Thierry Metz nasce il 10 giugno 1956 a Parigi. Autodidatta, si dedica alla scrittura e al sollevamento pesi. Nel 1977 si sposa con Françoise Fenautrigues, sua compagna di scuola. Si stabiliscono in campagna, ad Agen, sulle rive della Garonne. Vivono anni piuttosto sereni, in cui nascono tre figli: Guillaume, Vincent e Thomas. Presto cominciano a manifestarsi in Metz i primi sintomi di una depressione che viene aggravata dalla durezza del mestiere saltuario di muratore e dal consumo di alcool. Nel 1988 muore il secondo figlio, investito da una macchina. Per il poeta iniziano i soggiorni nelle case di cura di Périgueux, di Agen, di Cadillac. Dopo essersi trasferito a Bordeaux, si suicida il 16 aprile 1997. Tra le sue opere, in parte uscite postume, si segnalano Dolmen suivi de La demeure phréatique (Cahiers Froissard, 1989; Éditions Jacques Brémond, 2001), Sur la table inventée (Éditions Jacques Brémond, 1989), Le journal d’un manœuvre (Gallimard, 1990), Entre l’eau et la feuille (Éditions Arfuyen, 1991; Éditions Jacques Brémond, 2015), Lettres à la bien-aimée (Gallimard, 1995), Le drap déplié (Éditions L’Arrière-Pays, 1995), Dans les branches (Éditions Opales, 1995), De l’un à l’autre (Éditions Jacques Brémond, 1996), L’homme qui penche (Éditions Opales/Pleine Page, 1997; Pleine Page Éditeur, nuova edizione rivista e aumentata, 2008; Éditions Unes, 2017), Terre (Éditions Opales/Pleine Page; Pierre Mainaud, 2021), Sur un poème de Paul Celan (Éditions Jacques Brémond, 1999), Dialogue avec Suso (Éditions Opales/Pleine Page, 1999), Tout ce pourquoi est de sel (Pleine Page Éditeur, 2008), Carnet d’Orphée (Éditions Les Deux Siciles, 2011), Tel que c’est écrit (Éditions L’Arrière-Pays, 2012), Poésies 1978-1997 (Pierre Mainard, 2017), Le grainetier (Pierre Mainard, 2019). Da segnalare inoltre l’antologia presente in Thierry Metz di Cédric Le Penven (Éditions des Vanneaux, 2017). In edizione italiana si ricordano L’uomo che pende, a cura di Michel Rouan e Loriano Gonfiantini (Via del Vento Edizioni, 2001), Il muro, traduzione di Marco Rota (Quaderni di Orfeo, 2012), Sulla tavola inventata, a cura e traduzione di Riccardo Corsi (Edizioni degli Animali, 2018), Diario di un manovale, a cura di Andrea Ponso (Edizioni degli Animali, 2020), Dire tutto alle case, traduzione e cura di Mia Lecomte (Internopoesia, 2021). In corso di stampa, presso le Edizioni degli Animali, Su una poesia di Paul Celan, seguito da Dolmen e La dimora freatica, a cura di Pasquale Di Palmo. Estratti di questo lavoro sono stati anticipati con i titoli Frammenti di un manovale, in «Poesia», 194, maggio 2005 e Dove la parola nidifica, in «Poesia», 7, n.s., maggio-giugno 2021.
Être où le mot est une chambre.
Lui voler sa blancheur, son dallage, sa table.
Où peut-on imaginer que je sois avec mes mains
de maçon?
Là. Précis come l’allège d’un mur. Mais toujours
dans la chambre où chaque soir je t’allume un petit
cahier avec des yeux de merle.
J’entre ainsi. Où tu es. Avec mon métier, un peu
d’argent, un crayon.
D’autres aussi.
On les voyait tout à l’heure. Non pour exister
mais pour être là, en passant.
Seul contre son âme un homme ne pèse pas lourd.
Essere dove la parola è una stanza.
Rubarle il candore, la lastricatura, il tavolo.
Dove si può immaginare potrei stare con queste
mani da muratore?
Là. Perfetto come il parapetto di un muro. Ma
sempre nella stanza dove ogni sera accendo per te
un quadernetto con occhi di merlo.
Entro così. Dove ci sei tu. Con il mio mestiere,
qualche soldo, una matita.
Con qualcos’altro.
Che fino a poco fa si vedeva. Non per esistere ma
per essere là, di passaggio.
Solo contro la sua anima un uomo non pesa molto.
*
C’est toujours l’intérieur qui est à l’affût.
Vers toi ou vers un Dieu…
Ces grands brûlés de l’être. Même si plus grandchose ne s’établit entre eux, même si plus rien ne les
retient.
Eux, au moins, jusqu’à n’être plus rien, marchent.
Vers l’intérieur.
On attend quelque chose.
È sempre l’interno ad essere appostato.
Verso di te o verso un Dio…
Questi grandi ustionati dell’essere. Anche se non
si stabilisce più granché fra loro, anche se niente più
li trattiene.
Loro, almeno, camminano, fino a non essere più niente.
Verso l’interno.
Si attende qualcosa.
*
C’est une journée attendue: prendre ta main,
rentrer à la maison, tout faire pour sortir de nos
quelques pensées, s’en faire un lit.
Mais surtout que l’acacia n’en sorte pas.
Nous prenne pour un jardin.
È una giornata attesa: prenderti la mano,
rincasare, fare tutto per portar fuori di noi
qualche pensiero, farne un letto.
Ma soprattutto che l’acacia non ne esca.
Ci scambi per giardino.
*
Nous traversons chaque jour le regard de l’ange
mais c’est plus loin, en marchant, que nous apercevons (sans demander pourquoi) l’urgence de
sa quête, les quelques vestiges de l’être: bois sec,
pierres qui bornent un feu, ces quelques étoiles qui
nous font lever la tête.
Attraversiamo ogni giorno lo sguardo dell’angelo ma è più lontano, camminando, che scorgiamo
(senza chiedere perché) l’urgenza della sua ricerca,
le poche vestigia dell’essere: legno secco, pietre che
delimitano un fuoco, togliere poche stelle che ci fanno alzare la testa.
© Autografo estratto dalla copertina dell’opera, progetto grafico a cura di Mariacristina Colombo