@ Fotografia di Chiara Toscani
@ Fotografia di Chiara Toscani

“La lingua batte sul ferro”, la poesia operaia di Matteo Rusconi.

A cura di Massimo D'Arcangelo

 

La lingua batte sul ferro, diresti leggendo le poesie di Matteo Rusconi.
La lotta e le speranze della classe lavoratrice trovano espressione nei versi di Rusconi, operaio metalmeccanico e poeta che esplora i temi del sacrifico, della dignità e della ricerca di giustizia sociale nelle fabbriche.
Con Trucioli (Aut Aut, 2021), Rusconi si pone definitivamente tra i protagonisti indiscussi della poesia italiana operaia del XXI° secolo, documentando e delineando le sfaccettature dell’esperienza lavorativa e sociale degli operai in lotta per far valere il diritto al lavoro e il diritto all’identità personale, contro l’alienazione e lo sfruttamento; proseguendo di fatto quella resistenza di classe e ricerca poetica portata avanti da autori, compagni a lui cari, come Ferruccio Brugnaro, Fabio Franzin, Pasquale Pinto, Luigi Di Ruscio, che le loro vite le hanno passate tra gli ingranaggi folli dell’industria moderna, dove l’uomo è assoggettato alla macchina e alla frenesia del guadagno.
Con Matteo Rusconi si apre una nuova generazione di poeti operai puri che, dall’esperienza diretta vissuta nella fabbrica, rivelano – come sismografi – l’intensità, la magnitudo dei soprusi e dei diritti violati. Gli stessi diritti del lavoratore che lo Stato Italiano cita nella Costituzione e, pertanto, dovrebbe tutelare, così come viene fatto eroicamente dai sindacati (associazioni private) per rappresentare sul campo i lavoratori affinché la dignità umana non venga oltraggiata.

 

Massimo D’Arcangelo

 

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Poesie scelte di Matteo Rusconi

 

CONTESTAZIONE DISCIPLINARE

 

Si contesta al signor “poeta”
che sul posto di lavoro egli si scervella troppo
provocando il tragico rallentamento delle consegne
con dolorose conseguenze.
Si rende noto che secondo legge
la nostra legge
gli è tassativamente negato di sfarfallare,
qui non è mai la stagione adatta per uno sfuggente svolazzare
si deve lavorare
senza sosta produrre
e frastornarsi con i rumori della galera.
Se si vuole un po’ di aria fresca
sarebbe meglio cercarla altrove,
magari dove è concessa anche l’erba di un recinto…
D’ora in poi non saranno più tollerate
impaginazioni di corrieri sibillini
e sarà vietato a chiunque si creda uno scrittore pittore cantore
di sprecare colore per imbrattare le ore dedicate alla reclusione.
In fondo, è per grazia da noi concessa
timbrare un cartellino
perdere lo status di Poeta
quindi, si richiede la massima devozione
e di scambiare il volto di Dio con quello del padrone.

 

da La nostra classe sepolta. Cronache poetiche dai mondi del lavoro (Pietre Vive, 2019)

 

*

 

Prendete un povero cristo
e gettatelo tra le mascelle di un tornio
oppure tra i denti di una fresa
da mattina fino a sera
tutto il giorno gobbo a stringere il lavoro
guardatelo come impazzisce e si consuma
quanta schiuma gli sale in corpo
e aspettate poi che esca dalla fabbrica
per vedere dove sfoghi la rabbia
se nelle relazioni sociali
oppure a tavola su moglie e figli
chiudetelo in un buco di reparto
e spiatelo
a ciondolare a uccidersi di noia
a perdere pezzi mentre i minuti cadono
a spegnersi con il determinato
senza dargli conferme per il futuro
prendete il suddetto ex uomo
e chiamatelo maiale
e tenetelo stretto per il collo
vediamo se non stacca gli occhi dal lavoro
vediamo se non vi incendia
una volta dentro al vostro cazzo di ufficio

 

inedito

 

*

 

Le luci del mattino non sono fatte di alba
sono led fluorescenti che investono la via
e la fanno apparire viva.
La produzione già mi aspetta con i suoi cancelli aperti
e con le finestre degli edifici che sembrano sguardi assatanati.
Le ante dei portoni mi ricordano fauci spalancate.
Le macchine all’interno sono diavoli che non dormono
attendono la mia carne per pungerla e squamarla
sotto vivide luci da sala operatoria.
La fabbrica è una bestia che nera non riposa,
ha denti d’acciaio cariati di polietilene
con cui mi morde polpastrelli e palpebre
e la strada tortuosa è la sua lingua che viscida mi cattura.
La fabbrica è una bestia che mi insegue giorno e sera
reclama la mia schiena
mi vuole possedere con i suoi meccanismi
mentre le luci del mattino
rimandano a tremori di stanchezza che non passa
e io sono stanco, tanto stanco di scappare.

