Daniel D. Marin (nato in Romania, vive in Italia, a Sassari) ha pubblicato poesie nelle più importanti riviste letterarie della Romania, per le quali ha anche realizzato rubriche, interviste e inchieste letterarie. È curatore del volume Poezia antiutopic?. O antologie a dou?miismului poetic românesc (Poesia antiutopica. Un’antologia del duemilismo poetico romeno, 2010), la prima antologia retrospettiva della più giovane generazione letteraria di Romania, conosciuta come Generazione 2000. Tra il 2013 – 2016 ha fatto la selezione dei testi degli autori rumeni per la rassegna Poesia a Strappo Alghero. Per l’edizione 2015 del Festival Internazionale di Poesia di Bucarest ha tradotto poesie di Annelisa Alleva. Attualmente è redattore associato della rivista Zona Literar? (Zona Letteraria), dove ha creato una rubrica di poesia italiana contemporanea, per cui ha tradotto, per la prima volta in rumeno, poesie di Antonella Anedda, Laura Pugno, Maria Grazia Calandrone, Isabella Leardini, Maria Borio e Milo De Angelis.
Daniel De Marin
Tre inediti
Traduzione dal romeno di Anita Natascia Bernacchia
Alfa
Mi infiltro in un gruppetto.
Tutti scherzano. Tutti ridono.
Hanno un leader. È Alfa.
Di tanto in tanto mostra
un canino bianco agli angoli della bocca.
Loro vogliono compiacerlo.
Io no. Gli faccio capire con lo sguardo
che mi è indifferente. Lui
con un’occhiata mi risponde
che sarò eliminato.
Gli mostro entrambi i canini.
Lui mi ringhia contro, io gli ringhio
contro. La lotta ha inizio.
Quasi tutti passano dalla mia parte.
Gli emarginati. Lui si ritira
lo sguardo carico di odio.
Sono Alfa. Scherzo.
Nessuno ride più, hanno tutti
paura. E hanno ragione.
*
respiro
Faccio quello che mi va. E mi va di far danni.
Butto oggetti per aria, strappo carta, rovescio
la ciotola del gatto piena di cibo
giù per terra, dò una ripassata al felino,
mi agito per tutta la stanza
salto finché non sbatto la testa sul soffitto.
Un vicino si mette a battere sul tubo
perché mi dia una calmata, un altro chiede spiccio
attraverso la parete lavabile
che diavolo mi è preso. Quanto mi piace
tenerli col fiato sospeso! Purtroppo
dopo un po’ mi passa. Mi calmo.
Ora sono tranquillo e mi secca.
Raccolgo quello che ho sparso in giro. Sospiro sconsolato.
Il gatto se ne sta in mezzo alla stanza
in piedi su due zampe, guardandomi con i suoi occhi azzurri
da birmano, tutto confuso.
*
La levitazione
Mi accade che mi venga esattamente
al contrario. E non è poi così male. Tutto l’opposto.
Ieri ho voluto raggiungere la pace interiore,
ma la paranoia mi ha invaso la mente.
Dalla paranoia sono passato, tramite un
processo inspiegabile, direttamente all’estasi.
Buddha mi osservava e sembrava invidiarmi.
Non mi importava. Non sapevo più
neppure cos’è, l’invidia. Cominciava già a venirmi
l’aureola intorno al capo. Potevo quasi toccarla,
ma l’estasi ti consuma e consuma rapida
sé stessa. Mi sono risvegliato nella metro.
Levitavo in un loto al di sopra di un sedile di plastica
rossa con gli occhi spalancati, e la gente
mi fissava stupita. Mi mostravano a dito.
Fotografia di proprietà dell’autore.