/ le facce»; «Le scale, le scale…/ Hai mai visto davvero le scale?»; «Il nome, il nome/ (tuo)»; «Il campo dei giochi/ ma non – / non./ Non mi è dato quel campo»; «(vuote ora,/ ora lontane…)».

NB. Per esigenze di impaginazione i versi delle poesie che seguono sono stati allineati a sinistra.

Valentino Fossati, Perché saranno neve (Pequod, 2024)

Incantevole.

Nella casa
nascosta agli sguardi

leggeva la madre
il fumetto dei fantasmi.

O il bimbo
aver visto nella nebbia

un pomeriggio
il film Marcellino pane e vino.

Palazzi.

Cosa nascondono

cosa?

Blu – buio.

Perché nei bambini la paura del buio?

Non possono

non conoscono
la terra di nessuno.

Attesa
dal regno dei non-nati

nostalgia

tepore

si affollano a tarda notte
dietro le pietre i morti

e si rincorrono, poi

si richiamano

si destano.

*

LA FINE DELL’INVERNO

Ritrovarono
i balconi

i palazzi verdemare,
campi del pallone

al di qua –
l’infanzia al culmine poi,

il sole che impallidiva
dietro le nuvole.

Ritornarono al loro posto

(per te)

tremarono appena ….

Perché fu breve,
poca luce quella grazia tua

il campanello, la mia porta
(o l’intervallo …)

E la scuola che attraversavi,
e aule colme nel pieno giorno …

Quel vento, poi,
i primi di marzo

la rete vuota in mezzo al campo
adesso –

le voci
lontane

i passi lenti, gli spogliatoi …

Solo ombre, queste,
che richiamano ombre

e vita – nessuna –
che risplende alla vita

ma ho provato ad amarli sai,

ad abitarli un’ultima volta

i bambini, le loro madri

ora terribili,

inaccessibili.

*

LA SERA DEL ROSARIO

Giostre, fiera a San Martino,
fendinebbia dal grembo della terra.
Gli spari, il tiro a segno luci vivide
innalzano, ti salvano,
ma è solo cartapesta quel blu-notte eterno.
Prossimità, vertigine
la discesa nel gelo,
l’ultima ad invocare il regno …

Ma il principio sarà un manto di neve
a dicembre, la sera del rosario;
gli stucchi e le navate oscure,
al fondo la porta scricchiola
si schiude –
e lì nel buio quel lumino, la perpetua inginocchiata

in sacrestia la scintilla un bisbigliare divino …

 

*

LACRIME
L’ultimo Natale

 

Le gru ferme nella nebbia, le scavatrici.

E all’oratorio tutt’intorno
i fanciulli sulla neve
(quella sera li conobbe, li attese)

così vicini all’invisibile, all’inudibile.

E già muravano i balconi, le luminarie
le luci azzurrognole sulle scale a vista …
Cosa udirono in quell’istante,
quali cristalli?

Lì le ampolle lacrimarie
iridescenti

(inascoltate)

altri scavi nelle campagne remote,
nelle regioni millenarie del buio.

Non ci saranno cascinali grandi
non saranno più vicini i patriarchi
(riconoscerli lo stesso,
esattamente, saperli …)

E ad un tratto sorprenderli brillare –
sfileranno come madri l’ultima volta – bruceranno

ci diranno ciò che fu così breve,
ciò che per poco poteva ancora accadere.

 

Valentino Fossati è nato a Genova nel 1974. Si è laureato all’Università di Bologna e ha collaborato, tra il 1997 e il 2000, con il Centro di poesia contemporanea. Ha pubblicato scritti critici, articoli e curato pubblicazioni tra cui Leopardi nelle prose e nei versi (Garzanti, 1998) insieme a Davide Rondoni; Pasolini e la letteratura dell’impegno (Laterza, 1999) e Accademico di nessuna accademia (Marietti, 2010) con Guido Monti. In poesia sono usciti: Gli allarmi delle stelle (Marietti, 2007, Premio Città dell’Aquila “Laudomia Bonanni; Premio “Orta San Giulio” migliore opera prima), La gioia (Ladolfi, 2014), Inverno (CartaCanta, 2016). Nel 2018 viene pubblicata la revisione integrale de Gli allarmi delle stelle (CartaCanta, 2018, Premio Prato Poesia 2020). Il suo ultimo libro, con CartaCanta, esce nel gennaio 2022: Il sogno.