Danila Di Croce, tre poesie da “Dove ancora non siamo nati” (puntoacapo, 2024)

 

Danila Di Croce è docente di materie letterarie e latino al Liceo Scientifico di Atessa (CH). 

Dove ancora non siamo nati (puntoacapo, 2024) è il suo ultimo libro di poesia, già vincitore nel 2023 come silloge inedita al Premio Lago Gerundo e al premio Arturo Giovannitti.

La sua prima raccolta poetica, Punto coronato (ed. Carabba), è del 2011. Più recentemente ha pubblicato Ciò che vedo è la luce (peQuod, 2023), opera vincitrice al Premio InediTO – Torino 2022 e nel 2024 prima classificata al Premio Vito Moretti, terza al Premio Città di Como, quinta al Premio San Domenichino, Premio della Giuria a Città di Latina e finalista ai premi Europa in VersiVersante ripido e Gozzano

Con poesie e sillogi inedite ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti in importanti concorsi nazionali e internazionali (tra i quali il Premio Gozzano, Sinestetica, Città di Aqui Terme, Poesia Onesta, Lago Gerundo, Daniela Cairoli, Chiaramonte Gulfi, Arturo Giovannitti, Città di Sant’Anastasia, Bo-Descalzo, Ossi di Seppia, Montano, Arcipelago itaca, Gianmario Lucini). Suoi testi sono presenti su diversi blog e antologie legate a premi letterari; figurano, inoltre, nel Settimo repertorio di poesia italiana contemporanea (AA. VV., Arcipelago itaca, 2023) e su Distanze verticali. Escursioni poetiche sulla montagna (Macabor Editore, 2024, a cura di Irene Sabetta). 

Danila Di Croce è stata, inoltre, membro di giuria in alcuni concorsi di poesia.

 

 

 

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Senza nulla togliere e nulla
aggiungere all’accadimento
del vero, al dichiararsi delle prove,

passarti attraverso senza che l’uscio
avverta il peso delle ossa,
l’antinomia dei passi;

tenerti addosso – strazio e amore –
come in una deposizione.

Così cercare solo il lampo
che tutto squarci il velo del mio tempio.

 

 

 

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Non è che dispersione questo inganno
di lago che tracima e annulla gli argini,
è coltre liquida la vastità.

Cercarti a valle, nel patto che salda
l’altezza dei monti; sondare la battigia
perché è il detrito che parla del vento
e vince la spuma: da qui si nasce.

Vestire il sacco alla parola fiera
del dis-corso, poi rintracciare il tono
elementare dove la strada apre
a un altro viaggio, a una con-versazione.

 

 

 

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Troviamoci nella lingua semplice
dell’altura, che trafigge il cielo
e lo spodesta, nell’orbita esatta
dell’onda, ghirlanda di luce.
O nel silenzio cavo di una sera
che non sa morire e rinascere
se tu non parli:
da te a me non sa passare
senza svestire l’indicibile.

 

 

 

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© Fotografia di proprietà dell’autrice.