Riccardo Ielmini è nato a Varese nel 1973. E’ Dirigente scolastico. Sue poesie sono apparse sulle riviste «Atelier» e «Poesia». Ha pubblicato il volume di versi Il privilegio della vita (Borgomanero, Atelier, 2000). Nel 2011 ha vinto il Premio Chiara per la raccolta di racconti inedita, con il volume Belle speranze (Varese, Macchione, 2011).
Riccardo Ielmini
(inediti)
Segnatori di righe al campo di calcio
Ci sono geometrie seminate di lacune
e previsioni fasulle, e speranze mal riposte,
e amorose invenzioni tardive e inopportune
e altro ancora per cui moriremo fuori posto.
Però i segnatori di righe al campo di calcio
avevano la costanza di imbrigliare lo spazio
in una teoria di corde tirate su direttrici
immaginarie, dal vertice delle bisettrici,
e seguivano sgangherati carrelli segnacampo
cigolanti, sprigionanti nuvole di calce
bianchissima, purificatrice, urticante,
rappresa alla pelle livida come uno stampo.
Questo aveva senso. Domeniche mattine d’inverno
freddissime, di vapori, di guazza brinata.
I segnatori di righe con la corda tirata
gettavano messaggi d’intesa a campo aperto:
la voce forava le distanze nella nebbia,
la corda al punto di tensione dava uno schiocco,
ed era come un segnale nel nulla, al blocco
delle mani gelide, incalcinate, alla puleggia.
Questo aveva senso: il compimento del mandato
preparatorio, sapere che non c’è altro sogno.
Poi il sole squagliava le brume, svelava il prato,
il verdemarrone d’erba e terra chiuso nelle righe di fondo.
Anche i segnatori avevano speranze mal riposte,
e previsioni fallaci, e invenzioni amorose tardive:
se le confessavano a bruciapelo nelle soste
della segnatura, a cenni, chiusi nelle loro facce schive.
Però a lavoro finito, i nostri ragazzi fumanti di olio
canforato sbucavano in divisa biancoblu dallo spogliatoio,
si segnavano come buoni cristiani dall’anima nera,
tastando la calce con le dita, come in un’acquasantiera.
Era allora che la dismisura del caos si aggiustava.
Era ancora dopo, a scena svuotata, che i segnatori si trovavano
in sede a mescere vino mero e affettare salame
nostrano, raccontando di memorabili partite lontane,
di inverosimili capolavori di mezze-ali finite in mille guai,
mentre fuori, nella nebbia, tutto tornava a sfarsi,
a ricoprirsi di guazza pronta a gelare,
come se nessun miracolo fosse accaduto, mai.
Ex-voto
Succedono ancora improvvise guarigioni,
fulgidi flash in tempi di disfacimento,
e noi, sfiorati da flebili apparizioni,
toccati sul margine del trasalimento,
percossi dal miracolo su un filo teso,
noi crediamo al ritorno dell’incantamento,
e crediamo al tempo di noi che non si è arreso,
all’elettrico blu delle ortensie in fioritura,
e inspiegabilmente crediamo al cero acceso
sul davanzale, in una notte di calura,
al cero che ci sceglieremo per l’Eliso
(o qualsiasi cosa sia là fuori, avventura
o corale contemplazione di un sorriso)
lo terremo alto, lo porteremo oltre il vuoto
perché rischiari fra altri visi il nostro viso:
noi lo crediamo, vinti da furore ignoto,
mentre notizie di improvvise guarigioni
ingrossano la sfilza oscena degli ex-voto.
Interno lombardo con Frank Sinatra (dal futuro)
Abbiamo varcato indenni l’avventura del tempo:
– è questa la voce che rimandi da un punto del futuro –
Calàti nell’urna dell’autunno siamo precipitati
nel lucido inverno dei laghi cobalto di Lombardia,
e rimasti intatti al soprassalto giallo delle forsizie
nel falso febbraio, noi due: siamo riemersi come prua
di nave relitto, ci siamo abbracciati da lontanissimo
– è questo il racconto che manifesti all’eco, dal futuro –
Sdraiàti nel caldo del nostro domicilio coniugale
è stata discesa nella luce totale dell’estate,
ci siamo distesi nel profumo violento de L’Avana,
ci siamo attesi a interpretare le macchie di Rorschach
e abbiamo svelato un destino da spiantati, da eroi
– è questa risata che lasci gorgheggiare dal futuro –
E abbiamo creduto nell’intimità di corpi e litigi
nel sacro notturno, nel segreto degli infiniti letti,
e intanto c’era la storia paludosa del pianeta
che girava intorno: te lo ricordi il rumore del male,
te lo ricordi Sinatra che suonava e lo schiantava?
– è questa la domanda, questa la mia pena dal futuro –
Se te lo ricordi, l’opera intera non è stata vana,
e siamo redenti, noi due, e siamo piccoli redentori
dell’avventura del tempo che abbiamo varcato indenni,
e lascia che suoni, tu lasciala risuonare la casa
anche ora che siamo sull’apice beato del futuro.
Riccardo Ielmini è nato a Varese nel 1973. E’ Dirigente scolastico. Sue poesie sono apparse sulle riviste «Atelier» e «Poesia». Ha pubblicato il volume di versi Il privilegio della vita (Borgomanero, Atelier, 2000). Nel 2011 ha vinto il Premio Chiara per la raccolta di racconti inedita, con il volume Belle speranze (Varese, Macchione, 2011).
Fotografia di proprietà dell’autore.