Stefano Simoncelli — Inediti

 

Stefano Simoncelli è nato nel 1950 a Cesenatico, ma da diversi anni vive ad Acquarola, sulle colline di Cesena. È stato redattore di «Sul Porto», la rivista di letteratura e politica che catturò l’attenzione di Pasolini, Bertolucci, Caproni, Sereni, Fortini, Raboni, Orelli e Giudici. Nel 1981, con Via dei Platani (Guanda), ha vinto il premio Mondello Opera Prima. Nel 1989, è uscito Poesie d’avventura nella collana “Gli Spilli”, diretta da Enzo Siciliano e edita da Gremese. Nel 2004 è iniziato il sodalizio con la casa editrice anconetana peQuod che ha pubblicato la raccolta Giocavo all’ala (premio Gozzano), nel 2006 La rissa degli angeli, nel 2012 Terza copia del gelo (premio biennale Diego Valeri, giuria popolare) e nel 2014 Hotel degli introvabili. Nel 2015 escono il racconto in prosa poetica Il collezionista di vetri (Italic arte) e la plaquette notizie interferenze sibili (Quaderni di Orfeo). Nel 2017 la silloge Prove del diluvio (premio Europa in versi e Città di Fabriano). Nel 2018 la silloge Residence Cielo. Nel 2019, per Italic arte, è uscita la plaquette La paura dei tuoni. Nel 2020 la silloge A beneficio degli assenti (premio Giorgio Orelli-Città di Bellinzona e premio Frascati-Seccareccia). Nel 2021 la plaquette Un barelliere del turno di notte. Nel gennaio 2022 la raccolta Sotto falso nome, candidata al premio Strega Poesia 2023. Nel 2023 Stazioni remote per Marcos y Marcos (premio Galbiate).

 

 

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Ticchetti quanto le pare la sveglia
sul comodino segnando le cinque,
ma non accadrà questa notte
che me ne andrò via per sempre.
Sarà un’altra mattina, di schianto,
mentre spalmerò la composta di rose
sul pane raffermo e il caffè fumerà
dalla tazza. Forse nevicherà forte
o sarà il trionfo di un’afa asfissiante,
ma non questa notte in cui bacio
in ginocchio le tue profonde ferite
invisibili pregando di poterle guarire.

 

 

 

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Vorrei soltanto che mi restasse il tempo
di sistemare le mie carte, la posta
inevasa, preparare l’abito blu
adatto per la bara, farmi la barba
e non avere nessuna fretta o scalmana.
Poi trovare la forza di venire sotto casa tua,
fermarmi davanti alla porta di legno, citofonare,
sentire la tua voce sorpresa che chiede: “chi è?”
e rispondere: “sono io” come alcuni anni fa
quando non vedevi l’ora che arrivassi
e la vita sembrava degna di essere vissuta.

 

 

 

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Non sarà tutto vero. Gran parte sono sicuro
di averlo sognato. C’era una vecchia cinese
che mi leggeva la mano al mercato nero
delle spezie. Il suo lento respiro odorava
di alcool e tabacco come quello di mio padre
quando rientrava di notte. “Avrai giorni chiari”
mi ha predetto senza guardarmi mai in faccia
“e altri di nuvole nere”. Subito ho pensato
al tuo sorriso sincero, limpido, luminoso
e alle piogge che si nascondono dentro.

 

 

 

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© Fotografia di proprietà dell’autore.