Giulia Bologna – Inediti

Giulia Bologna (1990) è laureata in Psicologia Clinica. Ha vinto il primo premio di poesia inedita “Pagine Marchigiane” 2023 dell’Associazione Versante. Ha vinto il 3° Premio Assoluto dell’Undicesima edizione del Premio Nazionale di Poesia “L’arte in versi”, organizzato da Euterpe APS di Jesi, nella sezione Sperimentazioni poetiche e nuovi linguaggi (sotto-sezione: dittico poetico) insieme ad Eugenio Griffoni.

 

*        *        *

 

Vita non è vita
se non in transito
verso la sua mancanza,
verso la speranza vana
dell’incontro.

Nel fiordo del senso
ancoriamo le nostre parole
e nell’incavo del tempo
gettiamo i nostri germogli
più cari.

Nei nodi dell’Aria
appendiamo le ombre più buie
all’ineffabile
saldiamo tutta la nostra eternità.

Siamo cera restituita dal fuoco,
alfabeti in fuga centripeta dall’abisso
ignifero rigettato dal buio.

 

*

 

Teniamo traccia di ogni assenza/
di ogni rosa che manca all’appello/
di ogni pietra che argina il vento/
di ogni giorno
che è solo polvere –

guardiamo nel fondo
rimestiamo
cerchiamo l’irripetibile d’ogni vita/
il caglio dei mondi/
la genitura dell’origine/

                  cercando la chiave di qualcosa
che non ha nome.

Trovando soltanto       il grido
di questi versi.

 

*

 

E dunque non patteggiare il potere,
non tacere il velo
che rivela il dissesto.
Vedo il soffocamento del segreto,
la copertura della ferita
                  inastata a nido del presente.
Chi deborda, chi eccede la parola,
chi resiste oltre la fine,
                  conservando il proprio scalpello
                  del dissanguamento continuo?
Chi scioglie la propria pelle
uscendo dal compasso di Dio?
Stanotte prendi       ogni fonema
come ago per scucire gli alfabeti,
fermenta i liquidi
in un nuovo ordine chimico.
Stanotte innesta      la fotosintesi

                  nel midollo spinale,
poi sarà altra pigiatura inaugurale,
altro scoppio di stelle.

Allora
svezzando il mondo
tutto avremo dato.

 

*

 

Solideo

Cosa portiamo alla vita in dono
se intorno v’è solo
malagrazia e pietra dura?
Se dobbiamo ancora pagare
il nostro fio?
Siamo soltanto soglie
da attraversare,
                  ciechi erratici
ad urlare in ginocchio
avanti ai camini del cielo.

Solamente con la bocca violata
dagli sterpi
– immersa nell’humus –
sapremo cantare
in tutte le lingue di Dio.

 

*

 

Il vino ci consola,
ricordi?
Ricordi quei corpi
immacolati per la resa dei conti?
Guardali ora
nel cordoglio
hanno un altro cielo per il perdono-
un luogo dove si possa riposare
dimenticando i passi fatti
su questa terra
e un giorno dove si possa
ricominciare
con nuovi re
nuovi papi
nuove stirpi
nuove strade
nuove parole.
Un mondo di pellegrini
e un nuovo Dio.
(Questo intanto ci urina in testa
mentre protetto c’arride.)
Sarebbe bello
contare i millenni a manciate,
farne storia e polvere.
Ma l’uomo è stanco
e la terra non restituisce pietà.
Sarebbe bello ascoltarti in eterno
mentre parli mesto di tua madre
mentre ometti l’importante
mentre semini vittime
e mieti la tua memoria.
Sarebbe bello non avere paura
quando la mattina ci si sveglia/
conservare il coraggio della notte
anche il giorno.
Ma questa è la risposta:
oggi sono sul letto
e non ho intenzione di uscirne.
Conserverò la speranza
per il prossimo anno.
Conserverò la carne
le parole
i respiri e il sangue.
E conserverò te
in qualche meandro della memoria
che non tace mai.
Forse vedremo altri cieli
altri oltraggi che oscurano altri pianeti-
altre vite che sfrutteremo.
Ho gridato il tuo nome
quando il tuo nome era ancora Adamo,
ma stanotte griderò tutti i nomi
che abbiamo dimenticato
strappati alla sabbia
alla terra
alla lontananza del creato
riemersi dalle dune-
coniugherò ogni verbo
per vederle fiorire.
Ci sarà un diluvio
ricordi?

 

*

 

Parlavi      rimestando
                  nella ghiacciaia:
“io covo la mia esultanza       nel turibolo”.
Hanno immolato lo smarrimento
per ricusare la specie,
incrinato il passo
che ci precede negli inizi,
reso lattescente nebbia
il nostro respiro.                   

                  Ecco.
                  Ora siamo ruggine in una carniera,
                  siamo al confine d’un deserto
                  senza oasi e mulattiere.

(Il siero rimesta
nel fondo del Lete
come sangue ramificato
nella sabbia).

Che la terra promessa
      ci riarda nelle mani.