Giulio Di Dio, classe 1992, di professione medico. Cresce a Niscemi e studia all’università di Catania, dove oggi vive e lavora. Nel 2014 insieme ad altri poeti e amici ha fondato il Centro di Poesia Contemporanea di Catania, col quale organizza laboratori di poesia, incontri di lettura e festival nazionali fra cui l’Atelier delle Arti, giunto quest’anno alla sua quarta edizione. Nel 2018 ha pubblicato per i tipi Le Farfalle di Angelo Scandurra la raccolta di poesie “Trame del silenzio”, con prefazione di Anna Buoninsegni. Sue poesie sono apparse sulla rivista ClanDestino, all’interno dell’antologia “Contemporary Sicilian Poetry: a Multilingual Anthology” a cura di Ana Ilievska e Pietro Russo (Italica Press, 2023)” progetto nato in collaborazione fra l’Università di Catania e la Stanford University, Division of Literatures, Cultures, and Languages e in “Dark Way of Sicily – voci black” (ilglomerulodisale, 2024).
Gli inediti sono tratti da “Zammastra” di prossima pubblicazione (Capire Edizioni, 2025).
* * *
Il tuo silenzio è un filo di piombo
è la verticale che la prima volta
mi hai disegnato con la tua schiena
sul mare
il tuo silenzio è questa notte una cattedrale
aperta sulle strade di Palermo
sulle sue enormi navate
con al centro il letto
che il giorno prima avevi montato.
*
Ha taliari i passola
u cunigghiu ha statu o iazzu
si ‘nfilau nto lavinaru
runa accura e cani
che pigghianu a maniata
mettiti ddo pulitu
a canna l’ha teniri sempri all’aria
viri su ddocu c’è maníu
chista è a pinnata o cuccu
scinnimu o vadduni
ni facimmu na caminata
n’posta ha fari silenziu
i peri hanu a essiri ri cuttuni ncapu a tana
mettici a cianciana o firettu
trasilu intra a panara
t’ha purtari appressu sempri na catina
runa accura o sparari
runa sempri a vuci
bbiammu ddo ruccazzu
chiammiti i cani
viri unn’è Gnaziu
chiammiti a to ziu
che ristau ppi petra i finàita
Dik i cunigghia i scuppulava
re macchi re ddisi
Sbizziusa ddo vadduni ci faciva veniri u pisciasangu
“Mi staiu dichiannu”
unn’è dda cosa fina?
unn’è ssu beddu i ma niputi?
a n’avitri centanni u po diri ri to nannu.
“Nó, caríu ssu cunigghiu,
tenimi cca
quantu u va ricogghiu”
Devi guardare i sentieri sull’erba\ il coniglio ha dormito nel suo riparo\ è entrato nel letto del fiume\ stai attento ai cani\ che hanno sentito la traccia\ spostati dove l’erba non è alta\ le canne del fucile devi rivolgerle sempre in alto\ vedi se lì ci sono le tracce\ questo rifugio è chiamato il tetto dell’allocco\ andiamo nella valle del fiume Maroglio\ passeggiamo nella campagna\ in appostamento devi fare silenzio\ i piedi devono essere leggeri come cotone sopra la tana del coniglio \ metti la campanella al furetto\ fallo entrare nella sua cesta\ devi sempre portare con te una catena\ stai attento a sparare\ fai sempre sentire agli altri dove sei\ cacciamo col furetto nella grande tana di pietra\ chiama a te i cani\ vedi dov’è Ignazio\ chiama tuo zio\ che è rimasto da solo come una pietra di confine\ Dik faceva scappare i conigli dai cespugli di disa\ Sbizziusa li faceva spaventare a morte\ “sto svenendo”\ dov’è quel personaggio sopraffino\ dov’è mio nipote il bello?\ Fra cento anni potrai raccontare di tuo nonno\ “Nò, quel coniglio è morto\ tieni il fucile\ vado a raccoglierlo”
*
Per cosa accendono le luci del porto?
Qui la notte è ancora lunga
e sembra sempre guerra
il mio e il tuo silenzio
due trincee da attraversare
ma leggo a un tratto
MERAVIGLIOSO
ORFEI
luce fortissima
senza risparmio
senza nessun biglietto venduto
domani forse sarà tutto OK
zero killed nel bollettino
ci sveglieremo piano, riposati
tenuti nel mattino e sazi di sonno
negli occhi un’altra volta il circo
la sua luce esagerata.
Varrà ancora la pena rifare la strada
scavare la terra per un segno di festa
per la tua risata,
ricercare il filo
lo sguardo tuo elettrico
emergenza notturna di luce
cometa bambina
gioia accesa di un minuto
gioia lampadina.
* * *
© Fotografia di Francesco Pascucci (Pask).