Carol Ann Duffy, «Poesie d’amore» (Crocetti, 2024)

Nota a cura di Sarah Talita Silvestri

L’imminente pubblicazione di Poesie d’amore per Crocetti editore offre ai lettori una selezione soggettiva di testi scritti nel corso della sua lunga attività, una scelta circostanziata quanto intensa della poetessa di Glasgow, Carol Ann Duffy.
Un volume che scandaglia quel prisma caleidoscopico del sentimento più letale e vitale, senza remore, in tutte le sue sfaccettature. Consapevole l’io lirico del fatto che si tratti di un genere letterario che richiede particolari accortezze, proprio perché dire ciò che già è stato detto nei secoli espone al rischio di
ripetersi, ne sottolinea le spinte conturbanti, carche di emozioni taglienti.
Insignita di prestigiosi premi, tra cui il Dylan Thomas Award, il T.S. Eliot Prize, il Costa Book Award, il PEN Pinter Prize e in Italia il premio Lerici Pea, Carol Ann Duffy è la prima donna ad essere nominata Poet Laureate del Regno Unito nel 2009, fregiata altresì dell’etichetta, troppo stretta per la sua indole, di poetessa femminista che affronta nei suoi componimenti temi legati al gender femminile.
Le poesie sondano attraverso monologhi interiori il desiderio e la passione che sovente generano uno stato di sofferenza, di anelito straziante che si tramuta in canto come nel noto Warming Her Pearls, in cui la voce di una cameriera incaricata di scaldare le perle della padrona di cui è segretamente innamorata diventa brama erotica, focalizzata sul contatto dell’oggetto che genera uno stato onirico, una vampa di struggimento durante le notti insonni: «Luna piena. La carrozza la riporta a casa. Ho/ nella testa ogni suo movimento… Si spoglia,/ toglie i gioielli, la mano sottile si allunga/ verso lo scrigno, s’infila nuda nel letto». E nel moto immaginifico in cui si pensa all’amata, nel vortice di desiderio e gelosia si avverte un’eco suadente della poetessa di Lesbo, il marchio di una voce senza tempo di Donna con la “D” maiuscola. La dimensione omosessuale femminile carica di erotismo, priva di veli, si staglia in una dimensione senza spazio, fatta di lontananza, sognante, che trasforma il linguaggio intimo di un amplesso in suoni messi in poesia, unici grafemi adatti per comunicare l’ardore nella nudità degli amanti in Two Small Poems of Desire, per veicolare il ricordo arcano dell’amore che erompe nell’interrogativo «What secret am I?». Le poesie d’amore di Carol Ann Duffy selezionate per Crocetti editore presentano i molteplici volti dell’eros in una dimensione che scardina i limiti temporali e spaziali, le coordinate si dilatano in modo smisurato, «La stanza si allontana lenta dalla luna» e l’istante si moltiplica all’infinito: «In uno dei tempi intono / un impossibile canto di desiderio che tu non senti». E così la condizione ferale di un amore si colloca dentro il sortilegio di un verso dentro cui continua a vivere ogni cosa.

«Gli orologi sono scivolati indietro di un’ora e dalla mia vita hanno rubato la luce mentre camminavo nella parte sbagliata della città, in lutto per il nostro amore.»

Se a livello formale la poetessa si colloca lungo l’ascissa che da Shakespeare e Donne prosegue nel rigore della tradizione letteraria inglese fatta di rime e assonanze, la sua resta una poesia d’amore prettamente femminile che grida in nome delle vinte, delle sopraffatte, personaggi fiabeschi, antichi modelli, divenute stereotipi di una visione maschilista come in Mrs Beast:

«Perciò fui dura con la Bestia, o la va o la spacca,
quando salii disopra, con quelle ragazze tragiche in testa,
lo buttai fuori dal letto; rimasi sola
sul balcone, la notte tanto fredda da poter sentire le stelle
sulla punta della lingua. Dissi una preghiera –
sgranando le mie perle, le lacrime della Madonna, una per una,
come un rosario – parole per le donne perdute, le belle oppresse,
le mogli, quelle meno fortunate di noi.»

Qui la poetessa prosegue quel canto incessante che scorre dentro il DNA ed è conficcato nella retina di donne, poetesse, di molteplici voci come Delmira Agustini ne El rosario de Eros, che invocano e trovano qui un riscatto, la redenzione in un gemito che vive ancora e ancora. Questo è il miracolo che compie Ann Duffy attraverso il linguaggio, parole genuine dentro un ordine complesso, un linguaggio dimenticato, che «sbuccia un grido perso», parole che «si tramutano in bile nella bocca», lamento, arte, lorica per vincere la “Bestia”, per scrivere «il labiale dei cieli».

Sarah Talita Silvestri