Piergiorgio Viti è professore di lettere e scrive da sempre. Come poeta, ha già al suo attivo diverse pubblicazioni ed è uno dei poeti italiani maggiormente tradotti all’estero. È presente nei principali siti di poesia, italiani ed esteri, e in numerose antologie. Ha anche scritto per il teatro: La fiabola di Virginio e Virgilio, con Tosca protagonista, e I sogni di Ray, con Carlo Di Maio. È andato in scena a teatro come autore e voce recitante per La voce dell’uomo, un tributo al cantautore Sergio Endrigo. Come traduttore, ha tradotto I Preludi di Alphonse de Lamartine, con lettura di Ugo Pagliai e Paola Gassmann per il festival “Armonie della Sera”. Collabora con artisti di tutto il mondo, come Ilario Fioravanti, Cécile A. Holdban, John Hewitt, Rita Vitali Rosati, per progetti di commistione tra parola e immagine. Come divulgatore culturale, ha ideato “Versus”, un festival di incontri poetici, e tiene seminari e incontri sulla lettura e sulla scrittura.
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Cosa non ci fa dormire,
cosa ci assilla stanotte.
Non le risate dei monelli
con gli sguardi a infrarossi sui social.
Non i camion sulla statale,
il rantolo delle ruote nel piombo di un asfalto.
Non la frenesia di un latinoamericano,
che da lontano sfrega le paillettes di una gonna,
avviluppa bacini avambracci nel barocco
di un’estate. Niente di tutto questo.
Sarà forse un buio da cui non si sa uscire.
Il fondaco di tutti i pensieri.
Quel sottovuoto che elica il fiato
e lascia bottoni al posto degli ombelichi.
Un chiodo fisso che perfora.
Allora, proprio in quell’attimo,
io e te ci allacciamo in un abbraccio
che sconvolge la materia
le leggi della fisica gli atomi con tutte le particelle
e al risveglio il mondo sembra più buono:
nessuno odia più nessuno,
l’amore è prodigio elementare.
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Per tre quarti non di acqua sono fatto
ma di te, del tuo accanto,
del tuo esserci
scrupolosamente,
miniatura celeste dentro foglia oro.
Ora, nella testa,
mi volano un paio di arcobaleni:
lasciali splendere, c’è tempo
per le tempeste a venire…
Però tu usa premura,
muoviti piano
per insegnarmi il coraggio,
ara tutte le fatiscenze,
infine issami in cima ai pensieri,
lassù, nel punto più alto,
fammi ultima delle tue meraviglie.
*
Entra, entra nella mia stanza,
varca quella porta che tante volte
ci ha lasciato in disparte.
Insegnami il conforto,
l’abracadabra
per un nuovo daccapo,
insegnami lo scirocco
che a mezzogiorno viene
ad asciugare una pena
da federe umide,
insegnami le diottrie
di un sole acceso,
la lavanda del perdono.
Questo e altro insegnami.
Ma varca quella porta,
entra e benda
il mio cuore da emorragia,
poi curalo come un usignolo
nel nido
che ti si è aperto tra le mani.
*
Ti piace questa poesia?
Prendila, usala come vuoi, lei è quello
che decidi che sia.
Ascoltala, zittiscila oppure lasciala
continuare, che sia la tua voce
quando non avrai più voce.
Sì, abbocca alle parole, falle tue,
una civetta
che sa sempre a quale luna cantare.
Prendila, questa poesia,
gettala alle ortiche, dalla in pasto
ai cani oppure tienila in un cassetto,
lasciala riposare.
Saprà lievitare
come le confidenze del vicino.
Come un autunno che arriva,
ma in tasca
ti lascia il garbo di un nodo.