Nicola Grato
Inediti
L’icona della discendenza
io sono la vite e voi siete i tralci:
l’icona della discendenza, delle
radici fonde e forti, una coperta
fatta con le buse, sua madre gli diceva
parole che lui non capiva. Le prime
foglie nel vigneto, un giorno saranno grappi
gonfi: l’amore che nulla vuole.
È tornata la rondine, Dio Padre
s’allunga in forma di spiga sui campi,
chi è morto oggi è qui, in questa casa:
con noi rende grazia e con il vino,
con l’aria buona del primo mattino.
*
La parola padre
erano i giorni lunghi, quelli senza
fretta di ritornare nella casa
sul Corso dove aspettava tua madre:
tempo da calendario, giorni e mesi
si faranno per te fughe di lepri,
nuvole di settembre su Busambra
e la danza smargiassa della volpe
tra le viti vendemmiate da poco.
La parola padre era il pane caldo
dell’infanzia, poi fu il tuo corpo magro,
insonnia di novembre, l’ospedale.
Era forte il caffè della Bialetti,
la morte veniva era vento dal mare.
*
Frontiera
frontiera è l’orizzonte che vedi ?
lo vedi? è rosso in un punto lontano,
oltre la mano, la sedia, il balcone
oltre ben oltre il rumore del giorno
scivolare indistinta, pelle e nervi
dell’uomo, ruga di vecchio, fatica
antica consumata in ore dure,
frontiera che t’è di fronte, preghiera
all’oriente e ultima luce a ponente
voce del più solo fra i soli, volo
di gabbiano, memoria e incantamento:
si dilata la frontiera, ha la faccia
azzurra del mare il mare di sale ?
è mappa di vene ai polsi, è strada
a scartamento ridotto, una sala
d’aspetto affollata, la mareggiata
che ci porta le storie da lontano.
Fotografia di proprietà dell’autore