Stefano Taccone (Napoli, 1981), dottore di ricerca in Metodi e metodologie della ricerca archeologica e storico-artistica, è attualmente docente di storia dell’arte nelle scuole superiori. Ha pubblicato le monografie Hans Haacke. Il contesto politico come materiale (Plectica, 2010), La contestazione dell’arte (Phoebus edizioni, 2013), La radicalità dell’avanguardia (Ombre Corte, 2017), La cooperazione dell’arte (Iod edizioni, 2020); le raccolte di racconti Sogniloqui (Iod edizioni, 2018) e Morfeologie (Iod edizioni, 2019) e il romanzo Sertuccio (Iod edizioni, 2020). Ha curato il volume Contro l’infelicità. L’Internazionale Situazionista e la sua attualità (Ombre Corte, 2014) e Religione/arte/rivoluzione, anche (Massari editore, 2020). Collabora stabilmente con le riviste «Frequenze poetiche», «Segno» e «OperaViva
Magazine». In poesia ha esordito con la raccolta Alienità (Divinafollia, 2019), seguita da Terrestri d’adozione (Edizioni Progetto Cultura, 2021). Suoi versi
sono apparsi su «Dia logue», «La presenza di Erato», «La Repubblica Napoli», «Poetarum Silva», «Transiti Poetici» e in numerose antologie.
*
Bosco orizzontale
prepotenza di natura
da squarciare il cemento
giustapponendo radici
riaffermando felice
un vigore irriducibile
vicino Quarto Oggiaro
si mira l’impossibile
giacché lungo i decenni
dov’era il gasdotto
la terra ha partorito
un bosco indicibile
e tutte le scorie sotto
rami intelligenti
torsioni spericolate
per stare più agiati
gialli misteriosi
le fondamenta assorbono
e forse neutralizzano
anche elementi tossici
per volontà di vivere
nell’involucro prealpino
hanno trovato casa
scoiattoli e lucertole
ricci conigli e volpi
moltitudini di uccelli
ed hanno eletto il gufo
re degli animali tutti
eppure il suo trono
rimane un ramo
ma l’area è pure ghiotta
per il bipede razionale
la sua condotta è nota
nel non lasciarsi sciogliere
il cuore di metallo
da nessuna tinta verde
se non quella del dollaro
il predatore bianco
ci ha messo gli occhi addosso
e che ne sarà adesso
non è dato sapere
*
Semi di battaglia
semina è fede
più che speranza
in ciò che non si vede
il seme va a fondo
nel buio del solco
lo inghiotte e non resta
che attendere il tempo
irrigando né troppo
né troppo poco
questa soglia mi è ignota
contemplo fisso
non stacco la mente
e non germoglia ancora niente
le stagioni sono fratte
il maleficio antropico
le ha rese tutte pazze
distolgo il pensiero
e devo stare attento
a non dimenticare
potenza impercettibile
potrebbe trasformare
sostanza corruttibile
che lascia al suo posto
un corpo di luce
credevo fosse il tempo
ma non è ancora giunto
non getto via la vanga
non depongo il rastrello
rimango sul campo
della buona battaglia
perché non conosco
altro che quella
*
Moto vascolare
vaso d’acqua
schiocca ma non crepa
se si scheggia
è per amore
pioggia leggera
fiotta carezzando
il palmo atteso
vaso solido
congruamente pulsante
senza pigiare
lo rende morbido
e prezioso al tatto
vaso attaccato
dal tossico di un masso
puntato diritto al centro
ma scalzato ad elastico
e presto liquidato
vaso eccedente
liquido regale
umilmente trabocca
ché non ce la può fare
a tenere il rintocco
in una bolla rigida
e senza sbocco
vaso irrorante
giardinetti rossi
e verdi fuoco floridi
roridi di bios
virtù del kairos