Bernardo Pacini, “Ipotesi sul mio disfacimento” (Mar dei Sargassi, 2024)

Nota di Valentina Furlotti

Nella sua nuova, caleidoscopica raccolta Bernardo Pacini tenta di formulare una o più ipotesi sul suo disfacimento. Che si tratti di «quintali di particole di carne» in via di desquamazione o del coraggio di aprirsi all’ignoto divorante della poesia («per trovare la bellezza, per trovare qualcosa che sgomenti» – traducendo la citazione di Schomburg all’inizio del volume), Pacini ci riesce.

Tra led, carrelli della spesa riversi sul fondale, aurore boreali, alieni e salsine verdi dal retrogusto di acciuga del Cantabrico, l’opera si confronta a mio avviso con un tema ricorrente, proprio dell’io versificante ma anche di innumerevoli personaggi: quello del fallimento. Falliscono i «fratelli più forti del mondo», che non riescono a spalmare la mostarda sul panino a causa del bicipite poco avvezzo ai gesti di precisione; fallisce chi viene ghostato (o «fantasmato»), ma in definitiva anche chi ghosta, in una fitta nebbia; fallisce lo sforzo dell’«uomo fluorescente del greenscreen» di impedire a un iceberg di sciogliersi con la sola potenza della fede e delle braccia; fallisce il soggetto al volante che, per la fretta di ripartire al segnale del semaforo, evita di indicare la strada a chi gliel’ha domandata. Si fallisce, dunque, sì, però con ironia e con il fascino delle cose un po’ malandate, disfatte, ma reali, vive: «siamo tramortiti, non tramontiamo mai». E, se siamo fortunati, dopo il «perfetto collasso delle nuvole», vedremo «l’arcobaleno / sulle rive del lago».

Il libro è diviso in quattro sezioni. Nella prima, L’attrito di A con B, il fuoco sembra essere il gioco di incontri-scontri tra persone, veicoli, animali e proiettili, spinotti del Sapientino. Un’ambulanza colpisce un carro funebre e viene accusata di aver ammazzato il morto una seconda volta – lo trascrivo in onore del black humor di cui dà prova qui Pacini, che tuttavia forse rimane incredibilmente fedele ai fatti.

Si susseguono poi due sezioni dalle tematiche originali e contemporanee: Phishing e Ghosting. In Phishing, come delinea Andrea De Alberti nella postfazione, «i protagonisti sono persone che non esistono. Parlano una lingua anomala e obliqua, come i bot che producono le mail di spam e phishing che riceviamo nelle nostre caselle di posta elettronica: la sgrammaticatura lessicale zoppicante tipica di questi fenomeni dà corpo a personaggi iperreali che non riconoscono altre voci oltre alla propria». Ghosting è invece dedicata a quella tecnica di evitamento multimediale che tutti conosciamo, anche se magari non ne abbiamo fatto esperienza diretta, e che si configura come un’effettiva violenza psicologica capace di risuonare acuta e distopica quanto una canzone di Battisti al contrario in una Chiesa gremita di «colli acefali» intenti ad adorare una teca vuota.

La raccolta si conclude con Il pianeta inesplorato della gioia. In quest’ultima ripartizione compaiono individui accomunati dall’avere uno scopo (per quanto apparentemente irraggiungibile, ridicolo o insignificante) oppure capaci di trovare qualche forma di consolazione. Come si esce dall’automatismo, altra questione fondamentale nell’opera? Come ci si libera da tutti quei tic meccanici che ci fanno sentire al sicuro ma che a conti fatti ci rendono schiavi? Come si evita che la vita diventi «una serie con le sue ripetizioni», con i giorni uno identico all’altro? Come si sguscia fuori dalle nostre gabbie, più assurde di quelle per i leoni da circo? «C’è un modo» – si chiede l’autore – «per uscire da questo parco giochi di cose naturali?». A quanto pare sì. Forse bisogna vivere come turisti inconsapevoli e felici, come «vacanzieri» in attesa del tour guidato, come «quel tipo di persone che un tempo avresti detto: non sono come loro e non lo sarò mai».

