Alberto Mari (Milano, 1937) è poeta e artista visivo. Ha pubblicato le raccolte di poesia Scomparse (Milano,Guanda, 1979), Manovre (Milano, Moizzi, 1984), Il mondo d’un fiato (Milano, La Vita Felice, 1996) e Pensieri, orologi (Ibid., collana Niebo, 2005). Tra le ultime plaquette si segnalano: La casa di sé (Bergamo, edizioni d’arteEl Bagatt, 1991) e Non è tutto (Como,Dialogolibri, 2003). Ha inoltre pubblicato tre diverse antologie di cultura popolare nella Collana Oscar Mondadori, fra queste Fiabe popolari italiane ed è autore de Il posto delle favole (Roma,Stampa Alternativa, 2001). Sue opere sono state esposte recentemente allo SpazioBocca, alla galleria Sblu spazioalbello e all’officina Coviello di Milano. Ha partecipato a diverse rassegne presso il Museo della Carale Accattino di Ivrea, alla biblioteca di Cologno e alla Galleria Quinto Cortile di Milano. Per maggiori informazioni, accedere al suo sito personale, qui.
Alberto Mari
(inedito)
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La guerra perbene
Arretra cielo sferico, resta incubo
nel contegno degli angeli. Le tue acque
di cristallo riflettono il cratere delle orbite
e il curvo astro sporgente nell’angolo,
non ammette il limite dell’immagine,
deserto lunare tra la mente e lo schermo
neutro. Immenso è il gorgo infernale,
pareti in discesa, imbuto d’ali avvolgenti
il mondo catodico. E nel suo ventre gli
spettatori non si contano, neppure
immaginano quanti sono e quanti hanno
contro. In altri si specchia la regia
delle divise, una per tutti, il destino nelle mani
indipendenti, l’uso personale della morte,
delle statistiche obbedienti. Caratteri, ombre
della metropoli, ascessi di stato, nelle gole
degli ascensori quotidiani. L’assuefazione nei
corpi, in ogni poltrona un combattente, la coscienza
del telecomando, senza rendersi conto di quanto
sia astratto il dolore e il silenzio immane, oltre l’unica
parola. Guerra, guerra con i guanti, guerra perbene.
Riecheggia nel canto solidale della folla, nel turbine
contabile dei morti e il vuoto esemplare del cerchio,
uno dei tanti centri irriconoscibili nel mirino. L’arma
e il bersaglio imbambolati si scambiano freccette,
opinioni… “siamo tutti invasori dispiaciuti”. Ed è giusto,
sbagliato … al taglio della stupida torta dei discorsi.
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Fotografia di proprietà dell’autore