Francesca Saladino — Inediti

 

Francesca Saladino nasce a Caserta nel 1994 e oggi vive a Cuneo. Psicologa clinica, cantautrice e performer, porta avanti un progetto di poesia estemporanea collezionando “ritratti di parole per persone di carta”, componimenti basati sui colloqui avuti coi soggetti ritratti. Nel 2022 questo lavoro si è evoluto nel duo artistico “DISPARI”, un progetto sperimentale di poesia in musica, con la produzione di quattro opere audio visive. Campionessa regionale campana di poetry slam per Slam Italia negli anni 2016 e 2017, è stata co-fondatrice del collettivo campano “CASPAR” per la diffusione e la valorizzazione della poesia orale e slam sul territorio. Nel 2018 e nel 2019 ha ideato e organizzato “Pop Poetry”, rassegna teatrale di spettacoli in versi e spoken poetry presso “Officina Teatro”, terminata con un festival dal medesimo nome presso la sala concerto SMAV di Santa Maria A Vico. Dal 2020 è la voce del progetto cantautorale SANTAMARIA con tre singoli editi ed il primo album in produzione. Recentemente ha pubblicato la silloge poetica “I rami, i morti, i canti” (Samuele Editore, 2023). Ora si sta dedicando alla rassegna poetica dell’associazione fossanese “Granda In Rivolta” e all’organizzazione del torneo “Versala! Poetry Slam”, a Cuneo, portando avanti il format nato con “Pop Poetry”.

 

 

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Sulla panca di pietra e formiche
non mi ero accorta di nulla.
La coreografia degli steli d’erba
colpiti dai fari nei tempi del sole
dietro le quinte d’alberi e arbusti.
Neanche un sipario a giustificarmi
e loro non sembrano offesi
mentre distesi a suon di cicale
mi fanno l’inchino. Come d’usanza,
diretti dal vento, fino al tramonto.

 

 

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Ti sei fatta casa per lasciarmi andare,
in piedi su un grappolo di scricchioli
ai quali posso tornare a bere.
Scoppia un’altra guerra
mentre conto gli steli d’erba.
Ti chiedo scusa se vivo in anni prodigiosi
restando ferma e incapace a cantare.
Non sono mai stata meravigliosa, ho mangiato
e ho dormito e ho creato poco stupore.
L’enfant è cresciuta, l’enfant è morta
in una manciata di giorni colmi d’amore.

 

 

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È arrivato il vento del nord
a insegnarci il calore.
Ha fatto volare via gli uccelli
lasciando i capelli tutti annidati e tinti
d’autunno come i tuoi denti
seppelliti negli anni
dentro ai silenzi della casa.
Non c’è un alito di preghiera.
È tutto un tremore di foglie e paura.
Per piacere apri la bocca
e lascia cambiare l’aria.

 

 

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Non era amore il mio alibi in posa
e tu mi dici di tornare ancora e ancora all’amore.
Per quel che vale io ho solo parole
da giustificare e va bene. Lo so,
non scrivo male.
Non so fare l’amore.
Non so fare neanche il pane.

 

 

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© Fotografia di Giovanni Vanacore.