Roberto Minardi (Ragusa, 1977). Nel 1999 si è trasferito in Inghilterra. Dal 2005 al 2006 ha vissuto a Panama, dove ha fatto amicizia con dei poeti locali di cui ha tradotto vari testi. A Città di Panama ha pubblicato la sua prima plaquette di poesie in versione bilingue. Nel 2007 la Archilibri di Comiso (RG) ha pubblicato la silloge Note dallo sterno cui segue Il bello del presente (Edizioni Tapirulan 2014). Suoi testi sono apparsi in riviste letterarie (Tratti, Semicerchio, La Mosca di Milano, deSidera) e online, su alcune antologie e sull’archivio multimediale Phonodia dell’università Ca’ Foscari di Venezia. Nel 2015 esce La città che c’entra (Zona Contemporanea), Suoi testi sono tradotti in inglese e in turco. È co-fondatore del progetto poetico dopotutto [d|t], che si occupa di scrittori e scritture del ‘dispatrio’, e ne gestisce, insieme ad altri, il blog e le attività. Risiede a Londra dove lavora come insegnante di lingue.
Roberto Minardi
(inediti)
L’arco del trapiantato
quale impressione coglie dai raggi
che si immettono fra le fessure
dell’avvolgibile, seduta e accavallate
le gambe, aveva dieci chili in meno
andavano per il passeggio al lungomare
i paesani ne ammiravano l’altezza, non solo
la prosperosa eleganza
ora lui parla e esibisce le stesse lacune
che la sposa di rado ha corretto
punge l’odore che emana il bitume
la via stanno tappezzando, la vita comprime
sul divanetto scamosciato, non le prende più
la mano per serrarla sotto l’elastico
cosa passa per la testa mentre
porta di là il bicchiere e il piatto, era già calvo
in carne, strabianco ogni dente
quando illuminava col sorriso i ristoranti
durante le scorpacciate, nel mese delle ferie
nel centro dell’estate, in berlina le tempie colavano
con un fazzoletto di stoffa le asciugava
la storia dell’altro è la storia che ognuno contiene
il peso è differente, uguale, ora si caca addosso
né tantomeno abbondava la poesia, fatta eccezione
per la radiolina senape, la modulazione di ampiezza
i fiotti di sperma, il succhiotto accennato sul collo
con la fatica il giorno passa più veloce
travagliare da mane a sera ha più senso
la storia dell’altro è ogni gesto che l’ha portato a edificare
veniva sì comandato a bacchetta, ma di ritorno a casa
la moglie s’apriva, in totale tre figli
la donna che ora spruzza, passa il panno
asciuga le cornici sopra il mobile
e su una foto languisce.
Storia delle scritture
un carcere libera dal male
che fa la testa lasciata a sé
il sole sega e illumina la polvere della cella
scrisse la storia sui foglietti sparsi
raccontò quel che era e sembrava
da una crepa del soffitto cadevano gocce torbide
più che altro dopo i piovaschi
e percuotendo lo stagno musicavano la mancanza di serietà
il gesto leggero e delinquente
l’emozione impigliata nella cerniera del bomber
l’uccelletto, ad acchiapparlo, l’avrebbe stretto
nella mano di maschio normale ma non per ferirlo, non a lungo
più che altro per vedere quale verso fa
scrisse canzoni con in mente il beniamino neomelodico
sognava le scodelle con il latte
la madre che sgridava e non rassomigliava
alla donna che era dentro di lui
scrisse delle poesie per colei che aveva toccato
a malapena due volte, una solo col dito
se non è questo amare alla grande, cosa è
ne parlò col cappellano
la poesia si dispera per ricordare il profumo di Maria
la poesia intrappola con la promessa dell’aria
i muscoli ingrossano a forza di flettere
la cosa che davvero manca è il muro sbrecciato
dove serpeggia l’erba e i fiorellini sbucano
è la frittella consumata con in faccia il panorama
la veduta delle palazzine accalcate, i quadranti neri e brulli
e lo stabilimento petrolchimico, la lastra di mare tremolante
nelle giornate prive di foschia.
Sogni del lavagista
giace in cassaforte, il passaporto
circolano miti riguardo la località
si parla di un lucchetto dentro l’ano dello squalo
persa la volontà di irridere rimane la ferocia
essa sgorga dalla sola lingua conosciuta
lingua di ballatoio, di cortile e rete divelta
ciascuna bestemmia indebolisce la roulotte
l’incrostazione sul rubinetto non urla
e dalle guaine staccate della finestra il vento entra
e non urla, la ruggine sui metalli non urla
invece rama pavimenti e aria
e ricorre un gabinetto
che si riempie fino all’orlo
l’urina è una chiazza spaventevole
è così tanto simile alla veglia
nessun vespasiano disponibile
la pelle di daino stride contro la carrozzeria
nel luccicato sportello il sole girandola
giungono istruzioni alquanto incomprensibili
le mascelle del capo fanno su e giù
ossa come spiriti coperti da un lenzuolo
forse dunque in un armadietto giace
l’origine più disgraziata, il giorno delle doglie
nel sonno la madre serve la purea di patate
se ne perdono gli occhi
non la cenere dei capelli, non il grasso sotto il mento
nel sonno il corpo è gracile e infante
ma il pensiero è quello di un grande
il corpo è seduto al tavolino
sul tavolino alberga il camioncino dei vigili del fuoco
privo di scritte è bell’e splendente
la sala per il resto è un alone bianco
quando orso incise la forchetta lungo l’avambraccio
nonostante la luce accecante
scoprirono che il suo sangue era altrettanto cremisi
tirarono l’interprete per il polso
le raccomandarono di riportare tutto quanto.
Roberto Minardi (Ragusa, 1977). Nel 1999 si è trasferito in Inghilterra. Dal 2005 al 2006 ha vissuto a Panama, dove ha fatto amicizia con dei poeti locali di cui ha tradotto vari testi. A Città di Panama ha pubblicato la sua prima plaquette di poesie in versione bilingue. Nel 2007 la Archilibri di Comiso (RG) ha pubblicato la silloge Note dallo sterno cui segue Il bello del presente (Edizioni Tapirulan 2014). Suoi testi sono apparsi in riviste letterarie (Tratti, Semicerchio, La Mosca di Milano, deSidera) e online, su alcune antologie e sull’archivio multimediale Phonodia dell’università Ca’ Foscari di Venezia. Nel 2015 esce La città che c’entra (Zona Contemporanea), Suoi testi sono tradotti in inglese e in turco. È co-fondatore del progetto poetico dopotutto [d|t], che si occupa di scrittori e scritture del ‘dispatrio’, e ne gestisce, insieme ad altri, il blog e le attività. Risiede a Londra dove lavora come insegnante di lingue.
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