 

da Trucioli (Aut Aut, 2021)

 

*

 

Un uomo dichiara il suo amore a un tornio
portandogli in dono un bouquet di utensili
ma il tornio vorrebbe di più
allora l’uomo
gli versa un secchio di chimico refrigerante
gli rabbocca la centralina di olio
lo ripulisce anche dal più piccolo truciolo
ogni santissimo giorno
ma il tornio vorrebbe di più
quindi l’uomo
preso dal suo grande amore
comincia a lavorarci per dodici ore a giornata
rinunciando alla famiglia
dimenticando la faccia dei propri amici
offrendogli in pasto sempre più materiale grezzo
ma al tornio non basta
a questo punto l’uomo
consumato da tutto questo suo folle amore
si inginocchia
e infilando una O-Ring all’estremità dell’albero motore
perentorio pronuncia la promessa
“finché morte bianca non ci separi”.

 

inedito

 

*

 

L’avviso di rinnovo del contratto
mi arriva via mail
nel giorno che chiude aprile
come regalo
per il mio primo maggio.
L’ultima volta
che ho sentito di una mail
da parte di un datore di lavoro
era per lasciarne a casa
più di quattrocento.

 

inedito

 

*

 

Il vecchio Carlo si lamenta
di un dolore alla spalla:
anni e anni a verniciare
gli hanno corroso ogni cartilagine.
A sentirlo parlare, però
sembra un uomo gonfio di vita
anche se la sua vita già si è sciolta
attraverso una mascherina
di morbido polipropilene.

 

inedito

 

*

 

Il gesto era molto semplice:
svitare la piccola vite dell’utensile
con una chiave T7.
Ma l’olio, si sa, non facilita la presa
quindi le dita scivolano
e si portano dietro l’intera mano.
Un taglio da niente, mi dico
dobbiamo dare cinque punti, mi dice l’infermiere.
Sono a casa da tre giorni
con un palmo libero e l’altro bendato:
i punti che mi hanno dato
mi allontanano dalla vincita del premio.

 

inedito

 

*

 

Sulla bacheca in area ristoro
il grafico con l’incidenza degli infortuni.
Si punta allo zero
per evidenziare che qui si lavora in sicurezza
per rimarcare che la salute
è anch’essa fonte di guadagno.

inedito

 

*

 

#44

Mi porto a casa il rumore della fabbrica
come un reduce porta dentro di sé
il ricordo della guerra.
Nella doccia ritrovo
lo stridere del metallo
il battere del martello
e tra i capelli ho sparsi i trucioli di un cristo di ferro.
Il tempo ciclo è importante più dell’anima,
la velocità è tutto
gli avanzamenti sono tutto
e il mio invecchiare è il niente,
io sono solo un meccanismo sostituibile.
Mi porto a casa l’odore della fabbrica
come un cane che ritorna da un tuffo nella fogna
e sul limitare penso spesso
al tempo perso là dentro
alla poesia di Prévert nel mio armadietto
e al sole che brucia le spalle
mentre alla mia pelle ci ha già pensato il solvente.

da La nostra classe sepolta. Cronache poetiche dai mondi del lavoro (Pietre Vive, 2019)

 

*

 

Non passa giorno
che la morte non pianti nel ferro
la sua stele bianca
non passa giorno
che non subappalti il suo teatrino
a ditte di costruzioni e a fornaci
a impianti di produzione
ad agenzie interinali e mercati
non passa giorno
che la morte non si spogli
e assuma un nome diverso:
Epifanio Giuseppe Roberto Ignazio
Joao Rolando
Mohamed Taofik Luigi Renato
Michele Cosimo Kevin Michael
Stefano Paolo Petru Gianni Sergio
Vito Filippo – padre e figlio

La morte si sconta vivendo
e la vita si sconta lavorando.

 

inedito

 

*

 

Varcata la cancellata
siamo legionari che si conquistano il pane.
Le antinfortunistiche sono scudo
la chiave a brugola è gladio
la lima a denti grossi il pugnale dell’affondo.
Le nostre vite restano fuori
come cani fedeli
come l’amante che aspetta il suo turno.
Passiamo alla storia
con il nome inghiottito dall’azienda.

 

da Trucioli (Aut Aut, 2021)

 

*

 

LUNEDÌ

Dall’altro lato del reparto
quattro operai
parlano in modo animato.
Uno agita il pugno in alto
un altro getta a terra il martello in bronzo
gli altri due visibilmente scuri in volto

Ci sarà uno sciopero?
Qualcuno è stato licenziato?
Non saranno state pagate
le ore di straordinario?

No, si discute
per un cazzo di rigore non dato.

 

da Trucioli (Aut Aut, 2021)

 

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Matteo Rusconi è nato a Lodi nel 1979. Ha frequentato l’istituto tecnico industriale, e una volta diplomatosi è subito entrato in contatto con la realtà del mondo del lavoro, in particolare quello della fabbrica, tema principale delle sue poesie. Ha pubblicato le raccolte Sigarette – Venti Poesie Per Smettere Domani (2017), Trucioli (2021, Aut Aut Edizioni) e #smartpoetry (Porto Seguro, 2022). Suoi testi appaiono in antologie di poesia contemporanea e sono stati tradotti per riviste estere. Conduce Sourpoetry, format streaming di divulgazione poetica. Collabora con Finestre — lit-blog de L’Irregolare.