Virginia Woolf, nel saggio Donne After Three Centuries – contenuto nella raccolta The Common Reader (The Hogarth Press, 1932) –, si interrogava sulle ragioni che rendevano il poeta inglese, intorno agli anni Trenta del Novecento, ancora così straordinariamente attuale.
Quasi un secolo dopo potremmo domandarci lo stesso. Donne è stato ampiamente tradotto e amato anche nel nostro paese, da voci sia maschili sia femminili (ricordiamo le celebri traduzioni di Cristina Campo), è stato citato in diverse canzoni (tra cui Islands dei King Crimson), nei libri più svariati (da Il castello errante di Howl a Il silenzio degli innocenti), in vari film (tra cui il Dorian Gray del 2009) – e quanti autori possono vantare un cratere con il proprio nome sulla superficie di Mercurio?
La prima qualità che Woolf attribuisce ai testi del poeta, saggista, avvocato e chierico della Chiesa d’Inghilterra, non è il loro significato – pur essendo rimarchevole –, ma qualcosa di più schietto e fulmineo: «l’esplosione con cui [Donne] irrompe nel discorso»* [vedi nota in fondo all’articolo]. Nessuna premessa, nessuna introduzione: ci catapulta nel suo mondo, ci rende subito spettatori di una scena, di un dettaglio, come avviene, per esempio, nell’incipit di Song:
Goe, and catche a falling starre,
Get with child a mandrake roote
Vale a dire:
Va’, cattura una stella cadente,
ingravida una radice di mandragola
In questo senso, quindi, aprendo un breve inciso, Sylvia Plath rivela, in un’intervista per il British Council del 1962, di essere stata accusata di cominciare le poesie come John Donne senza però essere in grado di concluderle come lui: «I remember being appalled when someone criticized me for beginning just like John Donne, but not quite managing to finish like John Donne (and I felt the weight of English Literature on me at that point)» (per ascoltare l’intervista: https://youtu.be/g2lMsVpRh5c?si=Uns9czuSACq2A2qL).
Donne è stato senza dubbio un autore poliedrico: ha scritto satire grondanti di disprezzo, saggi, elegie, epigrammi, sonetti sacri e molto altro. In questa sede, però, ci soffermeremo sulle sue poesie d’amore, e in particolare su Womans constancy e The Dreame, che ho provato a tradurre.
Secondo Woolf, innamorarsi, per John Donne, simboleggiava molte cose, ma significava soprattutto dire la verità, il che lo distanziava in modo netto dalla tipica poesia d’amore elisabettiana. Donne, per sua natura, non avrebbe mai potuto incarnare in una donna un ideale di perfezione e amare lei e soltanto lei – sempre a detta della scrittrice inglese –, ragion per cui, per una forma di onestà intellettuale, non pretende di farlo nella sua opera letteraria. Cantare un’unica figura avrebbe di certo soddisfatto il decoro e le convenzioni sociali della sua epoca, ma il nostro poeta, da bravo anticonformista, non lo fa. In The Indifferent scrive: «Loves sweetest Part, Variety» («la Varietà, la parte più dolce dell’amore»), affermando di poter amare qualsiasi ragazza, a patto che lei non sia fedele. Ed è esattamente «l’unione di tanti svariati desideri» continua l’autrice, «che dà alla poesia d’amore di Donne non solo la sua vitalità, ma anche una qualità che raramente si trova con uguale forza in un amante ortodosso e convenzionale – la sua spiritualità»* [vedi nota in fondo all’articolo].
Sarebbe sbagliato, però, credere che per questi motivi le poesie di Donne siano allora disincantate, fredde o superficiali. Al contrario, forse proprio perché consapevole della transitorietà dei rapporti umani, il poeta inglese sembra vivere l’innamoramento in modo totalizzante e trascendente, consegnandoci vicende sognanti e cariche di adorazione in cui la donna amata – o lui stesso – appaiono sempre in procinto di andarsene, quasi spezzando un incantesimo o riaprendo un’antica ferita.
Valentina Furlotti
* * *
The Dreame
Deare love, for nothing lesse than thee
Would I have broke this happy dreame;
It was a theme
For reason, much too strong for phantasie.
Therefore thou wakd’st me wisely; yet
My Dreame thou brok’st not, but continued’st it.
Thou art so truth, that thoughts of thee suffice
To make dreames truths; and fables histories;
Enter these armes, for since thou thoughtst it best,
Not to dreame all my dreame, let’s act the rest.
As lightning, or a Tapers light,
Thine eyes, and not thy noise, wak’d mee;
Yet I thought thee
(For thou lovest truth) an Angell, at first sight;
But when I saw thou sawest my heart,
And knew’st my thoughts, beyond an Angels art,
When thou knew’st what I dreamt, when thou knew’st when
Excess of joy would wake me, and cam’st then,
I must confesse, it could not chuse but bee
Prophane, to thinke thee any thing but thee.
