Andrea Castrovinci Zenna, nato a Palermo nel 1988, è docente di Italiano e Latino nei licei. Il nome di mia madre è la prima raccolta poetica (Ensemble 2018); arriva terza al Premio Pascoli, L’ora di Barga (2018) e, con l’ultimo testo, vince la terza edizione del Premio Isola Pino Fortini; suoi testi editi e inediti sono apparsi sul web (Presentazioni su PoetarumSilva), altri citati sulla Bottega di poesia di Napoli e Milano.
* * *
Occupatevi di noi, soddisfate
la nostra inesausta vitalità perversa,
questa di mettere la vita in versi;
emozionatevi di noi, immedesimatevi:
immaginateci in voluttuosi baci,
iconizzate i nostri amori, chi amammo
fino allo sfinimento
fino a gettarci a sera raggomitolati al pianto;
visualizzate
una verde distesa, alba e serena:
la margherita dalle bianche dita
gioisce al sole nella sua raggiera:
noi proteso lo sguardo, tremulo al balcone
al vento lieve sparti i desideri,
e il cuore, che grida, perché così dissimili
al suo incessante vivere, noi;
le primavere inverdite di invidia,
– quel che si vede quel
che si sente – visualizzateci:
una folla trepidante pendula dal nostro labbro,
la parola che salverà il mondo;
immaginateci, con stilo in mano e con “l’ispirazione”
a fianco, come un angelo o un demone;
parlare al vento, confonderci con le cicale, frullare
intorno ai gelsomini per cogliere l’essenza
del fiore, delle cose;
sacralizzate i nostri nomi, recitateci.
Siamo i più fragili.
Esisteteci.
*
Riposi placida al cuscino stretta
mentre la stufa tepente ti scalda;
come le cose intorno, dolcemente,
le trame lente del maglione
respirano con te.
E ciglia, labbra, ogni angolo di te
è mio divieto ai baci,
che non ti svegli.
Appena calca ruvida la penna
questo mio foglio che fa più rumore
del tuo respiro.
Le parole mi mancano
e un tremito di pianto
è tutto il mio osservarti:
perché sei bella, bella e il mio di perderti
è terrore.
*
Non d’altro dovremmo curare
se non al tendersi dei rami
cui gioiscono
svettando al sole
le nuove foglioline;
essere come
d’estate l’acqua
gratuita in cui tu nuoti;
imperlarti
coperte di silenzio a sera;
e se alla notte, nera ti smarrissi,
al vento sussurrarti
d’aurora il presto bacio.
All’ordinaria economia dell’io
soccorrere arrendendosi al silenzio,
quello cui umano, ahi troppo umano
ancora vai chiedendo.
“La gioia quando c’è basta a sé sola”