Sandro Pecchiari vive tra Trieste e Firenze.
I suoi lavori più recenti sono contenuti nel Quarto Repertorio della poesia italiana contemporanea (Arcipelago itaca, 2020); la silloge Desunt Nonnulla (piccole omissioni) (Arcipelago itaca, 2020); Alle Spalle delle Cose (VAN, Vita Activa Nuova, 2022). In uscita il suo lavoro più recente Atropo Lachesi Cloto per la casa editrice Puntoacapo.
Presente in numerose antologie tra le quali: Revija SRP 123/125, 2015; Poesía Italiana – 10 Voces Contemporaneas, Buenos Aires Poetry, 2017; Hiša v Ljubljani / Casa a Lubiana, Sodobna slovenska in italijanska poezija / Poesia contemporanea slovena e italiana (Lubiana, 2017), Antologie di Transiti poetici, vol. XIV.
Ha collaborato con il poeta triestino Claudio Grisancich e con Cristina Fedrigo per la parte musicale e corale allo spettacolo su Konstantinos Kavafis “Per altre terre per altri mari” (Auditorium Revoltella, Trieste, 2018); con suoi testi alla meditazione per coro, voce recitante, clarinetti e sax “Agnus dei today” su musiche e direzione di Cristina Fedrigo alla Kleine Berlin (Trieste, 2019); nel videopoem con voce recitante sulla traduzione di “I’ve in the Rain” del poeta canadese Al Rempel con il supporto tecnologico di Erica Goss; lettura nel CD “Umanità su Rotaia” di Cristina Fedrigo su testi di Federico Tavan e Elio Bartolini traduttore e performer per la parte in lingua inglese.
Attualmente collabora con l’Independent Poetry di Faenza, con la rivista Graphie di Cesena, il blog Versante Ripido di Bologna e con il rinnovato Nuovo Almanacco del Ramo d’Oro di Trieste. Scrive anche per Il Ponterosso di Trieste e per Fare Voci di Gorizia.
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e s’inizia dalle sparizioni
dallo sporco del dolore
dal pertugio del vento
un uccello che stride
e spaventa come un vaticinio
le mani minime delle talpe cieche
il loro innalzare mucchi d’aria
la terra di scarto rispuntata
i sassi snudati oltre il fango
rinasceranno se lapidi il passato e
lo ritenti
l’alternativa della vita
è la vita d’altri
allacciata stretta a strozzo
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rimangono
le rune d’una lingua fosca
sarà d’obbligo riadattare i giorni
buttare delle cose
l’ammasso perde nome
in un cupio dissolvi
due mucchi da rifare in uno forse
le taglie diverse solo un poco
lo sfiorarsi delle distanze delle lingue
un liberarsi incerto dentro ai corpi
l’età crescente come luna
la supremazia di suoni sovrapposti
le storie racchiuse nelle storie
a volte insopportabili e il tempo
il tempo ancora se si potrà dire
ancora della vita
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è la parte dura della sparizione
l’arrocco che sperde la sua storia
le personæ spente che non vanno
e tutto finisce in questo luogo
il gorgoglio dei gorghi, sottile
da curvarsi con le foglie
del fango d’alluvione
allunga il respiro.
le rocce attorno. le membra che si slogano
inciampando. gli animali che si ingoiano
tramandando la violenza
della vipera
il puntaspilli dell’ormai vissuto
questo posto bucolico fa orrore
noi confusi come cibo d’una specie
cannibale di se stessa
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© Fotografia di Fabio Rinaldi