Comming and staying show’d thee, thee,
But rising makes me doubt, that now,
Thou art not thou.
That Love is weake, where feare’s as strong as hee;
‘Tis not all spirit, pure and brave,
If mixture it of Fear, Shame, Honour, have.
Perchance as torches, which must ready bee,
Men light and put out, so thou deal’st with mee.
Thou cam’st to kindle, goest to come; then I
Will dreame that hope againe, but else would die.
*
Il sogno
Caro amore, per nient’altro all’infuori di te
avrei infranto questo sogno felice;
il tema, adatto alla ragione,
era troppo forte per la fantasia.
Per questo hai avuto l’accortezza di svegliarmi; eppure
non hai infranto il sogno, l’hai continuato.
Sei così vera che pensarti basta
a rendere i sogni realtà e le favole storia;
entra fra queste braccia e, dato che hai preferito
non sognassi tutto il mio sogno, insceniamo il resto.
Alla stregua di un lampo o come luce di candela,
sono stati i tuoi occhi, non il clamore, a svegliarmi;
a prima vista ho pensato fossi un angelo
– lo dico perché ami la sincerità;
ma quando ho capito che vedevi il mio cuore
e conoscevi i miei pensieri molto meglio di un angelo,
che sapevi cosa sognavo e in quale attimo troppa gioia
mi avrebbe svegliato e proprio allora sei intervenuta,
ho dovuto ammettere che sarebbe stato blasfemo
immaginarti diversa da te.
Ti sei rivelata venendo e restando,
ma ora che ti alzi ho il dubbio
che tu non sia tu.
Debole è quell’amore forte quanto la paura;
e l’anima non è del tutto limpida e coraggiosa
se è impastata di timore, vergogna e orgoglio.
Forse mi hai trattato come quelle torce
che vengono accese e spente dagli uomini,
e devono stare pronte.
Sei venuta per accendermi; te ne vai per tornare: così io
sognerò ancora quel desiderio, e non morirò.
* * *
Womans constancy
Now thou hast lov’d me one whole day,
To morrow when thou leav’st, what wilt thou say?
Wilt thou then Antedate some new made vow?
Or say that now
We are not just those persons, which we were?
Or, that oathes made in reverentiall feare
Of Love, and his wrath, any may forsweare?
Or, as true deaths true marriages untie,
So lovers contracts, images of those,
Bind but till sleep, deaths image, them unloose?
Or, your owne end to Justifie,
For having purpos’d change, and falsehood; you
Can have no way but falsehood to be true?
Vain lunatique, against these scapes I could
Dispute, and conquer, if I would,
Which I abstaine to doe,
For by to morrow, I may thinke so too.
*
Costanza femminile
Ora che mi hai amato per un giorno intero
domani, quando te ne andrai, cosa dirai?
Dichiarerai datata una promessa appena fatta?
Sosterrai che adesso
non siamo più le persone che eravamo
o che i giuramenti pronunciati in preda al timore
dell’amore e della sua ira si possono rinnegare?
Affermerai che, proprio come la morte disfà i matrimoni,
così i contratti degli amanti, a immagine di quelli,
vincolano solo finché il sonno, specchio della morte, non li scioglie?
Mentre tenti di giustificare il tuo voltafaccia e la tua menzogna,
non hai altro mezzo della falsità per essere vera?
Pazza egocentrica, posso contestare queste teorie,
e annientarle, se voglio,
ma mi astengo:
da qui a domani, potrei pensarla come te.
Traduzioni a cura di Valentina Furlotti
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Valentina Furlotti è nata a Parma nel novembre del 1993. È laureata in Filosofia e si è specializzata come docente di sostegno. Insegna in un istituto agrario. “Fosforescenze” (Interno Libri, 2023), la sua prima raccolta poetica, ha vinto la XXXVI edizione del Premio Camaiore Proposta Vittorio Grotti, è risultata finalista al Premio Prato e ha ricevuto una menzione speciale al Premio Lorenzo Montano. Suoi testi compaiono su vari quotidiani, lit-blog e antologie, tra cui “L’anello critico 2023” (Capire Edizioni, 2024) e il nono “Almanacco dei poeti e della poesia contemporanea” (Raffaelli, 2022). È caporedattrice di Atelier e condirettrice artistica di Vianino in poesia. Collabora con Interno Poesia Blog.
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*NOTA*
Le citazioni contrassegnate con un asterisco sono tratte da:
Virginia Woolf, Donne After Three Centuries, in John Donne, Poesie sacre e poesie profane, Feltrinelli 1995.
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