 

 

Valentina Furlotti

 

 

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Di questa nostra vita abbiamo fatto Yellowstone.
Yogi ha mangiato Bubu, Bubu da dentro ha divorato
Yogi, e alla puntata dopo, nessuno degli adulti nel salotto
sapeva dire ai figli chi dei due fosse chi.

Ma non è questo il punto. Abbiamo fatto
Yellowstone di questa nostra vita: il lago è ricoperto
da una glassa di ghiaccio indistruttibile, eppure non sa come
impedire che là sotto ci sia vita.

Dentro le vene, una miriade di auto a noleggio
procede lentamente per vedere i bisonti a bordo strada.
Uno si è convinto di trovare sulla mappa
il punto panoramico migliore sulla solita cascata.

Per fare la foto perfetta, per dire io c’ero davvero
ero io la cascata. Ci siamo innamorati delle pozze colorate
e non per i colori ma per come sanno ucciderti se solo
lo desideri. Sappiamo a memoria gli orari dei geyser.

Abbiamo una tabella, la partenza del parcheggio
è stabilita a un dato orario e senza avere fretta
si arriva precisi per vedere l’eruzione. Un tempo,
ti ricordi?, era eccitante. E adesso? C’è questa distesa

di caldere, voragini fumanti, un dedalo infinito di orifizi
incandescenti che sbuffano vapori fatiscenti dalla terra. Può essere
sgradevole il creato ricreato da gentaglia come noi. C’è un modo
per uscire da questo parco giochi di cose naturali?

Esserne turisti, non tanto viaggiatori. Turisti inconsapevoli
felici dell’evento, della guida, del tour organizzato “per vedere
lo spettacolo del parco”. Capito? Vacanzieri, gente lieta.
Quel tipo di persone che un tempo avresti detto: non sono come loro e non lo sarò mai.

 

 

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(la colazione dei fratelli più forti del mondo)

 

Last night’s dreams disappear.
They are like the sink draining;
a transparent rose swallowed by its stem.
G. Orr

 

Non è l’impresa più abbordabile
per i fratelli più forti del mondo
fare colazione insieme, davanti alla veranda
spalancata sulle cispe di Invergordon
il sole che accoltella come Amleto la presenza
che lo origlia dietro al velo
della bruma mattutina sopra al mare.
Legame di sangue, calore trasformato in calorie.

Uno dei due solleva il coltello
flette il bicipite, non risponde come deve, abituato
a carichi di palle mediche – il gesto delicato
che gli serve per spalmare la mostarda sul panino
non riesce, è inaccettabile. Ascolta le mascelle
le sente nel cervello dare il ritmo alla
tensione del rilascio. La scheda lo dice chiaramente:
oggi è come ieri: è una serie con le sue ripetizioni.

 

 

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Bernardo Pacini (1987) vive a Firenze. Il suo ultimo libro di poesia è stato Fly mode (A27 poesia, 2020). Ha tradotto con Clarissa Amerini le poesie di Bill Knott (Volarsi dentro, Italic Pequod) e Russell Edson (Il tunnel, Taut), uscite nel 2022 con prefazioni di Charles Simic. Nel 2021 ha cofondato la rivista layOut magazine.

 

Valentina Furlotti nasce a Parma nel 1993. È laureata in Filosofia e si è specializzata come insegnante di sostegno. Fosforescenze (Interno Libri, 2023) è la sua prima raccolta poetica, con prefazione di Valerio Grutt, e ha recentemente vinto la XXXVI edizione del Premio Camaiore Proposta Vittorio Grotti. Ne hanno scritto su vari quotidiani, lit-blog e riviste. Compare ne L’anello critico 2023 (Capire Edizioni, 2024) e sul nono Almanacco dei poeti e della poesia contemporanea (Raffaelli, 2022). Fa parte della redazione di Atelier. Co-organizza Vianino in Poesia con Eleonora Conti.

 

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