Alessandro Silva, L’adatto vocabolario di ogni specie, Pietre Vive Editore, collana ICentoLillo, 2016
Nota di lettura di Clery Celeste
L’adatto vocabolario di ogni specie è il libro, considerato dall’autore, di esordio di Alessandro Silva, edito da Pietre Vive nel 2015 (Locorotondo) con le illustrazioni davvero molto interessanti e precise di Giovanni Munari. Un libro che non fa sconti, già dalla copertina si intuisce che aprire questo libro è come entrare in una città chiusa che possiede le proprie tradizioni, i propri profumi ma soprattutto i propri dolori. Ed ecco infatti il primo testo che subito ci fornisce le coordinate geografiche “Il mar Ionio. Taranto.”, siamo a Taranto e basta arrivare alla terza riga di questa prosa poetica per entrare direttamente nel nucleo del tema del libro: il polo siderurgico dell’Ilva con tutte le sue contraddizioni, tra vantaggi economici e disastrosi carcinomi. Silva inizia con alcune prose poetiche, la prosa appare necessaria ed emerge marcatamente il senso del dovere della spiegazione, del racconto quasi giornalistico delle vicende, una forma che riempia dove ora ci sono solo vuoti e respiri a metà perché “il polo siderurgico mantiene la libertà di rendere cieche le costole del fiato e chiudere il respiro”, dove rimane “un silenzio che profuma di una fioritura marcia”. Alessandro Silva è laureato con un dottorato di ricerca in Biologia, la sua formazione emerge nel linguaggio poetico con una delicatezza che appare ingenua, il lettore non si trova spaesato davanti a possibili tecnicismi che scivolano lungo il ritmo del testo senza formare intralci, per cui non ci pare strano che “Nemmeno gli occhi di un bambino riescono più a salvare il mondo. Hanno dentro polvere di minerale. E su tutto il corpo”. La prima sezione quindi si svolge tra prose poetiche con accenni di vocabolario giornalistico e tecnico e illustrazioni particolarmente dimostrative di una zona industriale con cieli neri e mani macchiate. Alessandro Silva ci fornisce le giuste informazioni per poter poi accedere a quello che è il vero nucleo del libro, fatto di versi e pause feroci. Le ultime due prose poetiche preparano a quella che sarà la prima sezione in versi con chiuse particolarmente poetiche, immagini che restano impresse per la loro verità che disarma come “si sta dentro la città che muore, nel viaggio verso casa” e “il cielo continua a stridere sulla pelle e tutto è un’asimmetria di dolore”. Luce dentro la terra è la prima vera sezione in versi, dove i primi testi descrivono ciò che un operaio dell’iva vede e prova tutti giorni nella zona industriale, cosa si respira, perché la luce non si trova “Non si vedono case ma una colonna / alzata per trentacinque metri di cielo/ quel tanto che basta a oscurare/ il sole”. La scrittura di Silva è una scrittura pratica che guarda al lirismo con parsimonia e quasi come uno scivolamento involontario del suono, il contatto con la quotidianità è fondamentale soprattutto nell’analisi dei gesti minimi, “La barba/ va tenuta accorciata per non farne/ polvere si nero, d’odore nel piatto/ sudore d’ombra.”. La tensione al particolare e alla precisione dei termini deriva anche dalla formazione culturale di Alessandro, laureato con dottorato di ricerca in scienze biologiche è predisposto al metodo analitico, scandaglia tutto ciò che vede o sente, per cui l’amico Marcello lo ricorda “con braccia di tessuto in annodo/ a una cattedrale di costole e caldi/ archi di carne”.
La seconda sezione porta il titolo del libro, è lo snodo centrale dove il nero tossico entra nelle vite delle persone e diventa macchia, un lago di negazioni che entra persino nel futuro per cui “ Lei sa poco, io so molto di meno./ La dottoressa spiega : « Una scintilla/ spenta di estrogeni nelle cellule/ che baciano l’ovulo e lo portano/ dolci a maturazione è la causa/ del vostro esser sterili».” quindi “Un tocco di morte ci prende e spegne/ i passi in corsia.”. Silva riesce a farci vivere una quotidianità troncata con la delicatezza di chi vede le cose dal particolare, il mesotelioma pleurico è “la cosa/ che cerca l’interno [ha l’agilità/ di insoliti insetti acquattati].” e da questo male “Torni magro e piccino, bocca secca/ nell’acqua di un bicchiere, denti/ di farina”. Questo è un libro che ti porta dentro al dolore e ti consente di attraversare la malattia nelle sue parti più intime e feroci, facendoti risalire, nella terza sezione, alla luce con un sentimento di pietà mista a rabbia e necessità di giustizia, “Non è una morte che si merita quella/ da letto bianco e brodo granulare.” Pensieri di una donna che dorme e ti guarda è la quarta sezione, è uno sguardo esterno ma consapevole di tutto quello che manca e che si disgrega, infatti “Nel silenzio scorgo allo specchio/ il collo, la piega dei seni e/ lo splendore di vuoto, nel ventre.”, e l’amore comunque continua a esistere anche se “L’amore non capisce niente. È attesa/ lunga, nel corpo, una danza di mistero/ sotto veli di lenzuola. Dona gusto/ e veleno al sangue degli occhi.” La vita continua a provarci, tenta di crescere e lo fa con l’abitudine delle cose pure ma “In questa città di/ sale dove ogni strada incornicia/e tace le labbra ciò che esiste lo fa/ in un solo modo: ogni seme gemma/ uno stelo già bruciato di urina.”.
Epilogo è l’ultima delle sezioni, composta solo da due testi che hanno il carattere della denuncia e la sintesi di un reportage di ricerca sul cancro. Una delle particolarità dello stile di Silva è che ogni poesia rispecchia il percorso dell’intero libro, è formata da una successione di eventi e immagini per giungere a chiuse di sintesi cruda e dai toni inflessibili, quasi profetici e apocalittici. L’adatto vocabolario di ogni specie è un’opera di poesia civile molto forte, che prende un problema oggettivo e “distante”, se non ci tocca direttamente, e lo rende “soggettivo”, Taranto è qualsiasi operaio schiacciato dalle macchine e dalla catena del tempo, Taranto può essere ciascuno di noi, è una denuncia, un “memento mori” senza filtri e senza passaggi oscuri. Silva ce lo fa capire chiaramente che tutto questo riguarda ciascuno di noi, si tratta della stessa civiltà, la stessa carne. Un libro che risveglia dal torpore, dove i singoli versi entrano come aghi nella pelle.